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Le prime abitazioni del centro di Londra iniziano a comparire verso sera. Il cavallo è sicuramente stanco, ma la sua andatura non accenna a rallentare.
Quando il Parlamento inizia ad essere visibile, tiro le redini per rallentare la nostra corsa fino a fermarci. Scendo con salto ed accarezzo il lucido manto nero dell'animale. Evan sarà furioso con me per avergli rubato il cavallo. - Hai sete, non è così? - mormoro.
- La donna che sussurrava ai cavalli.
Mi volto di scatto verso la provenienza della voce. Un uomo biondo dagli occhi chiari mi osserva sorridendo. C'è qualcosa di familiare in lui.
- Buonasera, Eleanor. Probabilmente non ti ricorderai di me. Sono James Baker. Ho ricevuto una lettera da tua madre ed una dalla tua...domestica, in cui comunicavano il tuo imminente arrivo.
- Oh, signor Baker, non vi avevo riconosciuto. Perdonatemi, ma sono molto scossa e stanca per il viaggio. Inoltre questo cavallo avrà bisogno di...- mi blocco. Non c'è più. Mi guardo intorno, ma l'animale se n'è andato.
- Starà cercando qualsiasi cosa di cui ha bisogno da solo, suppongo - sorride. - Vieni, andiamo a casa. Mia moglie e mio figlio ti stanno aspettando per cena.
Raggiungiamo a piedi una piccola casa di mattoni situata nei pressi di Westminster.
Salgo i gradini dell'entrata ed aspetto che James apra la porta.
- Eleanor, che piacere rivederti! Eri solo una bambina quando ti ho conosciuta - esclama madame Baker venendo verso di me e prendendomi le mani.
- Ti aspettavamo domani, ma Alice ci ha avvertiti del tuo arrivo stasera. Come stai? Hai fame? Vieni.
Mi conduce nella sala da pranzo, dove un tavolo quadrato è imbandito.
- Siediti. Mangeremo a momenti - dice la donna dolcemente.
Faccio come dice e prendo posto sulla prima sedia vicina.
- Buonasera, Miss Donato. Mio padre mi ha avvertito del vostro arrivo. Sono Jamie - dice una voce maschile. Mi volto verso il ragazzo. Avrà la mia stessa età, a giudicare dall'aspetto puerile. Un accenno di barba si nota sulle sue guance ed ha dei capelli di un castano così chiaro da tendere al biondo. Mi rivolge un sorriso timido, mentre si siede.
- Eleanor. Anche se credo che lo sappiate già - rispondo in un sussurro. Gli occhi azzurri gli si illuminano.
- Mia madre ha parlato spesso di voi in questi giorni, ma non ho compreso il motivo della vostra partenza frettolosa. Non vorrei sembrare scortese, ovviamente, ma posso chiederlo a voi? - dice.
Non sapendo cosa mia madre abbia scritto nella lettera, decido di non entrare nello specifico. Probabilmente i Baker non sono a conoscenza dell'esistenza dei vampiri e raccontare la mia esperienza non aiuterebbe di certo a far comprendere la situazione a Jamie.
- Ecco...- inizio, incespicando sulle parole perché non so cosa dire.
- Mia madre ha creduto che potessi essere più al sicuro qui che da noi, al momento.
Jamie si acciglia. - Al sicuro da cosa? Da chi? Vi è accaduto qualcosa?
Mi sforzo di mantenere un'espressione tranquilla e di scuotere la testa. Poi scelgo di dire una mezza verità:
- Un uomo vuole farmi del male - sussurro, - oggi è giunto a casa mia per prendermi. È per questo che sono venuta qui con un giorno di anticipo.

Jamie mi guarda sorpreso. - Oh, perdonatemi, non potevo immaginare una storia simile.

Provo a sorridere per sollevarlo dall'accenno del suo senso di colpa. Fortunatamente, madame Baker entra nella stanza accompagnata dal marito ed entrambi si siedono a tavola. Un ragazzotto vestito da cameriere li segue, portando in mano nuove portate. Dopo aver servito ciascuno di noi e versato dell'acqua nel mio bicchiere, fa un passo indietro e dopo essersi inchinato brevemente, lascia la stanza. 

- Mangiate, povera ragazza. Sarete sicuramente molto affamata - incoraggia madame Baker, guardandomi con gli occhi sgranati ed un sorriso che le tira le labbra sottili. Si china sul tavolo ed il vestito troppo scollato mette in mostra il suo seno generoso. Distolgo lo sguardo da lei e noto che Jamie mi sta osservando. Ha un'espressione imbarazzata dipinta in faccia e credo che io debba averne una uguale in questo momento. Abbasso lo sguardo sul mio piatto e prendo un fetta di pane con del paté di olive nere sopra. 

Dopo cena, madame in Baker mi conduce nella mia nuova camera da letto. Non è molto grande, ma ugualmente graziosa. Inoltre, il fatto che non sia di dimensioni esagerate contribuisce a farmi sentire al sicuro. Una volta aver ringraziato madame Baker, mi rannicchio sotto le pesanti coperte nel mio nuovo letto ad una sola piazza. Resto a fissare le pareti bianche della stanza quasi spoglia se non fosse per il letto ed un comò, finché non scivolo nel sonno. 

L'ormai familiare sensazione di non essere sola mi gela le viscere. Nonostante il buio innaturale, so di essere osservata. Deglutisco, sentendomi improvvisamente vulnerabile. Mi guardo intorno, ma non riesco a distinguere nulla e ciò contribuisce solo ad incrementare la mia angoscia. Avverto uno strano formocolio dietro la nuca ed i peli delle braccia si rizzano quando percepisco il freddo portato da chi si trova alle mie spalle. Una mano scorre sul mio braccio, mentre l'uomo si china su di me.

- Perché mi resisti? Lasciati guidare da ciò che senti nel profondo, Eleanor. Tu mi vuoi - sussurra, il suo fiato mi solletica la guancia.
- Ti avrei già presa, se quella cameriera non avesse interferito - ringhia. Alice. Si sta riferendo ad Alice.
- Evan...- inizio.
- Shh - mi interrompe, facendomi scorrere un dito sul viso. - Non puoi nulla contro di me. Ovunque tu andrai, ti troverò. Ti avevo avvertita di non fuggire, ma lo hai fatto ugualmente. E adesso ne saranno pagate le consequenze.
Provo a voltarmi, ma non me lo permette.
- Buona, Eleanor...sarai presto di nuovo mia - sussurra sensualmente, mordendomi il lobo. Inspiro di scatto e stavolta mi volto verso di lui. Nonostante l'oscurità, riesco a scorgere i suoi lineamenti. I suoi denti bianchi brillano al buio in un ghigno. Indossa un soprabito nero che conferisce al suo aspetto un'aria di eleganza.
- Cosa volete da me? - riesco a chiedere.
- Non voglio nulla da te. Io voglio te - ribatte.
- Non sono un burattino nelle vostre mani - dico.
- No, infatti. Siete molto meglio di un burattino.

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