19 La Cosa Peggiore

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Qualche giorno dopo, Katsuki tornò a scuola. Nessuno fece volare una parola nel vederlo con le stampelle.

All'intervallo, i suoi cosiddetti "amici" gli avevano chiesto come stava e se voleva andare con loro in mensa.
Non che non volesse, ma io sapevo bene che soffriva, ogni passo che faceva erano mille aghi che si infilavano nella sua testa e gambe provocando atroci dolori.

Alla fine si stancarono tutti di parlargli. Ogni tanto tornava a gridare come suo solito, ma nessuno lo temeva più. Per tutti loro adesso era solo un invalido dalla voce grossa.
Erano passati ormai diversi mesi. Un giorno stavo nei corridoi e sentii i soliti tre amici di kacchan, parlare di lui.

A1: Certo che adesso, Katsuki fa proprio pena. È così ridicolo.

A2: Izuku potrebbe approfittarne, adesso che non è più lo sfiato numero uno della classe, eppure gli sta ancora dietro come un cucciolo.

A3: Non riesco a capire il motivo, in fondo Katsuki lo ha sempre picchiato.

A2: Che ne sai tu? Magari a quello è così che piace essere trattato. E comunque meglio così, ci siamo levati due scocciature.

A3: Hai ragione, di bakugou non se ne poteva più, sempre ad atteggiarsi a "io sono il migliore", "io sarò l'eroe più Figo di tutti" mentre adesso avete sentito come piangeva?

A1: Ahahah! Sarà già tanto se non dovrà portare quei ferri per tutta la vita! In ogni caso ci potremo divertire noi ora.

Avevano detto che kacchan aveva pianto? Cosa gli avevano fatto?! Ero così infuriato che quando uscii loro si zittirono in mia presenza.

Izu: Dovè kacchan? Che gli avete fatto?!

A2: E-eddai izuku, calmati. Finalmente non ti darà più il tormento. Dovresti esserne felice, perché non vieni con noi la prossima volta, in fondo se lo merita.

Izu: Ho chiesto Dov'è!

Ero sul punto di attaccarli, penso di non aver mai fatto un'espressione così paurosa come quella volta. I loro volti sbiancarono e finalmente risposero alla mia domanda.

A2: Nei...bagni... Lo abbiamo chiuso lì

Corsi da lui.

Izu: Kacchan!

Kat: Izu... Aiuto...

Ruppi la porta e lo feci uscire. Era in iperventilazione non si calmava, sembrava che da un momento all'altro sarebbe svenuto o peggio. Ancora non lo sapevo, ma quello era stato il suo primo attacco di panico.

E sarà stato stupido o banale, ma ciò che mi venne in mente per aiutarlo funzionò. Avevo visto in un film una scena simile. In assenza di un sacchetto o una busta, il protagonista del film per regolare il respiro della ragazza l'aveva baciata. Feci lo stesso. Poco dopo, quando fui sicuro che il suo respiro fosse più regolare, lo presi e lo portai in infermeria. Spiegai la situazione omettendo il fattore bulli, perché solo io dovevo potermi occupare di loro. Gli avrei fatto pagare caro il loro errore.

Quello stesso giorno, papà ci accompagnò dal dottor zio. Questa volta c'eravamo tutti, i miei genitori e quelli di kacchan ed ovviamente anch'io. Dopo la visita lo zio volle parlare da solo ai nostri, quindi io tenni compagnia a kacchan in una saletta distante. Fu papà a spiegarmi i discorsi che avevano fatto.

Doc: È stato un attacco di panico.

Mit: Cosa?

Doc: Di solito vengono indotti da circostanze simili a quelle vissute in momenti di paura, con tutta probabilità, il fatto di essere rimasto chiuso in uno spazio ristretto e al buio, ha risvegliato il ricordo di quando è rimasto intrappolato nell'incidente.

prometto che sarò con te - MHADove le storie prendono vita. Scoprilo ora