Prologo

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PRIMA PARTE: LOST SOULS

"Ho freddo... troppo freddo."

L'atmosfera notturna pervasa dalla neve circondava il paesaggio periferico in cui si trascinava a fatica un'alta figura barcollante. Lo stretto marciapiede su cui camminava con degli scarponi marroni rotti era candido, così come la strada alla sua destra e gli alberi spogli che facevano da cornice.

Sul lato opposto, c'erano diverse piccole abitazioni disposte simmetricamente e divise da alcuni vicoletti, ma l'uomo che continuava ad avanzare senza meta sapeva che nessuno l'avrebbe accolto. Non ci sarebbe stata un'anima pura come la neve che calpestava a soccorrerlo, fidandosi di un estraneo in piena notte.

"Non ce la faccio più."

Mentre camminava, quasi invisibile nel paesaggio urbano, notò un bidone della spazzatura isolato poco più avanti.

Una possibile salvezza: forse lì dentro avrebbe trovato del cibo o quantomeno qualche vecchia coperta per riscaldarsi.

Accelerò il passo, per quanto le sue ossa annichilite dal gelo glielo permettessero, e arrivò in prossimità del bidone salvavita. Si affacciò, dando un'occhiata all'interno, ma rimase deluso. Tutto ciò che vide fu una strana pistola color rosso scuro, non molto grande e dal design slanciato.

I suoi occhi grigio chiaro furono lo specchio della sua disperazione. Sospirò e si accasciò al suolo, con la schiena appoggiata sul lato sinistro del bidone. Guardò il terreno canuto sotto di lui, mentre la neve gli ricopriva completamente i capelli rosso fuoco. Il freddo era insopportabile, tanto da averlo ormai privato di ogni voglia di combattere, qualsiasi speranza residua era stata soffocata dall'ultima delusione.

"Mezzo morto di fame e freddo, vestito con pochi stracci e senza alcun ricordo della mia vita finora. Che bella fine ho fatto." mormorò sottovoce l'uomo, con un sorriso amaro.

L'unica cosa che ricordava era il suo nome, oltre a quello, per qualche ignoto motivo aveva un vuoto totale. Ma in quel momento non aveva neanche più molta importanza.

"Magari mi andrà meglio nella prossima vita..." chiuse gli occhi, consapevole del fatto che non li avrebbe più riaperti e che sarebbe morto lì da solo. Con ogni probabilità, l'avrebbero trovato e buttato in qualche fossa isolata che nessuno avrebbe mai visitato.

Quando già iniziava a perdere quel po' di sensibilità alle dita che gli era rimasta, udì all'improvviso il rombo del motore di un'auto che passava di lì.

Spalancò per un secondo gli occhi, e la vide.

Per un istante, forse anche meno.

Dietro al finestrino abbassato per metà dell'auto lussuosa che gli era sfrecciata davanti, incrociò un paio di grandi occhi, uno verde e l'altro giallo, sotto dei capelli neri come la pece rialzati dal vento.

Il viso dolce della ragazza seduta sul sedile posteriore gli sembrò quello di un angelo. In quella frazione di istante in cui i loro sguardi collisero, lei lanciò qualcosa dall'interno del veicolo, avvolta in un panno di lana. L'oggetto andò a scontrarsi col bidone dietro l'uomo, producendo un tonfo metallico sordo e finendo dritto al suo interno.

Subito dopo, l'automobile sparì all'orizzonte a tutta velocità.

"Ma cos'è stato?" scosso e turbato dall'intenso incontro, l'uomo si alzò per verificare l'entità dell'oggetto nel bidone: con sua enorme gioia, scoprì che dentro al panno di lana rovinato c'era una pagnotta mezza bruciacchiata, ma ancora calda. Il tepore che fu trasmesso tra le sue mani lo fece sorridere di sollievo, se la appoggiò sulla guancia, scaldandosi il corpo e l'animo.

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