pioggia

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I giorni che seguirono, furono quelli che annunciavano un inverno terribilmente freddo. Yoongi continuava a lavorare al Kobi's e i suoi rapporti con la proprietaria stavano migliorando, in quanto la donna aveva simpatia per chiunque riuscisse a sopportarla per più di due settimane. Era una costante prova di resistenza stare per tante ore con quella donna, i suoi figli lo sapevano, e quando vennero a sapere che Yoongi lavorava lì da quasi due mesi, si inchinarono a lui facendogli i complimenti e le condoglianze allo stesso tempo.

Le pozzanghere per le strade si fecero più frequenti, ormai era quasi impossibile non metterci un piede dentro. Le precipitazioni quasi giornaliere avevano costretto i negozietti a mettere delle tettoie. Anche le giornate erano diventate più corte e i bambini smettevano di giocare nei parchi non appena tramontava il sole, sotto le urla delle madri che si affacciavano dalle case. Gli unici che non avevano cambiato la loro routine erano i vecchietti e i ragazzi che facevano le feste il weekend.

Yoongi si stava dirigendo proprio da loro, con una dozzina di birre nel portapacchi del motorino. Era la consegna che lo seccava di più, e pensare che due anni prima, niente di tutto quello succedeva. La casa era abitata da una donna tanto tranquilla, che però aveva deciso di ospitare anche quello scapestrato di suo figlio.

Yoongi suonò il campanello e alla porta si presentò il solito ragazzo dai capelli castani e le pupille leggermente dilatate. In mano aveva una sigaretta accesa che perdeva tabacco. I lineamenti erano quelli di un fanciullo. Era lui che organizzava quelle feste, a cui lui non era mai stato (fortunatamente) invitato.

«Grazie.»  disse il ragazzo, mostrando i denti che assomigliavano a quelli di un coniglio. Yoongi si sforzò di non manifestare la propria antipatia.

Proprio nel momento in cui aveva preso i soldi, diverse gocce precipitarono su di lui e bagnarono anche le banconote. Quella doveva essere la sua ultima consegna, quindi poteva tornarsene a casa, ma qualcuno non aveva ordinato la cena e lui non poteva dormirci sopra.

[...]

Jimin contemplava il frigo aperto da una buona mezz'ora, ascoltando distrattamente il rumore delle gocce d'acqua che si infrangevano sui vetri. Il suo stomaco brontolò per incoraggiarlo a darsi una mossa. Ma a Jimin serviva tempo per pianificare una strategia serena e sicura per cucinare un uovo senza mandare a fuoco la casa.

Quando mise un pentolino sui fornelli, qualcuno suonò il campanello. Jimin si staccò immediatamente dal piano da lavoro, grato di avere una scusa per togliersi da quella situazione pericolosa.

Andò ad aprire e si trovò davanti Yoongi, fradicio dalla testa ai piedi. Gocce di pioggia attraversavano la lunghezza dei suoi capelli, per poi cadere dalle punte. Il suo viso era bagnato come se avesse pianto, i vestiti si appiccicavano al suo corpo delineandole i muscoli. Dietro di lui, la pioggia batteva prepotentemente su qualsiasi cosa incontrasse.

In mano, una busta. Jimin pensò che forse era riuscito a sentire le sue preghiere.
Forse Yoongi era dio in persona.

«Tieni. E smettila di digiunare.»  disse, con un tono seccato che faceva trasparire un tremito di preoccupazione. Jimin prese la busta e ci sbirciò dentro. Kimchi e pollo fritto, i suoi cibi preferiti per il sabato sera. Doveva essere per forza una coincidenza, Yoongi non avrebbe potuto ricordarsi un dettaglio del genere.

A Yoongi bastò la faccia incredula e commossa di Jimin, quindi si girò per andarsene. L'altro ragazzo distolse l'attenzione dal cibo e si affrettò a prendergli la manica bagnata. Yoongi si pietrificò all'istante e gli rivolse un'occhiata. Jimin dimenticò l'imbarazzo di quel gesto.

«Dove vai così? Sei fradicio e se esci ti prendi una polmonite.»  In effetti i brividi di freddo avevano già cominciato a tormentare Yoongi, dalla pelle fino alle ossa. Non aveva altro che una felpa aperta e una maglietta. Jimin si spostò dalla porta e fece qualche passo dentro l'appartamento.

«Su, entra e asciugati. Resta qui fino a che non smette.»  Yoongi aprì la bocca a vuoto. Non sapevano quando avrebbe smesso di diluviare. Mentre entrava e si toglieva le scarpe, Yoongi si diede del pervertito quando desiderò che non smettesse mai di piovere.

L'angolo cottura e il salone gli erano familiari, ma non era mai andato oltre al corridoio, dove presumeva ci fosse il bagno e la camera da letto. Il parquet era tiepido e la luce calda rendeva l'atmosfera più accogliente. Un sogno.

«Il bagno è infondo a destra. Puoi farti la doccia, ci sono degli asciugamani in più.»  Yoongi sollevò le sopracciglia e per un po' non si mosse.

«Mi hai pagato la cena, è il minimo.» 

Il bagno era piccolo, con poche cose in giro, ma quello che colpì Yoongi fu sentire l'odore di Jimin in tutta la camera. Mentre si spogliava per entrare in doccia, si mise una mano in faccia per alleviare il calore che sentiva all'altezza delle guance. Sarebbe stata dura.

Allo stesso modo, Jimin si ritrovò a fissare la porta del bagno, in piedi come un'idiota. D'un tratto sentì il rumore dell'acqua della doccia e diede le spalle al corridoio. La sua mente non poté evitare di fantasticare.

"Non solo il tipo da andarci piano". Jimin si diede due potenti schiaffi sulle guance e il gatto sobbalzò spaventato. Perché gli stava venendo in mente ora?

Yoongi uscì dalla doccia dopo un quarto d'ora, con un accappatoio e i capelli semi-asciutti. I suoi vestiti erano sul termosifone ad asciugare. Incrociò gli occhi di Jimin, che se ne stava seduto sul divano, con il gatto poggiato sulle sue gambe elegantemente accavallate.

Poi guardò la finestra.

Pioveva ancora.

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