CAPITOLO 8

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GIULIA

Sento il bisogno di prendere una boccata d'aria, devo abituarmi alla sua presenza, non posso sempre ridurmi così, dico a me stessa, mentre esco sul retro sedendomi a terra aspettando di trovare il coraggio per rientrare e continuare ad essere la solita me. Respiro profondamente persa nel vuoto che sento dentro quando la porta si apre e due gambe lunghe si piazzano davanti a me. Si siede e so che mi guarda ma io tengo gli occhi fissi su quelle maledette ciabatte che porta ovunque. È da quasi un anno che non stiamo così, prima lo facevamo spesso. Uscivamo di fuori noi due a chiacchierare, scordarci un po' del mondo e restare soli con le nostre emozioni, paure, incertezze. Un brivido mi percorre la schiena e decido di provare a guardarlo. Alzo gli occhi con la testa appoggiata alle ginocchia, è seduto con una postura aggressivamente sbagliata e in un mano arrotola una ciocca dei suoi capelli. È bello, sembra cresciuto ed ha lo sguardo un po' stanco, forse meno vivace di come lo ricordavo, ma è sempre lui.
-Non dovevi uscire a cercarmi- gli dico tranquilla cercando di alzarmi per tornare dentro, non saprei davvero cosa dirgli.
-Ti ho vista uscire e le mie gambe si sono mosse da sole, fatico ancora a starti lontano- ammette come nulla fosse ed io lo guardo scioccata. Si alza e mi viene incontro, torreggia su di me ma si tiene un po' a distanza così da costringermi a torcere il collo per guardarlo negli occhi.
-Come stai?- gli chiedo d'istinto, lo vedo dimagrito e stremato, chissà quanto saranno stati duri questi mesi per lui. -Ora che sono tornato a lavorare sinceramente meglio, mi piace avere la testa occupata- -Lo capisco, credimi- rispondo sincera. Nei mesi in cui siamo stati divisi non facevo altro che stare in sala, tanto che dovevano trascinarmi fuori per i pasti o per farmi tornare a casa finite le prove. Ho ballato tutto ciò che mi era possibile, non volevo perdermi nei pensieri, ogni secondo doveva essere occupato, sfruttato a pieno. Sangio mi fissa e sembra voglia dire qualcosa ma poi senza esitare minimamente si avvicina a me quasi azzerando la distanza tra noi.

SANGIOVANNI

Mi avvicino a lei o meglio è il mio corpo farlo per me, i miei tic alle mani sono sempre presenti e penso di star facendo un grande errore mentre alzo una mano e lentamente la avvicino al suo viso. Le sistemo una ciocca di capelli come facevo sempre, mi viene del tutto naturale, come non fossimo stati distanti per mesi e mesi. -Scusa- le sussurro sincero -Oh non c'è problema- mi risponde lei e mi accorgo che è arrossita, a parte il casino che ci portiamo dietro è tutto come prima. Le nostre anime comunicano, legate da un qualcosa di più forte di scelte o rancori e si capiscono, sempre.
-No, scusa per tutto- ripeto e so che lei capisce. Vedo i suoi occhi inumidirsi e mi chiedo come si possa ferire qualcuno così puro.
Quando ami una persona, di colpo sei felice e un attimo dopo ti crolla il mondo addosso. Ami così tanto da essere felice grazie alla felicità altrui e quando vedi che questa inizia a cedere sprofondi nell'abisso che è il volere di più, sempre di più per coloro che ami. Ai tempi pensavo che lei dovesse crescere e che per farlo avesse capito di doversi allontanare da me. Se il suo di più era lontano da noi ero in grado di accettarlo, pensavo. Pensavo anche fosse la cosa giusta eppure, ora la vedo, così piccola e così forte mentre trattiene le lacrime... vorrei averla vicina per sempre.
- Scusami tu, non so cosa dirti, non voglio vederti soffrire per ... - capisco cosa voglia dire e la precedo - Prova a dire "una come me" e mi metto a urlare, te lo giuro Giulia- il suo nome mi esce spontaneo dalle labbra, non mi piace vederla insicura e lei lo sa bene. La osservo mentre un brivido le percorre la schiena e lei cerca di nasconderlo abbozzando un sorriso - Io voglio solo che tu stia bene, come ci eravamo promessi- pronuncia questa frase sussurrando mentre si gira per aprire la porta intenta a rientrare. Ripenso alle nostre promesse,
a quella mia promessa scritta sul diario "qualsiasi cosa succeda, ci sarai sempre per me?" "Si" il mio cuore salta un battito, o forse una decina, e le lacrime arrivano veloci ai miei occhi. Ero ferito ma dovevo esserci per lei, lei doveva avere quel di più. Credo che lei pensi la stessa cosa per quanto riguarda me e mi distrugge sapere che il nostro dolore sia esattamente il dolore dell'altro. Supero la porta e la seguo in corridoio, ci avviciniamo alla stanza dove gli altri ci aspettano chiedendosi probabilmente dove siamo andati a finire, tento invano di asciugarmi gli occhi. All'improvviso la sua mano mi accarezza la guancia in mezzo a quelle lacrime per me così rare che non hanno la minima intenzione di fermarsi. Si prende una parte del mio dolore e mi guarda triste, credo sia delusa da noi. Non eravamo mai stati tanto distrutti, e la parte peggiore è che la causa di questo dolore siamo noi.

NOI CHE SIAMO D'ISTANTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora