chapter 5

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Era passata una settimana dalla cena con Jungkook. Taehyung non lo aveva più rivisto e iniziava a starci male. Pensava che Jungkook si fosse arreso. Taehyung sapeva benissimo di aver rovinato la cena di quella sera, ma infondo pensava non fosse neanche del tutto colpa sua. Lui era così, era nato così diffidente, l'abbandono da parte dei suoi genitori lo aveva portato a non fidarsi di nessuno.

Per la prima volta, ne aveva parlato con il suo psicologo. Era andato nello studio del dottor Jung per parlare un po' e aveva colto l'occasione per raccontargli di Jungkook. Il dottore Jung lo aiutava con il suo autismo, ma era anche un buon ascoltatore. Cercava sempre di andare in contro alle sue richieste e lo aiutava anche in altri problemi che affliggevano la mente del pittore. 

"Forse questo ragazzo potrebbe essere una boccata di aria fresca." Gli aveva detto dopo aver ascoltato un impacciato Taehyung mentre gli raccontava di Jungkook e della sua strana voglia di fare amicizia con lui.

Taehyung a quella frase aveva risposto che no, non poteva fidarsi ancora, e poi era sceso nello sconforto, esternando i suoi pensieri più bui. "Non potrò mai avere un amico perché non sono normale." Questa frase aveva scosso parecchio il dottore. Taehyung aveva sempre avuto pensieri tristi e, talvolta, autolesionisti, ma quella frase gli era uscita dal nulla e aveva spezzato il cuore dello psicologo. Taehyung era un ragazzo estremamente intelligente ma gli mancava tutta  la sicurezza che un ragazzo della sua età dovrebbe avere. A ventisei anni, Taehyung si era arreso. Si era arreso all'idea di non poter essere felice e di rimanere solo per sempre.

I giorni erano passati, e una settimana esatta dopo l'incontro con il suo dottore Taehyung era rinchiuso nel suo laboratorio con le mani piene di pittura scura. Non riusciva neanche a dipingere, erano ore e ore che la sua assistente cercava di farlo uscire da lì, ma Taehyung era triste e deluso da se stesso. Voleva solo lanciare per aria tutti gli attrezzi e rompere ogni quadro che aveva fatto in quegli anni di lavoro. Si sentiva una nullità, ma quel giorno c'era qualcosa di diverso nella sua mente. "Perché continuare a soffrire?" Si chiedeva mentre le lacrime bagnavano la tela che aveva tra le gambe. "Perché non sono come gli altri?" I suoi pensieri si fecero sempre più dolorosi e Taehyung si prese la testa tra le mani urlando. Voleva smettere di stare male, voleva smettere di essere com'era, voleva dormire e non svegliarsi più.

Si alzò di corsa e sotto lo sguardo preoccupato di Yuna, scappò via da l'unico posto in cui si sentiva, o meglio, si era sempre sentito, sicuro.


Jungkook in quella settimana aveva imparato un sacco di cose nuove. Ormai era abbastanza bravo a cucinare, a pulire la casa e a socializzare con la gente. Un giorno aveva passato ore e ore tra le strade di Daegu a conversare con gli estranei. Era stato divertente e qualche ragazza gli aveva lasciato pure il numero di telefono. Qualche giorno più tardi aveva rinointrato Yoongi sulla panchina di quel piccolo parco, avevano parlato parecchio e la sera stessa era uscito con lui e con altri tre suoi amici. Si era divertito ma poi i pensieri erano passati al pittore. Non si stava dimenticando della sua missione, ma aveva bisogno di staccare e, magari, imparare qualche approccio diverso.

Aveva parlato con Yoongi del pittore e il ragazzo tatuato gli aveva consigliato di portarlo a fare un giro con loro, Yoongi sembrava interessato a conoscere Taehyung e nella testa di Jungkook si era accesa una lampadina."Puoi provarci con lui? Magari ti piace e ti innamori." Se n'era uscito con quella frase tanto buffa e stramba, che aveva causato in Yoongi una grassa risata. "Ma ti sei drogato?" Jungkook quella risposta non l'aveva capita, ma sapeva tanto di insulto, così aveva passato la serata a raccontare qualsiasi dettaglio di Taehyung a Yoongi e, dopo più di un'ora, il ragazzo pieno di tatuaggi aveva ceduto.

Jungkook aveva concordato con Yoongi di vedersi quella sera. Lui avrebbe portato Taehyung a quel parchetto e poi Yoongi sarebbe arrivato. Era un piano perfetto e sperava solo che il pittore fosse al museo.

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