SECRET LESSONS (ERERI)

DON'T TELL ME

"Allora, non mi vuoi proprio dire com'è stata la tua prima volta?"

Jean sussurrò sprezzante contro al viso di Eren. Era stata una sorpresa vedere l'amico
tornare il ventisei Dicembre. Eren era in casa ad annegare nelle proprie lacrime per il rifiuto bruciante di Levi quando Mikasa e Armin si erano presentati da lui con Jean al seguito. Il
quartetto si era ristabilito ala svelta e stando ai racconti di Jean non si sarebbe sciolto
tanto in fretta. Marco l'aveva lasciato dopo l'ennesima lite su come gestire le
cose con i loro genitori. Non era un segreto che le famiglie di entrambi fossero contrarie a relazioni tra persone dello stesso sesso. Eren li aveva ammirati tanto per essersi trasferiti alla scuola di Mitras e aver costruito il loro nido d'amore. Prima che Levi distruggesse tutti i suoi sogni anche lui si era immaginato in un'altra città con il corvino, a vivere il loro amore lontano da occhi indiscreti. Ma niente andava mai come Eren voleva. Il ragazzo sembrava destinato a non essere mai amato abbastanza.

"No, Jean. Ti ho già detto di piantarla di farti gli affari miei e levati."

Eren spinse lontano l'amico che non smetteva di sorridere.

"Ma sono stato io a consigliarti quel posto. Condividere è il minimo che tu possa fare e poi devi dirmelo. Devo sapere chi ti ha rubato il cuore."

Jean bisbigliò saccente, accarezzando la guancia arrossata di Eren.

"Ti ripeto che non c'è nessuno... Smettila."

Eren rispose senza energia. I modi provocatori di Jean l'avevano sempre messo in soggezione e il fatto che avesse capito così facilmente che Eren aveva qualcuno per la testa lo metteva in allarme.

"Jaeger, chi pensi di prendere in giro? So riconoscere un cuore spezzato. Ti ricordo che lo è anche il mio. Quegli occhioni tristi potranno ingannare Mikasa e Armin, ma io sono di tutt'altra pasta. Dovresti saperlo... E poi avresti dovuto evitare di controllare il telefono ogni cinque minuti quando eravamo da te l'altro
giorno."

Jean si avvicinò di nuovo al castano. Eren fece del suo meglio per mantenere lo sguardo serio fisso in quello malizioso di Jean. Aveva fatto del suo meglio anche quando erano entrati a scuola per quella stupida recita natalizia che si teneva ogni trenta Dicembre. A causa delle stupidi tradizioni di Shiganshina, Eren era stato costretto a trascinarsi a scuola solo per vedere Levi che lo ignorava, immerso in conversazioni inutili con gli altri docenti. Non era stato possibile per lui restare nel salone dove si svolgeva lo spettacolo, trattenendosi dal guardare Levi ogni cinque minuti. Guardare la sua nuca coperta dalla rasatura impeccabile dei capelli era un dolore atroce. Ma quando si era alzato a metà del primo tempo per rifugiarsi in bagno, Jean l'aveva seguito per bloccarlo agli armadietti e continuare a tormentarlo con le sue insinuazioni.

"Jean, fare lo stupido con me non ti aiuterà a riavere Marco. Torna da lui e fate pace. Accetta di affrontare il discorso con i suoi. Affronta il
coming out e vivete per sempre felici e contenti, ma ti prego, lasciami solo. Ho davvero bisogno di qualche minuto per me."

Eren implorò, sperando che l'ex compagno di classe fosse clemente, ma si ritrovò le dita di Jean premute sul retro del collo. Il calore del suo fiato sulle labbra non aveva niente a che fare con quello di Levi. Quello di cui Eren sentiva la mancanza come se a mancare fosse l'ossigeno stesso.

"Jaeger, fatti i cazzi tuoi. Non ti ho chiesto consigli in amore. Se non vuoi dirmi chi è che ti frulla in testa, almeno fammi divertire. Adesso che non sei più vergine, puoi mostrarmi cos'hai imparato con cento euro a prestazione."

Jean era sempre stato così. Piuttosto che affrontare il dolore cercava falso benessere in avventure notturne. Se lo ricordava bene quando pensava che Marco non l'avrebbe mai corrisposto e passava le sue notti nel club dove anche lui era entrato, solo per imbattersi nell'uomo che gli aveva spezzato il cuore. Ma Eren non era come Jean. Non avrebbe dimenticato Levi soltanto baciando qualcun altro. Per questo quando sentì le labbra dell'amico sulle proprie, gli posò le mani sul petto con tutta l'intenzione di scansarlo e provare a spiegargli per l'ennesima volta che non era quello il modo per dimenticare Marco.