𝚝𝚘 𝚠𝚑𝚘𝚎𝚟𝚎𝚛 𝚠𝚊𝚗𝚝𝚜 𝚖𝚎

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➥✱ SMUT alert 

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Miyagi è una prigione.

Miyagi ha le sbarre fatte d'oro, larghe e lontane, invisibili.

Miyagi si restringe.

Miyagi non sembra soffocarmi, l'istante in cui scendo dal treno, non mentre cammino con i lacrimoni agli occhi per la nostalgia verso casa, non quando mi faccio la doccia nel mio bagno e non quando mi metto a dormire all'alba.

Miyagi mi soffoca piano.

Un centimetro alla volta.

E mi costringe come la creatura profondamente mutilata che ho deciso di diventare.

Mi sono addormentato fra le braccia di Tsukki, mi sono svegliato nello stesso posto, e così, alla fine, è iniziata questa cosa.

Un passo alla volta.

Un centimetro alla volta.

Un grammo d'aria alla volta.

La prima stretta, il primo scattare delle sbarre scintillanti su di me, arriva con la colazione.

Tsukki mi bacia la tempia quando si sveglia, si rotola sul letto dove ne sono successe tante, di cose, fra noi, mi accarezza i capelli e si alza, a preparare la colazione.

E io mi sento soffocare.

A Tokyo colazione non la facevo mai. Mi svegliavo sempre al pelo, la suoneria del tipo vicino alla mia stanza di dormitorio che mi ricordava che avevo spento la mia.

Mi tiravo in bagno di fretta, facevo la doccia in due minuti netti, mi lavavo la faccia con la prima cosa che trovavo a tiro, che fosse un detergente o il sapone per le mani.

A Tokyo fumavo una sigaretta correndo verso il campus, ripassavo mentalmente gli appunti del giorno prima per cercare domande che avrei potuto fare al professore.

A Tokyo non mangiavo mai, al mattino.

Al mattino, invece, cercavo di capire come mi sentissi e decidevo di fare alternativamente due cose, prima di entrare effettivamente all'università.

La prima era chiamare Tsukki. Lo chiamavo, più spesso lo videochiamavo, e salutavo il suo viso assonnato alla fermata del bus sorridendo.

La seconda era allungare di due minuti la mia strada, passare di fronte alla sede di Storia dell'Arte e prendere un caffè al caramello che non era mio, baciare labbra che sapevano di fumo e metallo e zompettare allegro verso la mia lezione sotto gli occhi scioccati di tutti.

Che stronzo, ero, a Tokyo.

Questa mattina mi alzo con calma, non mi faccio la doccia, ma lavo i denti. Mi guardo allo specchio e sembro, persino a me stesso, emaciato e magro, più del solito.

Mi lego i capelli, prendo coraggio e scendo.

Tsukki nella mia cucina è un'immagine che per me, ha sempre avuto senso. È così alto, questo ragazzo fatto di ghiaccio, che svetta oltre il bancone e sembra fuori posto, ma non lo è.

Tsukki non è un grande cuoco.

Sa fare poche cose, in cucina.

Tostare il pane è una di queste.

Mi ritrovo seduto su una sedia di legno in un attimo, con la testa sulla mano, a pensare mentre vedo i muscoli della sua schiena guizzare nei movimenti.

Quando facevo il liceo, questa cosa la vedevo esattamente una volta al mese. Mia nonna materna è rimasta vedova quando ero piccolo e i miei genitori avevano con lei questo accordo di vedersi una volta al mese e crescendo, hanno iniziato a lasciarmi a casa.

strawberry shortcake || yamaguchiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora