Capitolo 7: Soffio d'anima

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"Lil tutto bene?" Echo la raggiunse, era andata a sedersi sulla rampa delle scale, quella dove non passava mai nessuno.

Probabilmente non voleva essere trovata, ma ormai l'albina era lì.

"Mi dispiace che Daisy ti abbia offesa, sai com'è…"

'Sì, lo so. Fa niente.' pensò Lil alzando le spalle di risposta. 

La ragazzina annuì capendo.

Senza dire una parola Echo le si sedette accanto rimanendo zitta con lei. Non perché si sentisse a disagio, ma perché si conoscevano abbastanza l'un l'altra da saper condividere il silenzio.

Lil ascoltò il silenzio di Echo ed osservò attentamento il suo sguardo e il suo volto, glielo lesse dentro che anche lei stava troppo male.

Lentamente prese il suo taccuino e ci scrisse sopra 

-Manca molto anche a te, vero?-

Quando la bianca lo lesse si lasciò andare un'espressione triste, trattenendo le lacrime. Annuì sbuffando, cercando di ricacciarle indietro.

Lilithy la prese per mano.

'Lo so…' le disse con lo sguardo stringendola a sé.

"È solo che… ci ha preso in giro e poi abbandonate così…

Sembrava ci tenesse sai? Almeno un po', avevo davvero creduto ci tenesse…" gli occhi le si riempirono di lacrime.

Lilithy annuì mettendo una mano sulla schiena, sentendo la tristezza affogarla e quelle emozioni toccarla, amplificando il dolore in petto.

Lil aveva questo dono, di saper muovere l'energia. Non era magia, era solo energia, negativa e positiva, dentro e fuori dalle cose, dalle persone. Per questo era così empatica, o almeno credeva che quella potesse essere una spiegazione, la spiegazione del perché lei riuscisse a sentire le emozioni di chiunque, a capirle, a condividerle.

A volte credeva di essere solo un parassita, soprattutto rispetto ad Echo; le sue emozioni erano sempre così intense, dolci, malinconiche.

Lilithy quasi se ne nutriva, convinta che senza di esse sarebbe per sempre stata vuota. Si lasciava trasportare, chiedendosi se lei avesse una propria personalità, delle proprie emozioni oltre a quell'ansia sociale, o se fosse solo una persona vuota, senza vita, senza un'identità.

Un mostro che rubava le emozioni altrui per farne arte, per sentirsi viva. Forse non era altro…

"Sto così male Lil... " scoppiò piangere tra le braccia dell'amica, ed anche lei inizió a piangere condividendo il suo dolore.

Anche lei aveva creduto che Taylor ci tenesse, e invece le aveva prese in giro entrambe. La "quasi ragazza" della sua migliore amica, che da un giorno all'altro aveva iniziato ad interessarsi a lei, al suo silenzio, alla sua arte. L'aveva riempita di attenzioni per usarla, per farla innamorare, e lei si era innamorata… ma non si era fatta toccare, nemmeno per un bacio.

Forse l'idea di poter andare a letto con una ragazza muta l'aveva stuzzicata, come se quella di violare una ragazza albina non fosse già abbastanza malata.

Probabilmente collezionava cuori e prime volte, ma il Lilithy lo capiva, ed odiava fosse così.

Lil sapeva che c'era altro, che quella di Taylor era paura, era essere debole, codarda, che probabilmente era stata ferita più volte e che con quel suo modo superficiale di fare, stava solo cercando di ingannare se stessa, convincendosi di essere felice. Forse in quel suo universo superficiale riusciva ad ingannarsi davvero di esserlo, nascondendo la propria tristezza. 

Lilithy la conosceva senza che si fosse aperta, l'aveva semplicemente sentita.

E forse un po', in fondo al proprio cuore, invidiava quella superficialità,  quell'insensibilità. 

Aveva scelto di non soffrire ed essere così. Aveva fatto la la sua scelta per fuggire dal dolore.

Mentre lei non sarebbe mai potuta fuggire da quel senso di vita morta, sprecata, inutile.

"Sto così male e poi faccio finta di niente!

Faccio finta vada tutto bene, ci provo.
Sorrido e parlo, e nemmeno so cosa sto dicendo. Io vorrei solo non uscire dal letto e piangere... Ma poi penso che ho voi e allora mi alzo comunque... " continuò la ragazzina stringendola forte.

Lil sorrise accarezzandole la testa, avrebbe potuto toglierle la tristezza. Stava imparando a farlo. Usava le mani, prendeva l'energia negativa e dava quella positiva. Echo si sarebbe sentita meglio, e lei si sarebbe sentita affogare nel dolore, ma nessuno lo avrebbe saputo, non avrebbe potuto urlarlo nemmeno volendo.

Faceva male, ma Lil amava Echo.

L'amava profondamente da sempre, la conosceva da quando erano piccole. L'amava ed ammirava più di chiunque altro.

"Invece tu sei così vera. Tu non fai finta, hai sempre avuto la forza di essere come ti senti e basta, senza fare finta. 

Vorrei essere vera come te.

Sei così preziosa... " Echo la guardò negli occhi lucidi, mentre alcune lacrime ancora le rigavano le guance, e Lil quelle parole si lasciò andare, cercando il volto della ragazzina e premendo le proprie labbra contro le sue.

Echo gemette sorpresa, lasciando che l'altra le tenesse il volto accarezzandole le guance, non si staccò.

La ragazza muta lasciò che l'aria le uscisse dalle narici e spinse tutta la propria energia, visualizzandola scorrere in quel bacio, facendola scorrere tra le labbra, in quel corpo, ed inspirando, riprese quella negativa. Rubandola da un bacio, depositandola nel proprio petto, tra le proprie costole. 

Lilithy si sentì immediatamente pesante, ma non le importò.

Si staccò guardandola fissa negli occhi, i suoi occhi grandi e neri, coperti da quel velo di lacrime, la guardavano meravigliati.

'Scusa.' mimó con le labbra.

Echo le sorrise, si sentiva meglio.

Scosse la testa, "Non ti preoccupare. Fa niente." la abbracciò forte.

Non era la prima volta che succedeva, che a Lilithy scappasse un bacio, era solita dargliene mille, sapeva che non avrebbe mai smesso di amarla, di tenere a lei.

•••

"Credo che quest'anno avrò concorrenza."

Chara stese le gambe appoggiandole alla scrivania, ma le ritirò subito appena lo sguardo truce della preside la folgorò. 

Sbuffò a malapena per coprire il proprio errore.

"Pensi sarà un problema?" si rigirò la penna tra le dita, guardandola fissa negli occhi. Quella studentessa era l'unica che non temeva il suo sguardo, un po' la infastidiva.

"Potrebbe essere... Non so...

Non sono popolari, non quanto me, ma dipende da come decideranno di giocare le proprie carte.

Potrebbe esserci la possibilità che io perda... " Chara sorrise sotto i baffi, aveva in mente qualcosa. Era ovvio che non pensava davvero ciò che stava dicendo, come avrebbe potuto essere chiunque meglio di lei?

Sì meraviglio di non vedere Saphira ingrottare le sopracciglia. A quanto pare non la conoscevo abbastanza bene, oppure sì, ma stava tenendo le proprie carte coperte. Chissà…

Tutto quello rendeva il gioco ancor più divertente.

"Ho bisogno che diventi rappresentante d'istituto. Conosci l'accordo." ripetè leggermente scocciata da quella notizia.

"Sì, lo so, lo so. 

Per questo ho un piano, ma ho bisogno del suo aiuto..." Chara le sorrise marcando quell'ultima frase con perversione.






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