𝖖𝖚𝖆𝖗𝖆𝖓𝖙𝖔𝖙𝖙𝖔: 𝖕𝖗𝖊𝖈𝖆𝖗𝖎

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(trigger warning: menzione di st*pro, aggressione se**uale)

precari: implorare, supplicare.

ELARA si svegliò lentamente.

Tornò cosciente dolcemente, sentendo l'alzarsi e l'abbassarsi del forte petto sotto la sua testa, sentendo la grande mano sulla sua parte bassa della schiena, appoggiata sulla piccola distesa di pelle sopra la cintura del suo pigiama. Le ci volle un momento per ricordare cosa era successo la scorsa notte - Draco si era presentato alla sua porta, gli occhi segnati di rosso, le mani tremanti. Lo sguardo tormentato nei suoi occhi, il modo in cui aveva affondato le dita nel cuoio capelluto e come la sua voce si era rotta. Non l'aveva mai visto così fuori controllo delle sue emozioni, così vulnerabile e spaventato.

Per un secondo, quando aveva aperto la porta e l'aveva trovato fuori, era stata tentata di allontanarlo. Tentata di dire qualcosa che lo ferisse come aveva ferito lei in biblioteca, per aprirlo e lasciarlo sanguinare. Ma aveva represso quella voce traditrice nella sua testa che voleva ferirlo per sentirsi meglio - e invece gli aveva aperto di più la porta.

L'espressione di sollievo sul suo viso era stata sufficiente a spezzarle il cuore.

E lui si era confidato con lei, aveva lasciato trasparire le sue lacrime per la prima volta. Non si era preso la briga di nasconderle, aveva solo lasciato che le scivolassero tra i capelli mentre lei lo teneva, cercando di calmarlo, cercando di calmare il dolore che sapeva che sentiva nel suo petto.

E quando si era addormentato, con il respiro affannoso, lei aveva solo sorriso e aveva premuto un bacio sui suoi morbidi capelli, non aveva intenzione di lasciarlo andare presto. E quando finalmente si era addormentata, sapeva di aver avuto degli incubi, ma non l'avevano svegliata e non poteva ricordarli una volta che fosse mattina.

E ora lei era aggrovigliata in Draco, la testa piegata sotto il suo mento, il braccio gettato sul suo busto.

Dovrebbe muoversi, pensò. Non l'aveva ancora perdonato per quello che le aveva detto quel giorno, ma era così caloroso contro di lei e il profumo di menta piperita e legna da ardere era sufficiente a farle desiderare di seppellire il suo viso nel suo collo. Era ancora addormentato, il suo viso così pacifico e infantile, i capelli chiari un disastro arruffato contro il cuscino. Era contenta che lui fosse riuscito a riposare.

Il giorno prima aveva visto lo sguardo opaco e stanco nei suoi occhi e aveva deciso lì per lì che lo avrebbe fatto rimanere nella sua stanza per assicurarsi che dormisse. Draco si mosse, leggermente ed Elara chiuse rapidamente gli occhi, non volendo che lui la vedesse sveglia. Ma lui non aprì gli occhi e così lei aprì uno dei suoi, lo trovò ancora profondamente riposato ed emise un lieve sospiro di sollievo.

Il suo sguardo vagò per il suo viso: la cicatrice sullo zigomo, quella piccola proprio sopra il labbro, la curva tagliata della sua mascella. I suoi zigomi eleganti, la linea retta del naso. Le sue ciglia lunghe e pallide e l'argento che lei sapeva giacevano dietro di loro: il suo colore preferito, sempre.

Elara sentì un sorriso strattonarle le labbra e sfiorò leggermente le sue labbra sulla sua clavicola, così leggera come una piuma che sapeva che non si sarebbe svegliato. Era ancora vestito con la sua camicia bianca, i primi pochi bottoni slacciati, esponendo il piano liscio e duro del suo petto e lei cercò di reprimere il calore che le inondò le guance alla vista.

Districandosi con cura dalle lenzuola e da lui, scivolò giù dal letto, fissandosi la cinghia sottile della sua canottiera. Avanzando verso la porta, scivolò fuori e si avviò lungo il corridoio. Un minuto dopo, era di nuovo nella sua camera da letto, restando in silenzio mentre guardava la figura addormentata di Draco ed entrava in bagno, mettendo lo spazzolino da denti che aveva recuperato dalla sua stanza sul ripiano del bagno.

ᴛʜᴇ ɢɪʀʟ ᴡʜᴏ ʟᴏꜱᴛ ɪᴛ ᴀʟʟ/ᴛʀᴀᴅᴜᴢɪᴏɴᴇ ɪᴛᴀʟɪᴀɴᴀDove le storie prendono vita. Scoprilo ora