Capitolo 6: Mostri tra le righe

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«Passo così tanto tempo a pensare, ad urlare parole intrappolate nella mia testa.
Sono il fantasma di un urlo d'aiuto nato morto, bocciato per appassire.
Ho sempre troppe cose da dire, ma nessuno mi sente. 
Non mi vedono nemmeno scomparire dentro questi vestiti, sotto questa pelle, nel peso di parole che non dette alla luce del sole, non fanno altro che corrodere le mie cervella.
Mi dico di scrivere che è l'unica cosa che so fare bene, mi dicono di scrivere che è l'unica cosa che posso fare per farmi sentire. Non potrò mai urlare a pieni polmoni piangendo in faccia a qualcuno tutto mio dolore, continuerò a strappare fogli di inchiostro macchiandoli di una solitudine troppo grande per righe così strette. Parole inutili, stupide parole inutili le mie. Quelle di una scrittrice muta, nata per obbligo, non per scelta.»
Lilithy finì di riempire l'ennesimo foglio. Era andata in biblioteca, non stava mai attenta in classe, come poteva? Tutte quelle cose nella sua testa spingevano per uscire, chiedevano sempre di uscire.

Voleva solo poter dire quel che pensava durante una discussione, ad alta voce.
Voleva solo la capissero, la aspettassero, la ascoltassero. Ma non era così. Era già chiusa, era già una ragazza così insicura, figurarsi muta...
Non riusciva nessuno a fare quello sforzo, a superare la sua timidezza. La prendevano per scema, per sorda, per vanitosa. Il bullismo lei lo aveva sentito sulla propria pelle e non lo voleva più indossare, aveva preferito l'isolamento, la solitudine.

Mentre continuava a scrivere, un ragazzo andò a sedersi di fronte a lei.
Subito si irrigidí, tenendo la testa bassa e preoccupandosi di alzarla solo un istante.
Ma fortunatamente il ragazzo non la stava guardando, né stava cercando le sue attenzioni.

Amava la biblioteca, lì tutti erano muti, come lei… 
Per una volta poteva fingere di essere normale. Nessuno l'avrebbe sgridata per stare in silenzio lì.
Amava la biblioteca.

Il ragazzo stava leggendo un libro filosofico, uno di quelli che era sicura sarebbe piaciuto anche a lei.
Aveva gli occhi e i capelli completamente neri, era vestito elegantemente. 
Un dettaglio particolare per essere un ragazzo qualsiasi. Per quello gli piacque subito.

Sentendosi osservato il ragazzo alzò lo sguardo incrociando il suo. Lilithy arrossì appena, ma per un istante i loro occhi rimasero intrappolati gli uni negli altri senza alcuna ragione, con il bisogno curioso di scoprirsi.
La ragazza sentì il proprio cuore battere più veloce e quasi smise di respirare, l'intimità di quello sguardo le diede la pelle d'oca. Sensazioni di una solitudine condivisa le scossero le interiora.

Riabbassó la testa provando a ritornare sulle proprie parole, eppure la curiosità la corrodeva. Il ragazzo continuò ad osservarla incantato.
Lilithy era molto bella, le lentiggini sul suo piccolo naso erano delicate sulla sua pelle bianca, baciate dai suoi occhi blu. 

Il ragazzo provò qualcosa di profondo e misterioso nel proprio cuore. 

Eppure dopo poco che Lil continuava tenere la testa bassa scrivendo, o meglio fingendo di farlo, dato che l'ansia di essere osservata la stava paralizzando, lui si alzò e andò via.

Con dispiacere lascio andare i muscoli tesi, tornando a rilassarsi.
Stupida ansia sociale patologica.

Si sentiva dispiaciuta, avrebbe potuto fare qualcosa per conoscerlo, aveva bisogno di conoscere persone, non aveva nessuno, e quel ragazzo... i suoi occhi, le erano sembrati maledettamente tristi. 
Proprio come i suoi...
Riguardando al suo posto, notò che aveva lasciato il libro lì.
Lo raccolse curiosa.
Un foglietto cadde dalle pagine.

«Nel tuo sguardo… io li vedo, li vedo tutti quei mostri. Nessuno li vede mai, ma io li conosco i mostri.
-Eris»

Era per lei? Eris... 
Sorpresa da quelle parole Lil non seppe che pensare. 
Era davvero inusuale, era strano, bizzarro, era troppo romantico studiato, era troppo da film. Eppure lei sapeva benissimo di cosa quel ragazzo stesse parlando. 
Lo sapeva benissimo che a volte, basta uno sguardo per legare due anime senza alcuna ragione.

Con un sorriso si mise il foglietto in tasca, sperando che il ragazzo tornasse, perché anche se fosse andata a cercarlo, non avrebbe avuto alcuna forza di fare il primo passo con voce muta.

Lilithy credeva molto nella spiritualità, pregava l'universo, Dio, l'amore e la narura. La sentiva l'energia scorre lungo le ossa, lo sentiva l'amore riempirla di pace nell'oscurità. Per questo non si stupì di quel bizzarro contatto, per questo fu certa che lo avrebbe incontrato ancora.

•••

"LILITHY!!" le ragazze le corsero contro gridando.
'Oh no, vi prego...' si preoccupò subito di tutti quegli occhi su di sé.
"Ciao ragazze!" salutò Alexander con un sorriso stupendo.
"Weeee!" Echo si lanciò in un abbraccio, aspettando quasi di essere presa, ed Alex non se la fece mancare. 
"Sei così piccina!" la spupazzó tutta.
"SEEEEEEH!" urlò Echo soddisfatta con gli occhi brillanti. Il ragazzo le fece "path path" sulla testa.

"IO ED ECHO CONQUISTEREMO LA SCUOLA! VOLETE AIUTARCI?" Daisy urlò contro i fratelli.
'Siamo messi bene…' fece un'espressione confusa e preoccupata la ragazza muta.
Alex scoppiò a ridere leggendo nella mente della sorella, non che ci volesse molto; non mancava di espressività.
"Aiutatemi… Daisy continua a dire che mi devo candidare... IO!
Cioè, ma mi avete vista? Come faccio a candidarmi io? No, no no! " scosse la testa tanto da farsi venire i giramenti.
Lil rise guardandola ed andando ad abbracciarla, capiva benissimo la sua ansia.

"È UN'IDEA GE-NIA-LEH! 
LIL DIGLIELO ANCHE TU! 
AH... NO…" Daisy rimase immobile per alcuni secondi.
"SCUSA NON INTENDEVO QUELLO!" urlò imbarazzata per la figura di merda.
Lil scoppiò a ridere coprendosi la bocca con la mano, la sua risata le scuoteva il petto silenziosa.
Alex prese la sorella sottobraccio, un po' con fare protettivo, guardando storto l'altra. "Secondo me saresti bravissima come rappresentante Echo!" sorrise facendola sorridere di riflesso.
"Davvero?" gli occhi della ragazzina scintillavano.

"VISTO?!" urlò Daisy.
"ALEX TU CHE SEI PIENO DI AMICI,  PERCHÉ NON CI AIUTI?"
"Ma anche tu sei piena di amici Daisy...
Ogni dieci minuti saluti qualcuno che passa..." fece notare l'albina.
"Eh sì... 
Il problema è che loro non salutano me..." scoppiò a ridere per la propria battuta, o meglio; triste realtà.
"Io sono una sfigataaaa, come teh!" Abbracció l'amica baciandola sulla guancia prima di sentirla urlare: "Daaaaaaiiii!!"

"Beh, la lista si fa di almeno tre persone..., informò il ragazzo.
"Ah, davvero? Ma Chara è sempre una... "
"Sì, tre persone si presentano, e quella che tra loro ha più voti diventa rappresentante d'istituto, ma se vince la sua lista tutte e tre le persone vincono." spiegò meglio alle altre.

"Apposto!" presa dall'entusiasmo Daisy iniziò ad agitarsi."Siamo in quattro! Team dei disagiati alla conquista della scuola.
Secondo me: "PER UNA SCUOLA PIÙ GAY" può essere un motto che colpisce molto, voi che ne dite?"

Lilithy scosse la testa, perché aveva contato anche lei? Assolutamente no.
Non voleva avere niente a che fare con il parlare o il farsi vedere in mezzo ad un sacco di persone.
Scosse la testa di più, ma Daisy continuava a parlare. 
Le tirò la maglietta per farsi notare, era così frustrante non avere voce.

"Ma come?! Dai Lil, non possiamo escluderti così!"
'Ma sì che potete! Anzi dovete!' pensò annuendo a quell'esclamazione.
"Dai, ti prego! Ci serve la scrittrice muta! Che team di scoppiati siamo senza di te?
Dio… sembriamo l'inizio di una brutta barzelletta. LOL
Cosa ci fanno un'albina, una cogliona, un mezzo frocio ed una ragazza muta, in una scuola? 
LA CONQUISTANO MUAHAH"

Alex si coprì la faccia con una mano, Daisy aveva sempre poco tatto…
Per questo Lilithy si girò e senza aggiungere nulla prese a camminare verso la classe. 
"Ma scherzavo! Non si può più scherzare? Non volevo offenderti!" le urlò dietro Daisy.

"Uffa… a volte esageri. Mh!" la bianca imbronciata guardò male l'amica.
"Dai, vado a…" si propose Alex.
"No, vado io!" con un sorriso Echo le corse dietro.

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