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È sera tarda. La pioggia cade a dirotto e così fittamente da rendere difficile e quasi impossibile distinguere i contorni del paesaggio. La luce di una locanda in lontananza mi spinge ad avvicinarmi, attirandomi come se fossi una falena.
L'insegna sbiadita è a forma di anatroccolo, ma oltre a questo la pioggia fitta impedisce di distinguere altro, come leggerne il nome inciso sopra.
Entro dentro, il caldo del luogo mi investe, riscaldandomi un po'. L'abito che indosso è zuppo ed aderisce estremamente alle mie forme, ma non avverto il senso di gelo che le gocce d'acqua fredda dovrebbero scatenare in me.
La porta della locanda si apre nuovamente, facendo tintinnare lo scacciapensieri posto sull'ingresso. Un giovane con un soprabito scuro entra, scrollandosi di dosso l'acqua. La padrona della locanda, una donna bassa e grassoccia mi supera per andare incontro al nuovo arrivato.

- Buonasera, signore, desiderate un pasto caldo?

- Sì, grazie. Vi sarei grato anche se mi preparaste una stanza per poter passare la notte - ribatte lui educatamente, togliendosi il soprabito ed andandosi a sedere ad un tavolino. Qualcosa in lui mi è familiare. Il suo modo di parlare così calmo e seducente...
Poco dopo, la donna torna con in una mano un piatto fumante ed un boccale di birra nell'altra.
Il giovane la ringrazia, apprestandosi a mangiare, ma improvvisamente si blocca, la sua attenzione viene catturata da qualcosa davanti a lui. Mi avvicino per vedere meglio, e nessuno sembra notarmi o fare caso alla mia presenza.
Una ragazza dai grandi occhi azzurri sta fissando intensamente il giovane, che ora alza il viso per ricambiare lo sguardo. I suoi magnetici occhi verdi mi fanno mancare il respiro: è Evan.
La osserva per un po', poi storce le labbra ed abbassa gli occhi sul proprio piatto ancora fumante. Come se avvertisse il peso dello sguardo della ragazza, alza il capo. Le sorride, mostrando una fila di denti di un bianco innaturale. La bionda ricambia il sorriso, distendendo appena le labbra. Evan sembra irritato per qualcosa, titubante. Dà un'ultima occhiata al piatto e al boccale di birra intatti e con un sospiro, si alza. Con eleganza si avvia verso la scala in legno che conduce al piano superiore, dove ci sono le stanze.
Si ferma per un istante, lanciando uno sguardo eloquente alla ragazza seduta poco più il là. Gli occhi le si illuminano, poi con finta noncuranza, si alza a sua volta per seguire Evan, il quale sale le scale con un sorriso beffardo stampato sulle labbra.
Con il cuore in gola, mi affretto anch'io al suo seguito, ritrovandomi davanti una porta dipinta di rosso. Evan la apre con un semplice gesto, trovandola libera.

- Ho notato il vostro interesse per me, madame. Mi sbaglio?

La giovane arrossisce, abbassando gli occhi.

- Siete affascinante, mi avete incantata. Ma vi prego, chiamatemi per nome: sono Abbie.

- E cosa ci fa una fanciulla così deliziosa in una locanda come questa? - chiede lui con fare ammaliante, iniziandole a girare intorno come un predatore.

- Il temporale. Avrei dovuto raggiungere la città per motivi personali, ma ho deciso di chiedere ristoro alla vista di così tanta pioggia - ridacchia questa, arrossendo maggiormente.

- Ho creduto che questa serata sarebbe stata totalmente noiosa, ma fortunatamente poi siete entrato voi - gli sorride maliziosa, piazzandosi di fronte a lui.

Evan alza le sopracciglia, forse colpito dalla schiettezza delle parole di Abbie. Ride leggermente, una risata bassa e virile.

- Oh, dolcezza. Sei sicura che aver incontrato me, stanotte, sia stata una fortunata coincidenza? Non parlerei di fortuna, fossi in te.

- Sono qui per ammaliarvi come voi avete fatto con me - ribatte semplicemente Abbie, sporgendosi verso di lui per baciarlo.

Evan non reagisce, la lascia fare. Ed io sento una fastidiosa sensazione di gelosia crescere nello stomaco.

Bleeding RosesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora