Questa mattina il mondo ha una nuova prospettiva. O almeno, ce l'ha fino a che non apro la porta della stanza di Evan per uscire in corridoio. Una corrente pungente mi investe non appena inizio ad avanzare verso la scalinata principale, dove di colpo mi ricordo di Jamie.
- Buon giorno, Miss Donato. Avete trascorso una nottata gradevole? Siete...riuscita a prendere sonno?
Mi volto di scatto verso Evan, il quale mi sorride maliziosamente e si avvicina a me per porgermi la mano. La afferro volentieri ed insieme scendiamo gli ultimi gradini.
- È stata una notte gradevole, nonostante gli avvenimenti della giornata - ribatto ad alta voce.
- Hai fame? - mi sussurra.
Scuoto la testa. È strano, ma nonostante tutto non avverto il desiderio di riempirmi lo stomaco.
- Allora andiamo nella sala da ballo. Desidero farti ascoltare una cosa.
Mi afferra la mano e la lascia solo una volta entrati nel grande salone e arrivati accanto al pianoforte.
- La suono da quando te ne sei andata - dichiara, prendendo posto sullo sgabello ed iniziando a muovere abilmente le dita sui tasti. La melodia che riempie la stanza è triste, cupa. Eppure verso la fine si fa più acuta, esprimendo la speranza che in essa è racchiusa.
Evan si ferma, poi si volta a guardarmi.
Sono estremamente colpita dal modo limpido e naturale con cui ha appena suonato, esprimendo le sue emozioni più celate, i suoi desideri, aprendosi così a me.- È davvero bellissima - sussurro, accennando un sorriso.
Evan fa un cenno, si alza dallo sgabello ed avanza, fermandosi a poca distanza da me.
- Sono lieto di sapere che abbia apprezzato.
Annuisco, ma i miei pensieri sono già rapiti da un altro nome,ed i sensi di colpa per non aver più pensato a lui si fanno strada nella mia anima, divorandola. Jamie è ancora rinchiuso in quella stanza ed ormai la sua prigionia non ha più scopi. È giunto il momento di chiedere la sua liberazione.
Deglutisco, prendendo tutto il mio coraggio ed osservando discretamente il volto di Evan.
Il profilo della mascella ben delineato, i lineamenti delicati, le ciocche scure sulla fronte.
E gli occhi...due smeraldi così attraenti e pericolosi al tempo stesso. Sarebbe fin troppo facile incupirli con una domanda scomoda, nonostante la notte appena trascorsa insieme. Eppure devo tentare, non potrei mai perdonare a me stessa il fatto di non aver lottato per la salvezza di Jamie. Troppe persone a me care hanno pagato un prezzo fin troppo alto a causa mia.- Evan... - mormoro, schiarendomi la gola e richiamando così la sua attenzione, distogliendola dalla porta della sala.
Si volta, accigliato. Ma la sua espressione si rilassa non appena incontra i miei occhi.- Qualcosa ti turba?
- No, Eleanor. Non hai nulla di cui preoccuparti.
- Devo chiederti un favore, Evan - dico tutto d'un fiato, il cuore a mille.
- Ti ascolto.
- Ti prego di liberare Jamie. Non voglio che soffra ancora e invano, soprattutto se la causa del suo dolore sono io. L'hai portato qui per indurmi ad ascoltarti e a rispettarti. Ebbene, ora che tale scopo è stato raggiunto, credo sia giusto lasciarlo andare, farlo tornare a Londra dalla sua famiglia. Merita una vita, Evan, di essere felice.
Il vampiro resta in silenzio per un periodo di tempo interminabile, poi annuisce lentamente.
- Il ragazzo sarà libero oggi stesso, ma dovrò assicurarmi che non gli passi per la testa di raccontare tutto alla sua famiglia, altrimenti dovrò avere a che fare con altri inconvenienti e non sono dell'umore adatto.
Il peso che avevo sul cuore pare allentarsi.
- Ti sono davvero grata per questo, dal profondo della mia anima - esclamo, sinceramente commossa.
- Suppongo che desideri salutarlo prima che parta per Londra - ribatte in tono piatto.
- Lo desidero, sì - confermo, poi lo seguo nella stanza angusta in cui Jamie è ormai chiuso da giorni, ridotto a pane ed acqua. Evan apre la porta, poi resta in disparte per lasciare un po' di tranquillità a me e a Jamie.
- Miss Donato! Oh, grazie a Dio state bene! - esclama il giovane non appena mi vede entrare.
- Caro Jamie, voi state bene? - domando, precipitandomi da lui e crollando in ginocchio al suo fianco. È ancora legato alle pareti ed ha il volto cosparso di lividi violacei.
- Ho sopportato ogni dolore e sofferenza per voi. Adesso, vedendovi, sono finalmente sollevato che siate in buona salute.
- Oh, mi dispiace così tanto. Avete dovuto subire tutto questo a causa mia, ma sono venuta qui per un ultimo saluto: finalmente sarete libero di tornare a Londra, dalla vostra famiglia, lasciando questi spiacevoli avvenimenti al passato come se fossero stati solo un brutto sogno. Siete libero, non preoccupatevi per me, saprò prendermi cura di me.
Jamie mi guarda sbalordito, non sa cosa rispondere.
- Ma quell'uomo...vi farà del male?
- Starò bene. Vi supplico, non sprecate il vostro prezioso tempo per pensare alla mia sorte, ma godetevi la nuova libertà!
- Miss Donato asserisce il vero - Evan entra nella stanza.
Jamie inizia ad agitarsi, facendo sbattere le catene contro il muro, i polsi sanguinanti che sporcano l'acciaio.
- Perché agitarsi così tanto quando potete usare le energie per allontanarvi per sempre da questo posto? - sbuffa Evan con una lieve irritazione.
- Ma prima, ho bisogno di dirvi alcune questioni che mi aspetto siano rispettate per il bene vostro e di tutti noi. Miss Donato, voi potete intanto raggiungere Ermine per la colazione.
Lo osservo attentamente per tentare di comprendere le sue intenzioni, ma i suoi occhi fissi su di me non lasciano spazio alle emozioni, perciò mi dirigo alla porta con fare riluttante e li lascio soli. Raggiungo la sala da pranzo, più tetra del solito. Rimango per un istante sulla soglia, indecisa sul da farsi, poi mi avvicino alla sedia finemente intagliata posta a capotavola.
Un fruscio di vesti mi fa voltare di scatto, terrorizzata, ed il mio sguardo incontra quello di Ermine mentre esce dalla penombra.- Mi hai spaventata - dico, traendo un lieve sospiro.
Lei non risponde.
- Evan ha detto che avresti preparato la colazione, perciò sono venuta qui.
- Certo. Seguitemi - dice soltanto.
Mi precede per un lungo e stretto corridoio segreto che si apre nella parete nascosta dietro ad un arazzo antico e quasi del tutto rovinato dal tempo.
- Dove stiamo andando? - chiedo dopo un po', inciampando più volte sui miei stessi passi a causa della scarsa illuminazione.
- È una strada più veloce - ribatte semplicemente.
- Più veloce per quale ragione? - insisto, avvertendo uno strano formicolio lungo collo e braccia, ma le mie parole vengono portate via dal rumore del frantumarsi in mille pezzi della lampada ad olio di Ermine. Soffoco un grido di sorpresa nel comprendere che la ragazza ha appena lanciato la lampada appositamente dietro di me, facendo divampare le fiamme alle nostre spalle in una frazione di secondo.
- Cosa hai fatto?! - urlo.
- È per la vostra sicurezza, ordini del signor Woods. Ed ora affrettatevi, non ci vorrà molto prima che le fiamme divorino l'intero passaggio.
- Evan ti ha ordinato di dar fuoco alla villa? - esclamo, raccogliendomi la gonna per correre più veloce, ma il fumo inalato già mi fa tossire violentemente.
- Non vi preoccupate per sciocchezze simili. Il signor Woods sa ciò che fa.
Taccio, non sapendo cosa rispondere, ma non riesco a reprimere la sensazione che mi dice che in questa situazione qualcosa non torna.
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Bleeding Roses
ParanormalEleanor Donato è riuscita a fuggire dalla buia dimora di Evan Woods, con l'aiuto di una misteriosa carrozza. È tornata nella residenza della madre, che però l'accoglie terrorizzata, desiderosa di portarla indietro. Eleanor si crede finalmente al sic...