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Anno 6217 DID – Lissen, Terre di Clarens.


Era una mattina come ogni altra alla capitale, ma non per lui.
Artillas Delneruth, infatti, era appena tornato a Lissen dopo una breve campagna combattuta per conto degli Shin, terminata con un nulla di fatto. Arrivato a palazzo la sera precedente, poco prima della fine del terzo quarto, aveva subito consegnato il suo rapporto e si era congedato.
Dovette riconoscere che dormire in un letto comodo gli era mancato molto.

Anche se fresco dopo una notte di riposo, si sentiva ancora sfinito, quindi gioiva del fatto che lo avessero richiamato lì.
Dopo aver combattuto contro gli Eretici nelle Terre di Sente, gli era stata concessa una licenza. Subito dopo era stato mandato nel regno di Shin, dove aveva trascorso poco più di un mese.

Non capiva le motivazioni del conflitto che avevano scatenato contro il popolo ad est, come non capiva una parola della loro lingua. Essere al servizio di un generale munito di interprete era stato un sollievo, ma tutto il tempo passato lì era stato comunque frustrante e, quando non si trovava sul campo di battaglia, era rimasto sempre solo con se stesso.

Più volte si era domandato perché gli Shin non si fossero ancora convertiti al linguaggio unificato, in uso nel regno di Visdis e in quelli vicini da un centinaio di anni almeno.
Ora, appena rientrato a Lissen, sperava in un po' di meritato riposo, ma qualcosa gli diceva che non era ancora giunto il momento.
Sospirò mentre si incamminava verso l'ufficio del capo delle guardie del Re, Vinsur Dasteph, che aveva chiesto di vederlo.

Artillas non aveva mai voluto fare il soldato.
Forse quando era piccolo l'idea poteva avergli sfiorato la mente, ma aveva considerato l'Accademia Militare solo come una fase. Si trattava di un modo per ricevere una buona istruzione e, visto che l'unica alternativa sarebbe stata quella di iscriversi a una scuola teocentrica per diventare vicario, aveva scelto senza rimorsi l'esercito.

Purtroppo la sua velocità fuori dal comune lo aveva fatto risaltare agli occhi degli ufficiali, i quali si erano assicurati che gli venisse assegnata una posizione di spicco nell'armata reale.
Da quando aveva lasciato l'Accademia per entrare formalmente nei loro ranghi, Artillas aveva assistito i superiori durante l'esercitazione delle reclute, era stato mandato a sedare piccole rivolte nei paesini di campagna a nord, e qualche volta si era ritrovato su un vero campo di battaglia.
Non ne andava fiero, era stata una vita dura e solitaria.

In quei pochi anni di servizio aveva guadagnato abbastanza da potersi permettere un futuro modesto, senza dover più lavorare. Stava solo aspettando il momento buono per mollare tutto e andarsene, trasferendosi nel regno pacifico in cui viveva suo padre.
Forse, si disse, visti i conflitti interni a Visdis e quelli esterni a cui il paese aveva preso parte, il momento era vicino.
Sapere che la situazione sarebbe solo peggiorata era un ulteriore incentivo a fargli deporre le armi e abbandonare quel luogo il prima possibile.

Aveva ancora tutta la vita davanti, non voleva certo passarla a rischiare costantemente di essere ammazzato o mutilato per servire un sovrano ingiusto.
Con questi pensieri che gli affollavano la mente, il mezzo Lin bussò alla porta dell'ufficio.

Subito venne invitato a entrare e facendolo si ritrovò davanti Dasteph in persona. L'uomo indossava l'uniforme bianca e oro da guardia del regno e le medaglie appuntate sul suo petto, uniche nel loro genere, rendevano chiaro a tutti che ne fosse proprio il capitano. Sulla cinquantina, aveva i capelli brizzolati così come lo erano i folti baffi.

"Artillas Delneruth, benarrivato" lo salutò.
Il ragazzo si mise sull'attenti, sorpreso di trovare proprio lui ad accoglierlo.
"Grazie, signore"
"Non c'è bisogno di essere così rigorosi, sei di riposo oggi"
"Pensavo che avrei trovato un segretario ad attendermi" si giustificò Artillas, che aveva agito senza pensare.

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