Capitolo 9 - Zombie

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"Another head hangs slowly,
child is slowly taken ...
and the violence caused such silence
who are we mistaken?".

La mia canzone preferita mi diede il buongiorno. Guardai la radiosveglia: erano le sette. Scelsi un paio di vestiti da indossare e mi diressi verso il bagno (il mio bagno!). La prima doccia nella nuova casa fu più lunga del previsto. Avevo intenzione di godermi appieno il nuovo bagno tutto mio, e così feci. Mentre mi sciacquavo i capelli, non potei fare a meno di pensare alle parole di "Let it be" scritte sul foglietto nel davanzale della mia finestra.

"Benché essi siano separati,ci sarà sempre una possibilità che loro vedranno ...".

Cavolo, Giacomo doveva essere proprio cotto di me. E forse pensava che anche io, nel profondo, fossi perdutamente innamorata di lui. Che brutta situazione ... quando non ricambi l'amore di qualcuno, è quasi più difficile per te farglielo capire che per lui sentirselo dire.

Specie se quel lui ha un disturbo dissociativo d'identità e potrebbe perdere il controllo da un momento all'altro.

Altro che Edward Cullen, pensai amaramente. Bella poteva pure lamentarsi del suo lui, ma il disturbo di Giacomo era decisamente più temibile che avere a che fare con un vampiro vegetariano buono e inoffensivo, per giunta con i modi di un signorino dei primi del Novecento.

«Mely, sono quasi le sette e mezza».

Era mio padre.

«Ho quasi finito!» mentii.

Stavo diventando brava con le bugie. Un corso accelerato di spionaggio e avrei potuto fare l'agente segreto. Il tempo di asciugarmi i capelli ed ero già in cucina.

«A qualcuno piace fin troppo la sensazione di avere un bagno tutto per sé» osservò mia madre, porgendomi il pacco di cereali.

«Potrei abituarmici, in effetti» risi.

Tra lei e mio padre doveva essere successo qualcosa la sera prima: notai che evitavano di guardarsi in faccia.

«Allora, come è andata ieri sera a cena?» domandai, improvvisando un tono neutro.

«Benissimo, cara» si limitò a rispondere mia madre.

«Certo, benissimo. Abbiamo imparato a memoria tutte le malattie della vicina, ma è andata comunque benissimo» intervenne mio padre.

Ed ebbi la certezza che avevano litigato.

«Anche Davide si è divertito» puntualizzò mia mamma.

Avevo seri dubbi che fosse vero, conoscendo mio fratello da (ahimè) ormai molti anni.

Finimmo la colazione in silenzio e mio padre ci accompagnò a scuola.

«Vai piano» furono le uniche parole che gli disse la mamma.

Dovevano aver litigato seriamente, visto che di solito al mattino si baciavano come minimo tre volte, prima di uscire di casa.

«Melissa».

Eravamo quasi arrivati a scuola, quando mio padre si rivolse a me.

«Non mi piacciono i nuovi vicini».

Davide era già sceso da un paio di minuti.

«Ok» fu la mia risposta.

Non capivo cosa volesse da me.

«La signora Dorotea è strana. E suo nipote ... bè, strano è un eufemismo, rivolto a lui».

Capii dove voleva arrivare.

Il mistero della casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora