6. Akiko, Parte 1

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I grattacieli del centro di Hikaritama si stagliavano verso il cielo blu scuro al termine del crepuscolo, mentre la sera faceva capolino lenta e inesorabile, e il clima iniziava a rinfrescarsi. Tra le strade gremite di negozi e cartelloni, la folla iniziava a crescere sempre più di numero. Famiglie con bambini, coppie di fidanzati e gruppi di adolescenti riempivano la zona, provocando un gran trambusto nell'atmosfera vivida del fine settimana che si apprestava a iniziare.

Mimetizzato tra le persone allegre e frettolose, si aggirava Shoko Satomi a passo moderato e sicuro, con la parte inferiore della camicia arancione che ondeggiava al vento e gli ondulati capelli rossi svolazzanti.

"Accidenti, non mi piace la città a quest'orario! Troppa gente..." affermò, annoiato, mentre si guardava intorno a disagio. "Mannaggia a Saori che mi caccia di casa per fare le pulizie, che fastidio le davo se rimanevo sul letto? Mi ha letteralmente sbattuto fuori da casa mia, certo che quando si arrabbia fa paura..." Shoko pensò al viso furioso che la sua coinquilina aveva mostrato quando lui aveva tentato di ignorarla.

"Questa casa è un porcile! Non sai neanche come si vive normalmente, fallito! Fuori di qui!" aveva sbraitato come un cinghiale inferocito. L'occhio non coperto dai capelli a un tratto sembrava essere diventato rosso per la furia e non aveva avuto scelta se non filarsela a gambe levate.

Rabbrividì al ricordo.

Tra un sospiro e un altro, però, la sua attenzione fu attirata da qualcosa, legato al ronzio sommesso che la folla stava iniziando a emettere. Evidentemente, stavano tutti commentando tra loro una scena molto strana che si era materializzata in quella zona in maniera inaspettata.

Facendosi largo tra le persone nello spazioso passaggio pedonale circondato da alti palazzi e grattacieli, Shoko capì finalmente il perché di tanta concitazione.

Sul punto più alto di un cantiere pieno di travi sospese nel vuoto con delle spesse corde d'acciaio, una piccolissima e lontana sagoma femminile camminava con le braccia larghe a ritmo quasi di danza, rischiando di precipitare da quell'altezza enorme.

Shoko non riuscì a credere ai suoi occhi. "Ma cosa diamine sta facendo quella donna?" bisbigliò.

Cercò di focalizzare meglio l'immagine, mentre si approcciava poco a poco al cantiere. Potendo vantare una vista praticamente perfetta, Shoko fu in grado di studiare per bene il bizzarro aspetto dell'equilibrista.

Le cose che spiccavano in misura maggiore erano le lunghe calze a righe orizzontali rosse e gialle che indossava, e i capelli pettinati con due alti codini laterali color miele, i quali ricadevano lunghi come due spirali fino alle spalle della ragazza. Sul lato superiore del corpo era vestita con un abito rosso un po' scollato sul petto e piuttosto corto, che le arrivava giusto all'estremità superiore delle cosce, dove terminava con una stretta gonnellina a strisce verticali delle medesime tonalità delle calze.

A Shoko sembrò quasi un essere di un altro mondo per quanto stonava con il contesto circostante.

La donna saltellava sprezzante del pericolo vicino al bordo della trave sospesa, con nulla a parte il vuoto ad accoglierla, qualora fosse precipitata.

A un certo punto si voltò verso il basso, facendo sobbalzare Shoko. Gli sembrava quasi che lo stesse guardando negli occhi, cosa pressoché impossibile data la distanza.

"Devo avvicinarmi." pensò in un baleno l'uomo, come se l'istinto glielo stesse ordinando.

" pensò in un baleno l'uomo, come se l'istinto glielo stesse ordinando

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