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- Evan non farlo, ti prego! - urlo, la gola brucia.

Amelia schiocca le dita senza neanche degnarmi di uno sguardo, ma il dolore al petto sparisce, così come la rosa. Mi domando come sia possibile.

- Ha davvero importanza che viva o muoia?

- È un accordo, Amelia - le risponde Evan, - la lasci andare, viva, ed io mi concedo a te. È uno scambio equo.

Amelia sembra rifletterci sopra, inclina la testa a destra, poi a sinistra, gli occhi chiusi, come se stesse in profonda meditazione.

- Affare fatto, ma voglio spezzare il vostro inutile legame.

Evan serra le labbra, non mi guarda più ed è così lontano da me, che mi si stringe il cuore.

- So cosa stai pensando, Evan caro, ma è questo il mio accordo. Non dovrebbe avere più importanza un legame simile, dico bene? È solo una terribile scocciatura - dice, incenerendomi con lo sguardo.

Evan rimane in silenzio, chiude gli occhi, ed è la prima volta che lo sento: piano, debole e lieve come fosse un'illusione, il suo cuore batte, più veloce del normale, ma comunque quasi impercettibile.
Istintivamente mi tocco il petto, scioccata da ciò che sono riuscita a percepire, a distanza. Evan mi rivolge una rapida, intensa occhiata, ma comprendo che anche lui ha percepito lo stesso. Sa cosa mi sta passando per la testa, cos'è che mi rende così confusa.
È il nostro legame. Quello che ha permesso ad Evan di ritrovarmi anche a chilometri di distanza, ed ora che si è completato, ci rende quasi un'unica entità.

- Allora, accetti le mie condizioni, caro?

Evan deglutisce, mi guarda un'ultima volta, io scuoto la testa, ma lui serra le labbra ed annuisce in un gesto secco verso la donna che lo tiene in scacco.
Amelia sorride, compiaciuta e soddisfatta, sembra quasi brillare di luce propria, una variazione all'oscurità che si porta con sè.

- Molto bene, allora. Vieni, Eleanor.

Mi porge la mano, il braccio teso, aspettando che io la afferri.

- Non devi temere più nulla, ormai.  Presto sarà tutto finito e tu sarai libera, non sei felice? Puoi iniziare una nuova vita a Londra, magari. O in qualunque posto tu voglia. Potrai sposare uno stalliere mediocre o un qualsiasi altro uomo di basso livello come quel Jamie. Giusto, Evan caro?

Digrigno i denti, mentre sento divampare in me una rabbia bruciante ma frustrante, perché so perfettamente di essere impotente. Di non essere altro che polvere agli occhi di Amelia.

- Andate da lei, Miss Donato - ordina Evan, ed il tentativo di distacco che trapela dalla scelta delle sue parole mi fa gelare il sangue, nonostante abbia utilizzato ugualmente un tono di voce morbido.

- Evan, non ti permetto di fare una cosa del genere. Non ti sacrificherai in questo modo così...

- Va' da lei, Eleanor. Fa quello che ti dice. Sarai libera - mi interrompe, gli occhi smeraldo sembrano supplicarmi in silenzio.
Resto immobile, cerco ancora il suo sguardo, ma il suo è rivolto a terra. La mano di Amelia è ancora tesa per me. Riluttante, la raggiungo, ma non la afferro.
Amelia schiocca la lingua, visibilmente divertita dal mio debole tentativo di ribellione.

- Cominciamo allora - esordisce, con un plateale battito di mani.
Mi tira più vicino a sè, prendendomi la mano, gli occhi le si tingono di rosso.

- Probabilmete non sarà piacevole per te - ghigna.
Mi mordo la lingua per evitare di urlarle in pieno viso tutti gli insulti di cui sono a conoscenza.
Si porta il polso alla bocca e lo morde leggermente, quel che basta per far scorrere un rivolo di sangue, così scuro e viscoso da sembrare pece.
Ne prende un po' sulla punta del dito e lo avvicina alla mia testa, segnando un cerchio tagliato da una linea retta nel mezzo, sulla mia fronte; poi fa lo stesso a livello di bocca e cuore, similmente a ciò che Evan aveva fatto con me.
Faccio una smorfia, avvertendo sulle labbra il sapore del sangue.

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