Capitolo 2: Segni silenziosi

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La ragazza si toccava insistentemente una ciocca di capelli; erano blu, come i suoi occhi, le scendevano fin sopra alle spalle. Contrastavano perfettamente con la sua carnagione bianca latte, quasi cadaverica e le piccole lentiggini sul suo volto.

Aveva uno sguardo triste.

In classe era in corso la lezione di Storia. Lilithy odiava la storia.
Odiava l'insegnante di storia, la odiava perché parlava sempre di tutta quella violenza come se fosse normale.
Faceva di tutto quel dolore una semplice questione di dati e numeri.

Non pensava a tutti quei morti, tutte quelle guerre, tutta quella sofferenza.
Ed insegnava ai ragazzi a non pensarci, ma Lil era troppo sensibile al dolore, lo sentiva sempre investirla e mangiarla assorbendola.

Isolandosi dalla lezione, riempì un intero foglio protocollo di parole, dei propri pensieri.
Li sentiva bruciare in testa, sentiva anche caldo, sentiva il proprio corpo pesante. 
Le sembrava di star sognando.

Le succedeva spesso di perdere contatto con la realtà, ogni qual volta venisse scossa da argomenti troppo forti per lei. E spesso qualsiasi cosa era troppo per un'anima fragile come la sua.

Quando la campanella dell'intervallo suonò tutti uscirono dalla classe tranne lei.

Poco dopo entrò una ragazzina bassa, dai capelli bianchi, gli occhi neri e i modi di fare infantili.
"Lil, oggi ti va di passare l'intervallo con me e Daisy?" chiese dolcemente l'amica.

Lilithy scosse la testa senza dire niente, per poi fare un'espressione dispiaciuta di scusa, e mandarle un bacio per sottolineare di volerle bene

"Umh, okay! Però domani DEVI uscire con noi, eh! 
Ti perdi un sacco di disagio! 
Ieri Daisy è stata aggredita dai piccioni in bagno! Dovevi esserci!" 

Lilithy fece un'espressione spaventata.
"Umh, ho detto piccioni in bagno? Emh, no, volevo dire procion-  
Oh no, così è peggio...
Emh, daaaaaaaai! 
Non volevo spaventarti! Ti prego domani vieni!" la supplicò di nuovo la ragazza, finché non vide l'amica annuire socchiudendo gli occhi annoiata.

"Yaaaay! Allora ciaoo!" la saluto l'albina prima di correre fuori.

Non capiva come potesse essere così allegra, lei non ci riusciva... aveva troppa paura delle persone, di essere guardata, non avrebbe mai retto tutta quell'ansia sociale.
Preferiva stare sola.

•••

"Nella mia scuola è importante che ogni studente si trovi a proprio agio. 
È importante risolvere qualsiasi problema ed agire in aiuto alle minoranze." 
Saphira era la preside dell'istituto.
Il suo sguardo serio e attento si impegnava a seguire quella conversazione per risolvere la questione.

"A quanto pare abbiamo un discreto numero di ragazzi in difficoltà per le loro disabilità. A questo colloquio ad ognuno di voi verrà assegnato un ragazzo da seguire per l'intero anno . Offrirete supporto, tempo ed aiuto nelle studio." informò, senza nemmeno chiedere se gli altri avessero domande, semplicemente perché sarebbe stato uno spreco di tempo.

I suoi occhi grigi parevano avere riflessi d'argento metallici.
Portava un taglio di capelli corto e ben ordinato, anche esso sul grigio, che le conferivano un aspetto maturo. Vestiva sempre e solo elegante, indossando camice e pantaloni eleganti. Non portava mai gioielli particolari, solo qualche anello spesso alla mano destra.

"Cecilia, a lei è stata assegnata Lilithy Skyover, della classe 5ª. 
Questo è tutto ciò che devi sapere su di lei." senza esitare le passò un fascicolo.

"Oh, va bene. Grazie..." sorrise educatamente, spulciando quei fogli.
Non vedeva l'ora di iniziare quel lavoro. Dava l'idea di una ragazza molto graziosa, anzi proprio bella nella sua semplicità. 
Osservò la foto, si chiese se sarebbe stata in grado, era la prima volta che lavorava come insegnante di sostegno.

Cecilia era una donna timida, sulla trentina, nuova in quella scuola. 
Sospettava di essere stata assunta solo perché, lei e la preside vivevano vicine, eppure, nonostante ciò non avevano legato particolarmente.
Forse perché Saphira capendo quanto fosse riservata l'aveva lasciata sulle sue senza infastidirla, vedendola impegnata con un libro diverso ad ogni pausa.

Un giorno Cecilia stessa aveva trovato il coraggio di chiedere a Saphira se conoscesse qualche libro interessante da leggere. La trovava davvero intelligente ed affascinante.

Continuava a chiedersi perché le avesse dato il posto, proprio a lei che non aveva esperienza.
Forse per avvicinarsi, forse perché aveva solo bisogno di personale, o per puro caso.
Cecilia ancora non l'aveva capito, non era nemmeno sicura che Saphira fosse lesbica come lei. Di sicuro sembrava una di quelle lesbiche intellettuali, dai modi freddi ed ammalianti di prima categoria, ma non aveva alcuna prova per dirlo con certezza.

Non sapeva perché si fosse proposta proprio in quel lavoro. Era nuova del luogo, ma aveva voglia di cambiare, di lasciarsi conoscere di più ed evitare di meno.
Aveva passato fin troppo tempo nell'ombra. 
Tutti quei viaggi e nessuna amicizia l'avevano stufata.  Aveva deciso di dare una svolta a tutto, o almeno provarci, e lasciarsi alla vita una volta per tutte, per trovare un posto, o una persona che fosse casa.

La solitudine le piaceva, ma il calore di una donna le mancava visceralmente.

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