23. La Strage di Nagoya, Parte 3

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Il delizioso profumo di pollo al forno inebriò le narici di Saori che, accovacciata sul letto in pantaloncini e canottiera, reggeva un manuale universitario in una mano e un copione per uno sceneggiato in cui doveva recitare nell'altra, la schiena appoggiata alla parete.

"Ah, che stress..." borbottò, sottovoce. "Sono sommersa di studio e lavoro, la vita da universitaria è una faticata. Almeno al liceo potevo fingere di studiare e cavarmela."

Il suo occhio libero dalla frangia nera andò a scovare la fonte del buon profumo che l'aveva definitivamente destata dalla già fragile dedizione allo studio. L'alta sagoma di Shoko, di spalle, preso da un intruglio di spezie da inserire sul pollo che cuoceva nel forno sotto al piano cucina, armeggiava con gli utensili in maniera disinvolta.

"Tieni duro, dolce Saori. Faccio il tifo per te!" farfugliò con aria gioviale.

La cena per l'incontro con i loro compagni di sventure era ormai in fase di preparazione. Saori stessa aveva optato per il pollo al forno con patate come portata principale, e Shoko l'aveva stupita affermando di essere molto bravo a cucinarlo. Era tutt'altro che un cuoco eccellente, ma a volte gli capitavano ottimi guizzi culinari per cui si rivelava stranamente portato. Forse, aveva pensato Saori, delle rimanenze del vecchio Shoko di cui lui non ricordava quasi nulla? Se così fosse stato, era l'unica cosa buona che gli aveva lasciato, a parte la mira.

La ragazza si alzò, coprendo l'ombelico con la canottiera che cascò sulla sua vita, e si avvicinò al collega aspirante chef con tanto di grembiule kiss the cook.

"Mmh, promette bene questo pollo... sarà una cena fantastica, lo sento. Un buon pasto ci aiuterà ad affrontare le questioni più delicate." affermò, briosa.

"Te l'avevo detto che ci sapevo fare, modestamente." replicò, ironico, Shoko. Gli occhi grigi puntati direttamente in quello di Saori, la mascella squadrata, i polsi e le braccia toniche mentre facevano danzare le posate, provocarono nella ragazza un piccolo brivido interiore.

"Già, non fai altro che sorprendermi, eh?" esitò un attimo, valutando se esporsi. Ma ormai qualcosa in lei era scattato da tempo. Dopo aver provato per una volta la sensazione di intimità che andava oltre l'essere partner con Shoko, non aveva quasi pensato ad altro con tanta intensità. Aveva infine compreso ciò che realmente provava per lui. E voleva riuscire a comunicarglielo.

"Quasi quasi lo bacio davvero questo cuoco..." azzardò, afferrandogli il grembiule per poi sporsi verso l'alto, verso il viso del compagno, con decisione. Le labbra agognanti, dischiuse.

Ma stavolta, Shoko reagì con prontezza.

Saori avvertì una mano sul petto trattenerla e scostarla appena all'indietro. "Non è il momento." si limitò a dirle, senza scomporsi.

Saori non seppe cosa ribattere. Il partner eludeva le conversazioni e gli approcci morbidi, così si era decisa a tentarne uno diretto. Ma lui adesso aveva evitato anche quello.

"Non lo è mai?" domandò, frustrata.

"Saori..." tentò di contenerla Shoko.

"No, ho capito. Se non sei abbastanza coraggioso da far chiarezza su ciò che provi, resta pure nella tua eterna stasi." La ragazza alzò la voce, cosa che raramente faceva. "Sono stata anche troppo paziente... almeno, se non provi nulla per me, abbi lo stomaco di dirmelo!" I suoi occhi ora erano diventati lucidi, esasperati da quell'incertezza che la divorava.

A quel punto, Shoko si sfilò il grembiule e si voltò verso di lei, guardandola con aria grave. "Ascoltami." iniziò, mentre Saori si asciugava gli accenni di lacrime con il dorso della mano. "Non è che tu non mi faccia alcun effetto. Ma devi capire che noi siamo partner e colleghi, e tu hai anche tante altre cose personali a cui pensare, per non parlare dei problemi legati al Mondo Spirituale. Non voglio che ti arrovelli ulteriormente l'animo con sentimenti che ancora non capisci."

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