Cap.1

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Pov.Deku

Posai i panni, finalmente puliti, ad asciugare e sospirai portandomi una mano alla fronte per asciugare una gocciolina di sudore. Era stata una giornata pesante, lavorare con questo caldo non è il massimo e il principe Todoroki, essendo occupato tutto il giorno, mi ha dato molti lavori da sbrigare per lui. Ero distrutto, ed erano le sei; Sospirai e mi rimboccai le maniche iniziando a camminare verso la cucina. Salì la scalinata di fronte alla porta ed entrai nel castello, camminando per i corridoi fino ad arrivare alla cucina. Controllai il frigo, decisi il menù e lo mostrai ai cuochi per iniziare a prepararlo con il mio aiuto. C'era sempre molto lavoro da fare, ma non potevo certo lamentarmene; Ogni volta che pensavo di essere arrivato allo stremo, mi ricordavo di come, se non fosse stato per il principe Todoroki, a quest'ora sarei morto. Lui mi aveva salvato ed ero grato per questo, tutto accadde qualche anno fa al mio villaggio. Avevo 14 anni e vivevo da solo con mio padre. Mia madre, Inko Midoriya, era morta quando ero piccolo, ma non di morte naturale. Mio padre (ogni volta che lo chiamo così, mi viene un conato di vomito) era un'alcolizzato. Ogni giorno era a casa ubriaco, ed era violento; Mi picchiava spesso, ogni volta che mi vedeva, perchè io sono colui che gli ha rovinato la vita. Quell'uomo era un donnaiolo, ma un giorno qualcosa non andò secondo i piani e mia madre rimase incinta di me. Mio padre, il cui nome è Hisashi Midoriya, ha sempre vissuto sull'opinione degli altri; Era visto da tutti di buon occhio, come un nobile in mezzo ai poveri e un' amante della famiglia. Mi ha sempre disgustato. Quell'uomo faceva schifo a livelli estremi, ma io avevo troppa paura per reagire ai suoi abusi, mi terrorizzava e terrorizza tutt'ora. Quel giorno, quando tornò a casa da una brutta giornata lavorativa, mi vide che provavo a nascondermi dietro il muro di casa e mi fece segno di avvicinarmi. Non volevo dargli retta, cercai qualsiasi cosa intorno a me che potesse tornarmi utile, ma non c'era nulla a parte un vaso su un mobile. Spazientito, si alzò e si avvicinò per prendermi, ma prima che potesse afferrarmi mi scansai prendendo il vaso e lanciandoglielo contro chiudendo gli occhi. Sentì un tonfo e rumore di cocci a terra; Il vaso si era rotto, così come la testa di mio padre. Lo avevo colpito sulla fronte e gli colava il sangue dalla parte sinistra della testa, urlò di dolore e iniziai a tremare realizzando l'errore che avevo fatto. Provai a scappare verso la porta, ma lo sentì afferrarmi per il colletto della camicia bianca. Mi strattonò indietro, facendomi cadere a terra e mi prese il volto stringendolo con forza, così che potessi guardarlo negli occhi. Iniziai a piangere e singhiozzare, <Pensi che ti lascerò andare dopo questo bastardo?> mi minacciò. Per pochi secondi il mio cuore smise di battere, finchè non mi lanciò a terra facendomi sbattere la testa e iniziò a tirarmi calci ovunque: Nella pancia, sulle gambe, sulla schiena e sulle mani con cui provavo a coprirmi la testa ormai sanguinante. Continuò a picchiarmi per minuti interminabili, non curandosi del sangue, dei lividi o delle lacrime e i singhiozzi con cui mi stavo strozzando per non urlare. Il mio corpo chiedeva pietà, tutto bruciava e annaspavo per prendere aria, finchè non mi tirò un calcio ben assestato nello stomaco, facendomi sputare saliva e sangue a terra sporcando il pavimento e senza fermarsi mi diede un calcio sull'occhio sinistro. Il mio respiro, già irregolare, si dimezzò e pensai fosse la volta buona che mi avesse rotto un osso particolarmente importante. Mi ritrovai a sperare colpisse qualcosa di vitale, talmente forte da tramortirmi e uccidermi sul posto, ma non accadde. Si fermò appena vide che mi muovevo a fatica e avevo smesso di coprirmi il volto, pensai fosse finita lì, ma si avvicinò e sorrise. <Chissà se posso usarti finalmente a qualcosa> sussurrò vicino il mio orecchio. Mi strattonò i capelli, facendomi sussultare e cacciare un urlo per il dolore sul corpo. Mi mise seduto a terra e mi baciò violentemente, ficcando la sua lingua della mia gola e sporcandomi di saliva la faccia. Mi veniva da vomitare, perchè non si spostava? Non sentiva l'odore di sangue che aveva causato?

Levati

Levati!

LEVATI!

Lo spinsi sul petto con le ultime forze che mi rimanevo, si spostò dalla mia bocca, ma non riuscì a muoverlo di un centimetro. Sentì le forze mancarmi e inizia a vedere sfocato; Hisashi mi abbassò i pantaloni, poi l'intimo e capì subito dove volesse andare a parare. Posai una mano tremante sulla sua, guardandolo supplicante con l'unico occhio buono che mi era rimasto. Scansò la mia mano dal suo corpo con disgusto e si abbassò i pantaloni, lasciando scoperto il suo membro eretto. Non avevo più forza di muovermi, non volevo mi toccasse, non volevo davvero, ma non avevo la forza o il coraggio per oppormi. Mi spinse con la schiena al muro e mi penetrò violentemente facendomi urlare; Continuò con le spinte per ore, appena veniva dentro di me, mi guardava, riprendeva fiato, sorrideva e ricominciava. Gli piaceva vedermi soffrire, tanto che appena notò il sangue fuoriuscire dalla mia entrata, andò più veloce e forte con le spinte. Pensai volesse veramente uccidermi, iniziai a sentire freddo, finchè non sentì la porta aprirsi e richiudersi poco dopo e mia madre urlò terrorizzata. Hisashi si staccò finalmente da me, che stavo perdendo conoscenza, e andò verso mia madre provando a fermare la sua fuga. Arrivò in tempo, vidi delle figure sfocate, ma distinguevo quello che credevo fosse mio padre, sbattè la testa di mia madre contro il muro più volte. Ero a terra, non riuscivo a muovermi, piangevo e tremavo finchè non vidi mio padre fermarsi tremante e mia madre cadere al suolo. Mi rilassai vedendo come la avesse lasciata stare e mi abbandonai alla sensazione di freddo che sentivo, svendendo. 

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