Capitolo 10: Linguaggi diversi

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Lilithy: «Ehi...»

Mandó il messaggio al numero di Sheila. Ci misa circa un quarto d'ora per scrivere quell'unica parola.
Era stata a fissarla, cancellarla, scriverla, riguardarla finché non aveva iniziato a sembrare una parola aliena. Così dopo averla sostituita con una decina di altre simili, ed aver cambiato punteggiatura altrettante volte, si era arresa a mandare quel dannato messaggio una volta per tutte.

Insomma come avrebbe fatto ad esprimere tutta se stessa se manco riusciva ad iniziare una conversazione on-line?
Fanculo, sarebbe stata spontanea e basta.
Fanculo la sua paranoia.
'Regola numero uno.' bisbigliò tra i propri pensieri. 'Il tasto cancella non esiste, posso solo inviare.' Impose a se stessa.

Avrebbe fatto fatica, ma tanto valeva...
Inviò.

Subito dopo si buttò all'indietro sul cuscino. Il soffitto dal suo letto era stupendo. Lo aveva dipinto tutto, aveva dipinto l'intera camera, tutte le pareti.
L'universo la sovrastava, sopra la sua testa e tutto intorno a lei; montagne, orizzonti, boschi, laghi, campi, mondi interi. Tutti quelli che aveva nella propria testa, tutti quelli che aveva sulle pagine, nei quaderni, nei libri.
Tutte quelle storie dove poteva urlare, combattere, amare, correre, vivere.
Dove poteva essere libera.

Sheila: «Chi sei?»

Sheila sapeva benissimo chi fosse, o almeno poteva immaginarlo, ma non avrebbe mai abbandonato i propri modi superiori e menefreghisti.

Lil sentì l'ansia mandarla nel panico.
'Che palle. Non ne posso più, ma perché bisogna comunicare? Lasciatemi stare in questa stanza a scrivere storie per sempre, la mia fantasia è abbastanza vivida da soddisfarmi.
Invece no, la scuola rovina tutto.
Almeno su questo la penso come Sheila.' si fece coraggio, prima di riportare la propria attenzione alla conversazione.

Lilithy: «Sono… sono Lilithy.
La tua compagna di classe...»

'Due frasi… sto facendo progressi!' pensò ironica.
Odiavo avere tutti quei problemi, come se non bastasse essere muta.
Le avevano diagnosticato disturbo da stress post traumatico, con annessa ansia, paranoia, depressione, disturbi alimentari… insomma problemi di ogni genere.
Avrebbe dovuto prendere le pastiglie per la depressione ma era convinta che le pastiglie l'avrebbero drogata rendendolo insensibili a scema. L'idea di introdurre cose chimiche nel proprio corpo la terrorizzava, come quella di avere qualche account sui social. Così sarebbe stata stalkerata da qualche psicopatico che l'avrebbe stuprata, torturata ed uccisa.
A quei pensieri il cuore iniziò a correrle in petto allarmato. Fissó lo sguardo sulle pareti della propria camera concentrandosi sulle figure per distrarsi e non farsi prendere dall' ennesimo attacco di panico.
Il rapido squillo della notifica la riportò alla realtà.

Sheila: «Aaaah… la sordomuta.»

Lilithy si chiede se lo stesse facendo apposta, o fosse solo così poco interessava da non farci caso, oppure era solo stupida, ma non lo trovava possibile. Sheila era un mistero, ma non era stupida. Veniva etichettata, e spesso l'aveva sentita auto etichettarsi come "La troia della scuola" il che era… particolare.
Il modo in cui Sheila faceva le cose era particolare.

Lil leggeva le persone e in Sheila leggeva un modo per difendersi ed affermarsi. Velato da una superficiale apparente stupidità. Avrebbe voluto così tanto poterle leggere nella mente e vederla per ciò che era.

Lilithy: «Sono solo muta…»

Sheila: «Sí, vabbè. È uguale »

Sheila fece una smorfia divertita.
Voleva proprio vedere come sarebbero andate le cose con quella ragazza, potevano diventare molto intriganti…
Anche se finora sembravano solo più noiose di quanto si aspettasse, ma l'idea che fosse una timida santarellina la eccitava.

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