19. Una punizione regale

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«Elijah, qual è la tua più grande passione?»

«Passione? Cosa intendi per passione?»

«A me piace ballare. La danza per me è tutto. Mi dà vita, mi dà speranza, mi dà forza. Se potessi, mi trasferirei nella capitale, dicono ci siano dei locali in cui pagano le ragazze per ballare sui tavoli. Mio padre morirebbe di vergogna. Magari però riuscirei a farmi notare dal teatro locale, magari un giorno, da grande, diverrò una vera ballerina! Magari un giorno guadagnerò così tanto da... Però adesso, Elijah, adesso tocca a te. Dimmi, qual è la tua più grande passione?»

«Vederti ballare.»



Pensavo di aver toccato il fondo. Mi sbagliavo.

Il pozzo dentro il quale stavo precipitando non possedeva fine.

Riuscivo a cadere sempre più in basso e la resa era sempre più dolorosa.

La musica si zittì, l'incantesimo si ruppe.

E io smisi di contorcermi.


Il re sopraggiunse alle mie spalle, con delicatezza afferrò la gamba e la torse verso l'interno per riallinearla al bacino. Non mi fece alcun male, anzi, il sollievo di quel calore sembrò riportarmi in vita.

Mi accorsi solo allora di aver ballato su un filo sottilissimo, sospesa nel baratro più temibile di tutti.

Non osai alzare lo sguardo per incontrare i suoi bulbi neri che mi scrutavano ricolmi di rimprovero.

Restai sdraiata sul pavimento, affamata d'aria, le guance bagnate di sudore e lacrime, la bocca arsa, i piedi nudi imbrattati di sangue.

Il vestito si era strappato. Non me n'ero nemmeno accorta. Gli spallini si erano spezzati ed ero seminuda dalla cintola in su.

Anistamai si tolse la giacca e la lasciò cadere sopra di me. Un sipario blu notte che s'abbassava con disonore sul mio corpo inverecondo. Profumava d'estate la sua giacca, di frutti di bosco, di fuoco che zampillava in un caminetto acceso, di legna da ardere.

Si rizzò in piedi e iniziò ad arrotolarsi sulle braccia tese e muscolose le maniche della camicia.

La sala era sprofondata in un inquietante silenzio. Ora potevo scorgere figure che fino a quel momento erano state assenti, che si erano radunate lì quando avevano percepito che qualcosa non andava. La regina madre, terrea in viso, appoggiata all'elfo che aveva complottato con lei per il mio rapimento, il sacerdote rospo, un po' defilato, e la principessa Enyo, in prima linea, di fianco al fratello. Quest'ultima indossava un vestito di lustrini nero molto aderente, con un profondo spacco laterale che metteva ben in mostra gambe da stambecco che prima di allora non avevo notato. Aveva un'espressione annoiata, le braccia conserte, scrutava torva il lord comandante coi suoi occhi neri privi di sclera.

«Vostra altezza, che increscioso incidente... La promessa sposa ha insistito tanto per ballare, ha bevuto troppo e si è ubriacata! Noi non riuscivamo a fermarla in alcun modo, non senza rischiare di farle del male. Ha addirittura provato a sedurre alcuni soldati del mio esercito. Voleva convincerli a farla scappare. In cambio avrebbe offerto loro dei servigi speciali, o almeno così ci ha detto.»

I mezzi demoni potevano mentire. L'avrei dovuto tenere ben a mente per l'avvenire.

Cercai di rialzarmi ma la testa girava ancora vertiginosamente. Ritornai giù, aggrappata a quella casacca scura che ancora puzzava di magia, in attesa di una punizione più che meritata.

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