ladro

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Il paesaggio di campagna si rifletteva sui finestrini dell'autobus. Jimin guardava le curve della strada, mentre lo zaino che teneva sulle gambe sobbalzava ad ogni scossone. Era pomeriggio, il cielo leggermente nuvoloso, e lui stava tornando da una giornata di studi individuali all'università. L'inizio della settimana era cominciata con molti pensieri che avevano acquistato numerosità man mano che le ore passavano. Taehyung se ne era accorto e si era fatto raccontare tutto nei minimi dettagli, tralasciando la materia a cui si stavano dedicando.

L'autobus stava entrando nel paesino. Anche in quel momento, Jimin si chiedeva se gli avvenimenti della scorsa notte erano solo un capriccio dell'alchool. Ma lui non era abbastanza ubriaco da scordarsi la morbidezza delle labbra di Yoongi, né tanto meno le sue mani che accarezzavano il suo corpo con lo stesso impeto con cui il suo profumo lo mandava in estasi.

Chiudendo gli occhi, gli sembrava di poter rivivere quel tepore. Il veicolo si fermò di fronte alla stazione e Jimin si alzò in piedi per raggiungere l'uscita, mettendosi lo zaino su una spalla. Nel farlo, andò a sbattere contro qualcuno che stava appena salendo sull'autobus.

La sua mente si alleggerì dai pensieri come un cielo che ritrova la serenità dopo la tempesta. Yoongi si era aggrappato al suo braccio per non cadere all'indietro dopo lo scontro. Anche lui era sorpreso di vederlo. Jimin lo aiutò a salire prima che si chiudessero le porte. Il suo cuore ebbe un sussulto quando vide la camicia nera aperta di tre bottoni sul davanti.

Sull'autobus non c'era molta gente, qualche ragazzo e diversi anziani che forse abitavano in dei villaggi all'antica ancora più lontani. Nonostante questo, restarono in piedi a guardarsi.

«Cosa ci fai qui? Non sei a lavoro?»

«Ho preso mezza giornata di ferie, volevo andare al cimitero.» rispose. La sua espressione lasciava capire che era stata una decisione sofferta, necessaria ma non piacevole. Gli era arrivata conferma poco prima che avevano messo appunto la postazione della tomba, mettendo la foto e piantato le aiuole, quindi si era sentito in dovere di farle visita.

Poi sembrò ricordarsi qualcosa.

«Non dovresti andare a casa?» Ormai le porte erano chiuse e i cambi di programma non erano tra le cose preferite di Jimin. Questo sorrise.

«Ti accompagno.»

«Sai, mia madre mi ha aiutato con le spese del motorino.» cominciò Yoongi, tra uno scosse a un altro dell'autobus.

«Avevo quindici anni, ero un vero teppistello.» A Jimin venne da sorridere. Se lo era immaginato. «Me lo diede bianco e io andai a rubare della vernice per dipingermelo di rosso. Rosso Mela.»

Jimin si mise a ridere dandogli del "piccolo ladruncolo" e Yoongi si girò a guardarlo. Lui avrebbe voluto dirgli, che era stato lui il ladro più abile di tutti. Gli aveva rubato il cuore e dipinto la vita senza il suo permesso.

«Senti, Yoongi...» lo chiamò.

«Voglio rimetterti in piedi l'umore e stasera ci saranno i fuochi d'artificio sul lago per la festa del paese.»

[...]

Non appena misero piede di nuovo nel paesino, i loro occhi vennero affascinati dalle numerose luci di colore rosso. Le lanterne di carta illuminavano le facciate dei negozi, anche il Kobi's aveva allestito delle lucine. Yoongi era tremendamente felice di non trovarsi lì quella sera. Sui balconi delle villette erano stati attaccati dei palloncini del medesimo colore e le donne sfilavano per i marciapiedi con deliziosi kimono color rubino.

Nell'aria risuonava la dolce musica di un flauto.

«Andiamo al lago! Tra poco si vedranno le lanterne!» gli disse Jimin, poi lo prese per un braccio per guidarlo. Yoongi lo seguì per tutto il tempo, nascondendo il proprio sorriso dietro le sue spalle. Scesero con attenzione la ripida discesa. Ad ogni passo, terra e sassolini scivolavano via. Dopo diverse scivolate, decisero che sarebbe stato più sicuro proseguire mano nella mano.

Quando arrivarono, i pescherecci stavano togliendo l'ancora che teneva le barche attaccate al suolo. Presto sarebbero salpate e raggiunto il centro del lago, per poi accendere quante più lanterne sarebbero bastate per dare una mano alle stelle ad illuminare il cielo.

Jimin trovò una panchina e fece pressione tra le loro mani ancora intrecciate, per condurlo fino a lì.

«La proprietaria del Kobi's sarà infuriata con te.»

«Ah, tranquillo. È l'ultima persona che occupa i miei pensieri al momento.»

Jimin rimase in silenzio, poi qualcosa si accese nei suoi occhi.

«E qual è la prima?»

Yoongi si girò a guardarlo. I suoi occhi percorsero il suo corpo due volte e poi sorrise.

«Tu che dici?» disse, gettando un'occhiata alle loro mani. Jimin strisciò via e poi assunse un sorrisino soddisfatto. Passarono un po' di minuti, prima che il castano decise di portarlo con sé, un'altra volta. Yoongi venne trascinato via dalla panchina e vide l'acqua del lago avvicinarsi sempre di più.

Quando riuscì a connettere, i suoi vestiti erano già fradici e il corpo immerso nell'acqua. I pesciolini nuotarono via, spaventati da quei due intrusi. Le onde cullavano i corpi di entrambi. Jimin cominciò a ridere per la sua faccia spaesata.

«Vieni qui, maledetto!» esclamò, senza riuscire a nascondere quella nota divertita nella sua voce. Jimin provò a scappare indietreggiando, con gli occhi fissi sulla figura di Yoongi che gli stava davanti. Gli ricordava un predatore.

E lui si sarebbe fatto catturare da lui. Anche se forse era sempre stato sotto il suo controllo.

Jimin rallentò e Yoongi gli andò sempre più vicino. La sua mano gli afferrò la spalla.

«Yoon...» non fece in tempo a chiamarlo che si trovava già sott'acqua. La musica divenne eco e improvvisamente tutto diventò silenzio. Delle bollicine gli uscirono dalla bocca. Era buio, ma quando aprì gli occhi, poté vedere la figura sfocata di Yoongi di fronte a lui.

I suoi capelli sembravano asciutti e danzavano senza gravità. Jimin volle toccarli e lo fece, così come Yoongi volle toccare le sue labbra.

E lo fece.

Con un colpo di fianchi azzerò la distanza che c'era tra loro. Morbide e delicate lo accolsero, in un incastro perfetto. Le mani di Yoongi andarono a cingere il suo corpo. Una mano dietro al collo e un'altra dietro la schiena, come per accertarsi che non potesse scappare. Per quanto gli piacesse essere legato a lui, Jimin sentì i polmoni bruciare e tornò in superficie.

Yoongi lo seguì subito dopo. I loro respiri affannosi furono l'unica cosa che sentirono, prima di urla e applausi. Alla loro destra, un esercito di lanterne rosse si innalzavano in cielo, rendendo il lago un riflesso di colori. Le fiamme le spinsero sempre più su, determinate a raggiungere la luna.

Yoongi stava per fare un commento, quando quella stessa morbidezza che aveva assaporato un'attimo prima gli accarezzò di nuovo le labbra. Jimin lo attirava a se, stringendo i suoi vestiti bagnati. Yoongi permise alle sue labbra di correre insieme a quelle di lui, in una danza di desiderio. Una volta, poi due e sempre di più. Bocche schiuse, incrociate, bagnate che nascondevano i gemiti e i sospiri, protagoniste di amore e di un piacere inebriante.

«Io...» ansimò Jimin «Io penso di amarti.» 

Yoongi andò ad accarezzargli la guancia dai riflessi accesi. Jimin sorrise, ma poi storse in naso. Finì in un acuto starnuto, seguito da un brivido. Il più grande si mise a ridere e l'altro si maledisse mentalmente.

«Andiamo a casa, non puoi ammalarti proprio adesso.»

Rosso MelaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora