Louis sospira annoiato battendo il piede contro il pavimento dell’aula mentre si bea del calduccio del termosifone a cui è appoggiato con il sedere. Fuori piove forte e osserva se i suoi alunni hanno tutti l’ombrello a fianco delle sedie, cosa che nota più o meno ovunque.
<<Il. Giardino. Con. Grandi. Rose>> detta lentamente accarezzando le pagine di carta lucida del librettino da dove sta leggendo il dettato <<Il. Giardino. Con. Grandi. Rose>> ripete piano sorridendo a come quei piccoli marmocchi di appena sette anni si concentrino sulla scrittura.
Fra mezz’ora anche quella giornata lenta e triste si concluderà e Louis non vede l’ora di tornare a casa e farsi un bel bagno caldo. Per tutto il pomeriggio l’aula è stata piena di chiasso e urla, i bambini seccati di non poter uscire e agitati per quella sorta di verifica iniziale.
<<E’. Bagnato. Dalla. Pioggia, punto>> prosegue staccandosi dal termosifone per girare fra i banchetti, giocherellando con il collo spesso del maglione. E’ solo Settembre, ma fuori fa freddo e ricorda di aver chiuso tutte le finestre delle classi in cui entrava. Fra poco dovrà inventarsi qualcosa per Halloween e la classe: decorazioni, canzoni, letture carine da fare quando hanno più di un ora e tutti gli origami possibili e immaginabili.
Sorride tra sé e sé ricordando dell’ottobre precedente passato a sentire cosa i bambini facessero la sera dei morti, in cui lui e il suo compagno erano rimasti a casa a mangiare dolci e darne ai bambini di passaggio.
I bambini, meravigliose piccole creature, pensa allungando una mano per scostare delicatamente i capelli di Sophie dal foglio. La ragazza sorride cercando di nascondere le guance rosse e Louis riprende a dettare <<E’. Bagnato. Dalla. Pioggia>> mormora spostando loro le cartelle dal passaggio fra i banchi <<Il. Cielo. E’. Grigio, virgola>>
Louis non pensa che tornerà il sole, non quel giorno almeno, <<Il. Cielo. E’. Grigio>> mentre lo dice con calma e piano guarda fuori, quasi ci stesse riflettendo davvero sulle sue parole.
<<Ma. Presto. Spunta. Il. Sole, virgola>> sospira. No, non spunterà il sole. Però almeno quella sera Liam gli ha promesso una cena a lume di candela dato che è a casa malato. Spera vivamente non gliela passi perché altrimenti dovrebbe stare a casa e si sa, la supplenza non fa mai bene ai bambini. Si distraggono, non sanno con chi hanno a che fare, si agitano, hanno paura della lavagna e dell’insegnante che sostituisce, oppure capiscono che sia più bravo di quello che hanno e allora va tutto in rovina.
Louis sa che non dovrebbe pensarlo, per tanti anni prima della cattedra è stato di supplenza e ha sempre provato a farsi apprezzare, anche se con le ultime classi è sempre difficile. Perciò sa che probabilmente ha destabilizzato tanti bambini che sognavano di averlo al posto dell’insegnante di cattedra.
<<Il. Cielo. Si. Apre. All’arcobaleno>> sillaba tornando a guardare le loro teste chine, qualcuno più in panico di altri per essersi preso qualche parola. Sorride sedendosi sulla scrivania, ciondolando le gambe, <<Arcobaleno…punto a capo>>, gli piace il suo lavoro, non lo cambierebbe con altro al mondo e spera sempre di piacere ai suoi alunni. Qualsiasi scelta che loro facciano è fonte del loro pensiero e Louis sa che i primi maestri sono importanti, ti danno le basi insieme ai tuoi genitori e molti bambini si affezionano. Non sempre è un bene, a volte alla famiglia non piace quell’attaccamento per questo cerca sempre di limitarsi al suo lavoro e un sorriso confidenziale.
<<Tina. Bagna. I. Fiori. Dentro. Casa>> allunga guardando distrattamente l’immagine del libro.
Fare un dettato è molto noioso per un maestro, si addormenterebbe sicuramente se qualcuno gli dettasse qualcosa di simile a rilento. I bambini probabilmente le vedono solo come frasi, non come un testo che ha un significato quindi questo lo annoia maggiormente ma resta concentrato <<Tina. Bagna. I. Fiori. Dentro. Casa, virgola, sua. Sorella. Sara. Legge. Sulla. Poltrona>> annuisce piano a ogni parola, come a voler terminare prima ma mancano ancora tre righe, tre lunghe righe…
Sa che le loro manine iniziano a essere stanche, mancano dieci minuti alla campanella quindi decide di chiudere lì per quel giorno <<Sua. Sorella. Sara. Legge. Sulla. Poltrona, virgola. Alle. Tre. Escono. A. Giocare>> chiude il libro posandolo dietro di sé, le mani ricadono sulle sue cosce e sorride a chi finisce per primo e lo guarda in attesa.
<<Alle. Tre. Escono. A. Giocare, punto e stop>> annuncia e tutti sospirano tirandosi indietro sulla sedia, guardando subito il foglio del compagno più vicino a loro.
<<Ve lo rileggo>> riprende il libro leggendo piano ma non lentamente, terminando qualche minuto prima che suoni <<Potete ritirare dopo aver consegnato>> annuncia afferrando il proprio zaino e mettendo in ordine le sue cose.
Quando suona Louis ha un ammasso di fogli sulla scrivania e tutti i bambini stanno urlando per uscire, gl’impermeabili addosso e gli ombrelli che si aprono e chiudono.
<<Ehi, ehi! Con calma>> li richiama prendendo il suo ombrello scuro e mettendosi in punta alla fila. Cammina verso l’uscita, spingendo le porte antipanico e arrivando in cortile, alla prima pozzanghera sente i calzini dentro le vans riempirsi d’acqua e sospira rabbrividendo al freddo mentre si sporge ad aprire il cancello osservandoli uscire tutti, ovviamente correndo e schizzandolo.
Quando torna dentro le sue scarpe scivolano con un rumore stridente e svelto rientra in classe riordinando tutti i fogli dentro la solita cartellina rossa, apposta per la seconda A, e successivamente infila la giacca riprendendo l’ombrello. Quando esce con lo zaino in spalla salutando chi resta cerca Niall con lo sguardo, il quale però non sembra esserci quindi Louis ritarda il discorso scuola per quando sarà Liam a chiedergli della sua giornata ed esce in cerca della macchina.
Non vede l’ora di arrivare a casa, e così pensa mentre accende la macchina e scrive a Niall, professore delle medie nonché il piano di sopra, che ha già staccato. Quando mette in moto abbassando il freno a mano la radio si accende, scaldando l’abitacolo con le note tiepide di Feeling Good di Bublé, e resta a canticchiarla per tutto il tragitto.
Arriva nella sua via e cerca di parcheggiare il più vicino casa possibile, con l’unica soluzione del marciapiede di fronte il cancello. Scende con lo zaino in spalla e l’ombrello in mano e fruga tra le chiavi riuscendo ad entrare in giardino e dirigersi fino alla porta principale, lasciando l’ombrello fuori. Una volta nel calduccio di casa sospira scrollandosi la pioggia di dosso e sfilando il cappotto che appende, mentre sta sfilando le scarpe Liam si affaccia dalla camera, il naso rosso e gli occhi appena lucidi a causa del raffreddore.
<<Ehi, preso tanta acqua?>> chiede avvicinandosi e Louis sospira osservando i propri calzini fradici <<Dovrò mettere le scarpe sul termosifone…>>
Liam ridacchia afferrandole <<Quante volte ti ho detto di prenderti degli anfibi>> mormora e Louis alza gli occhi al cielo <<Mi stanno scomodi>> dice andando in cucina in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti per merenda, lui compra una caterva di dolci e puntualmente Liam gli ricorda che potrebbe stare male se va avanti così.
Quindi quando il suo ragazzo lo vede sgranocchiare i biscotti al cioccolato glassati sospira soffiandosi il naso, poi gli va vicino e si appoggia al tavolo <<Louis, se ti venisse il diabete->>
<<Sì lo so Liam, ma sono sano come un pesce, esistono le persone che stanno bene anche se mangiano sai?>> sorride chinandosi a baciarlo a stampo <<Ora vado a farmi un bagno>> annuncia lasciando lì la scatola e Liam s’imbroncia leggermente, seccato dall’essere malato e non poter scambiare troppa vicinanza con Louis.
D’altronde non vuole farlo ammalare.
<<A proposito,>> si sente poi chiedere da Louis, che si sta spogliando preparando anche l’acqua <<Hai chiesto le ferie alla fine?>>
<<Sì, ma mi hanno dato solo dal venticinque all’uno>> dice affacciandosi in bagno mentre Louis s’immerge sospirando di piacere alla calda sensazione <<Solo? Sono comunque sette giorni>>
<<Sì ma volevo stare con te per il tuo compleanno>> sbuffa sedendosi sul tappetino davanti alla vasca e Louis sorride appoggiando il capo alle mattonelle <<Puoi sempre stare con me quella sera Lee, e poi non pensarci troppo. Manca ancora un sacco>> scaccia via il pensiero con la mano e Liam abbassa lo sguardo mordicchiandosi una guancia.
Un altro pensiero gli preme e vorrebbe parlargliene ma sa che la cosa rattristi molto Louis perché sono due anni che ne parlano ma ancora non hanno trovato soluzione.
<<Stai bene?>>
<<Mh? Sì, sì>> annuisce sorridendogli leggermente e Louis nega <<Non è vero, ti sei fatto silenzioso tutt’un tratto>> sguazza le dita tra la schiuma adocchiandolo <<Dimmi cosa c’è>>
<<Niente Lou, pensavo in generale>> scrolla le spalle alzandosi con un sorriso nuovo <<Tu, non entrare in cucina per le prossime ore!>> lo punta <<Capito?>>
Louis sorride ricordando la cena promessa e annuisce <<Mh mh>> quando Liam si chiude la porta alle spalle c’è una grande differenza fra entrambi.
Louis resta allegro a farsi il suo bagno e Liam invece si appiattisce contro il tavolo da pranzo sbuffando. Non è che ce l’abbia con Louis perché non vede bene attraverso i suoi occhi tristi, Louis è il miglior compagno che potesse mai chiedere, il problema è che a volte sembrano non volere le stesse cose.
Stanno insieme da anni, alcuni dei quali passati al college e sono andati a convivere già da tre. Da due si sono accorti di volere qualcosa in più, il matrimonio non è mai stata un’emergenza per loro, anche se più volte Louis gli ha ricordato che se gli succedesse qualcosa non potrebbe sapere nulla data l’assenza del vincolo. Il primo a pensare a qualcosa di maggiormente legabile è stato proprio Liam; un giorno, uscendo dalla sede bancaria in cui lavora, si era fermato a mangiare pranzo al parco pubblico, osservando l’effetto della primavera sulla gente e d’improvviso gli era parso di vedere solo una cosa: gravidanze.
Non ci aveva mai fatto caso ma in quel parco con il bel tempo ci andavano un sacco di coppie, donne che facevano yoga e c’erano anche i giochi per i bambini. Ed è proprio su questi che Liam si soffermò quel giorno, il panino raffreddato in mano e la bocca leggermente schiusa, come se fosse stato colpito da chissà quale lampo di genio.
Era tornato a casa felice ed eccitato della proposta, avere dei figli è un gran passo e sa che Louis può averne, gli ha parlato di alcune visite che sua madre gli aveva fatto fare per evenienza considerando alcuni eventi strani della sua adolescenza, arrivando alla conclusione che fosse fertile, così come molti altri al mondo. Il problema non arrivò quando ne parlarono, perché anche il liscio era emozionato di poter dare una svolta alla sua vita, bensì mesi e mesi dopo quando Louis si accorse che, preservativo o meno non stava funzionando.
Si era andato a far vedere, entrambi avevano pensato che magari non fosse fertile come detto, ma il suo cuore si era stretto quando il dottore aveva negato, <<Lei è sano come un pesce signor Tomlinson,>> aveva detto <<Può benissimo portare avanti una gravidanza, piuttosto è sicuro che il suo compagno non abbia qualcosa?>> e Louis aveva negato <<Non che io sappia…>>
<<Forse converrebbe fare dei test. Possiamo prenotarli per qualsiasi giorno, se è d’accordo>>
La sera stessa Louis ne aveva parlato con Liam, il quale si era agitato tutta la settimana pensando di avere chissà cosa ma i risultati erano stati molto più semplice.
Le analisi parlavano chiaro, così come la scritta a computer presente sul foglio bianco.Nota al risultato dello spermiogramma: STERILE
Per Louis era stata una resa difficile da affrontare ma per Liam una vera e propria caduta in discesa e senza protezioni. Era stato un anno duro quello, litigi, silenzi, Liam che sosteneva che potesse trovare di meglio, che un uomo fertile non se ne sarebbe fatto niente di uno come lui e Louis aveva provato sul serio a fargli cambiare idea sull’adozione ma niente, Liam voleva un figlio suo, punto e basta.
E sapeva anche quale fosse la soluzione, andare in uno di quei centri specializzati in fecondazione, scegliere il catalogo dell’uomo che gli somigliasse di più e chiedere a Louis di farsi fare l’inseminazione artificiale. Però, mentre entrambi ci avevano pensato senza mai parlarne a voce alta Liam era quello più certo che nessuno spermatozoo sarebbe mai stato dentro Louis che avrebbe dovuto portare in grembo il bambino di qualcun altro. Assolutamente no.
Liam era sterile e voleva un figlio con il proprio patrimonio genetico, punto.
Per questo, anche quel giorno che è rimasto a casa a deprimersi un po’ di più, ci ha pensato a fondo giungendo a una soluzione che non gli sembra il massimo…però in qualche modo lo rassicura.
Giocherella con il bracciale al polso che Louis gli ha regalato anni prima mentre guarda il pollo in forno cuocere e apparecchia distrattamente.
Non è una scelta propriamente accertata e giusta, non sa come Louis la prenderà, sono giorni che ci pensa e ci riflette sentendo che sia l’ultima chance. La sua ultima costa d’approdo, l’ultima strada libera da prendere, l’unica via liscia per cui potesse chiudere un occhio, se proprio il figlio non sarebbe stato suo.
Quando Louis giunge in cucina, senza nessun pensiero negativo per la testa, e vede la serata romantica che gli si prospetta davanti, non pensa minimamente che Liam abbia una notizia bomba da sganciare.Si, di questa invece sono piuttosto soddisfatta perciò spero che piaccia anche a voi e vi lascio alla lettura❤
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I'm Having Your Baby, It's None Of Your Business
FanfictionLiam e Louis sono una coppia solida da ben cinque anni. Si sono frequentati per tutto il periodo universitario fino a decidere di trasferirsi insieme a Manchester dove ora il primo lavora come banchiere e il secondo è un insegnante delle elementari...