IX

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Cenere. Il pavimento era ricoperto di quella polvere scura, precedente materia degli spiriti ormai esorcizzati.

<<Ci conviene ricongiungerci con gli altri. Non ce ne sono mai stati così tanti in una scuola elementare, deve esserci qualcuno di potente dietro a tutto ciò.>>

La preoccupazione sul volto di Nobara era evidente, nonostante cercasse di nasconderlo.

Ci incamminammo alla ricerca dei due ragazzi. La castana mi precedeva, osservandosi attorno alla ricerca di qualche minaccia. I miei occhi sondavano i piani dell'edificio, scrutandone ogni singolo dettaglio.

"Ayame.."

Un sussurro raggiunse il mio udito.

<<Cosa c'è?>>

Nobara si voltò confusa, non capendo le mie parole.

<<Mi hai chiamata no?>>

<<Affatto. Stai bene?>>

Rimasi spiazzata per qualche secondo, annuendo semplicemente in risposta poco dopo.

Le nostre gambe ricominciarono a muoversi, conducendoci per i vari corridoi. Più nessuna voce, più nessun sussurro o suono mi raggiunse. O almeno così pensai.

Un enorme trambusto ci colpì sul lato destro. Dopo un breve sguardo d'intesa ci lanciammo verso il luogo dell'esplosione.

Un uomo, di cui non riuscì a distinguere le caratteristiche teneva il braccio teso, verso l'alto. Una nebbia, improvvisamente, cominció a sollevarsi, separandomi da Nobara e privando della vista i miei occhi.

Scrutai l'ambiente che mi circondava: la foschia era fin troppo densa da impedirmi di fare una qualsiasi mossa. Se fossi andata troppo oltre sarei caduta nel vuoto.

Avrei potuto provare a chiamare i miei compagni, ma sarei solo stata un peso. Dovevo cavarmela da sola.

Chiusi gli occhi e cercai di concentrare i miei sensi al massimo. Come le volte precedenti, il sangue cominció a ribollirmi nelle vene, preparandosi ad esplodere.

Raggiunsi quasi l'apice quando una mano afferrò il mio polso stringendolo in una morsa stretta. Sussultai al contatto, interrompendo la concentrazione. I miei occhi si posarono sulla mano, che non riuscivo a distinguere a causa della nebbia.

Venni trascinata con forza in mezzo alla nuvola. I miei sensi si destabilizzarono in pochi secondi e, quando pensai di svenire, mi ritrovai di fronte a tre figure, di cui non riuscì a distinguere i volti, che sgozzavano tre individui, le cui sagome assomigliavano a quelle dei miei compagni.

Percepì un dolore immenso avvolgermi il cuore in una morsa crudele che lasciò in fretta spazio alla rabbia incontrollabile, che mi divorò l'anima.

Non poteva essere. Non riuscivo a credere a ciò che stava succedendo. Non poteva ripetersi, per una seconda volta, quella dannatissima situazione.

I miei occhi si strinsero per trattenere le lacrime e non vedere. Il mio corpo cominciò a tremare come un forsennato: i miei muscoli erano tesi, i miei denti si colpivano tra loro, scricchiolando.

Il dolore mi avvinghiava le vene, bloccandomi il respiro e intorpidendo i miei arti. L'ira mi invase con maggiore potenza. Quella magia latente in me cominciò a risvegliarsi con forza devastante.

Mi sentì improvvisamente senza fiato: i miei polmoni non riuscivano a dilatarsi, non riuscivano ad aspirare la giusta porzione di ossigeno. Caddi a terra: la schiena entrò in contatto con la parete fredda che mi sosteneva.
Le mie mani ricaddero sulla mia gola in un gesto disperato. Le lacrime cominciarono ad annegare i miei occhi. Il dolore al petto aumentò a dismisura tanto che mi convinsi che lottare, non sarebbe servito più a niente, se non ad aumentare un dolore già insopportabile. Abbandonai. Rilassai il mio intero corpo, lasciando che la morte mi avvolgesse, liberandomi dal dolore e dai sentimenti che mi pugnalavano in continuazione.

Philofobia || megumi fushiguro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora