Capitolo 13 - Presunzione di innocenza

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<< Papà, finalmente! Ci hai fatti preoccupare >>.

Erano quasi le nove di sera quando mio padre rientrò a casa. Scese dalla macchina senza dire nulla, con un'aria stanca e un'espressione avvilita sul volto. Conoscevo quell'espressione, l'avevo vista centinaia di sere sul viso di Giada: aveva bevuto. La puzza di alcol sui suoi vestiti mi diede la conferma definitiva; ero certa che fosse ubriaco. Ma come era possibile? Lui che, come me, aveva sempre detto di essere astemio? Non ci potevo credere, no.

<< Dove sei stato fino a quest'ora? >> gli chiesi.

Mi rivolse un'espressione a metà tra il confuso e l' irritato.

<< Chi è quest'uomo? >> esclamò infine, indicando il padre di Giacomo.

Ovviamente non avevo alcuna intenzione di specificare i suoi rapporti di parentela, ci mancava solo quello per far perdere il controllo a mio papà.

<< Un nostro vicino, il signor ... >> iniziai, rendendomi conto di non sapere il suo nome.

<< ... Ariosto. Luca Ariosto >> completò lui, venendomi in aiuto.

Ariosto ... così era quello il cognome di Giacomo. Era così ... letterario.

<< Piacere, Edoardo Martini >> si presentò mio padre, porgendogli la mano.

Notai che faticava a pronunciare il suo nome, e barcollava vistosamente.

<< Papà, perché non entri in casa? Mamma ha lasciato la cena da riscaldare nel forno a microonde >> gli dissi, sperando di convincerlo.

Mi guardò nuovamente con quella sua aria confusa. Faticavo a riconoscere mio padre dietro quegli occhi vitrei, così freddi ed inespressivi. Non l'avevo mai visto in quello stato, in diciotto anni di vita, e mi faceva molta pena.

<< Tua madre ha lasciato la cena ... beh, sarà meglio entrare >> dichiarò, salutando il vicino.

Lo guardai allontanarsi con passo incerto verso il portone. In quello stesso momento, mi squillò il cellulare.

<< Pronto? >>.

Era mia mamma.

<< Ciao, Mely, menomale che almeno qualcuno risponde. E' da venti minuti che chiamo tuo padre e Davide >>.

<< Davide è sotto la doccia, mamma. Papà ... deve aver lasciato il cellulare in macchina >>.

Preferii non specificarle che sembrava ubriaco fradicio.

<< Ok ... dovresti dirgli di venirmi a prendere dalla nonna. A quanto pare, non ci sono autobus diretti al nostro nuovo quartiere dopo le otto di sera >>.

Cavolo, e adesso che cosa avrei potuto dirle? Optai per la verità.

<< Mamma >> iniziai, allontanandomi dal padre di Giacomo e abbassando la voce in modo che non mi sentisse. << Credo che papà abbia bevuto >>.

Silenzio.

<< Sei sicura? >> mi chiese.

Non sembrava stupita, almeno non quanto lo ero io.

<< Credo proprio di sì. Balbetta, barcolla e ... puzza di birra >>.

<< Ok >>.

Ok?

<< Mamma, hai capito? >>.

Non potevo credere che la sua risposta fosse così laconica. Ne aveva semplicemente preso atto, e non era proprio da lei.

Il mistero della casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora