Kapittel Tjuefire

172 14 3
                                    

Il liquido giallastro ondeggiava nella tazza a causa della mano tremolante di Thodis. Le sue mani erano pervase da crampi che le facevano sudare i palmi mettendo a rischio l'integrità del recipiente di ceramica che stentava a tenere tra le dita affusolate.

Nell'abitacolo ci fu un veloce scambio di sguardi tra il Waraji e Rikke, la quale lo esortò placidamente a prendere parola, socchiudendo poi gli occhi chiari e declinando il capo all'indietro in cerca di conforto dal morbido divano. La chioma bionda fragola della donna, una volta spumosa e profumata, era tirata in una capigliatura costretta e pregna dell'odore aspro di bruciato.

La sua povera bottega. La sua seconda casa. Era tutto perduto.

"Ne vuoi altra?", prese parola Njord guardando la mora dopo due flosci colpi di tosse.

Lei si risvegliò dai suoi pensieri e lo fissò qualche attimo, per poi negare impercettibilmente con il capo. L'uomo strinse le labbra e ripose il bollitore sul vecchio piano cottura della villetta.

La sera precedente Njord aveva congedato con serietà i suoi compagni rassicurandoli, mentre Rikke e sua nipote si erano sostenute a vicenda come due rami di gelsomino nel tragitto verso casa. Nessuna delle due aveva proferito parola, ma non si era reso necessario. Entrambe avevano percepito la frustrazione, il dolore e i dubbi che annebbiavano li cuore dell'altra.

Il caos aveva regnato padrone nelle loro anime.

Ciascuno di noi ha un certo grado di tolleranza rispetto all'incertezza. A partire da una certa soglia, il nostro cervello entra in "modalità d'allerta". Alla giovane parve quasi di sentire l'allarme azionarsi, uno di quelli che si vedono nei film d'azione.

Ognuno preferisce la stabilità ovviamente, sapere che quello che ci circonda e abbiamo oggi ci sarà anche nel nostro domani.

Tuttavia, la vita e il suo scorrere non corrispondono all'avanzare ritmico e perfetto di un orologio. L'imprevedibile e l'incontrollabile si trovano sempre dentro e attorno a noi.

Il caos è forse la spada del destino che può colpirci in qualsiasi momento? O magari quella farfalla che un momento vola negli Stati Uniti e poco più tardi arriva in Europa fattrice inconsapevole di uragano?

Forse tutto questo. Thodis non trovò una risposta chiara alle sue domande e onestamente avrebbe solo voluto agguantare la spina del suo cervello per sradicarla dalla presa della corrente e cadere nel buio dell'oblio. Le sarebbe bastato anche solo per qualche ora.

Rikke, sopraffatta dalla stanchezza, aveva avuto un mancamento alla gamba ed era incappata in una piccola buca che le era costata una storta alla caviglia. Il suo Waraji non aveva impiegato nulla a soccorrerla sollevandola fino alla soglia dell'abitazione. L'aveva adagiata con cura sul divano coprendola con una morbida coperta arancione che si trovava pazientemente piegata sul bracciolo del mobile. Le aveva sistemato meglio un cuscino dietro alla schiena e poi rivolse l'attenzione a lei.

La sua lei.

Riportando la sua attenzione al presente, Njord vide gli occhi diffidenti di Thodis osservarlo da sotto le ciglia nere. Bramava risposte che solo lui le avrebbe potuto dare. Il capobranco sospirò e si sedette con cautela accanto alla ragazza che sorseggiava la bevanda ormai fredda.

"Sai... io faccio parte di un gruppo, più che un gruppo sarebbe un branco"

"Sarebbe?", lo guardò scettica.

"È....è un branco", ribatte' lui più convinto, tacendo poi per alcuni secondi.

"Un branco di cosa?", sussurrò a malapena lei.

"Siamo guerrieri, guerrieri multiforme. Possediamo dei geni particolari", tentò lui.

"Parla chiaro. Che tipo di geni?"

Secreta SilvaeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora