chapter 21

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Taehyung era rimasto accovacciato sul suo letto in posizione fetale. Le lacrime secche gli rigavano le guance lisce ed ambrata, e quelle nuove arrossavano i suoi piccoli ma luminosi occhi liberi dalla montatura pesante degli occhiali. 

Era rimasto fermo per minuti, o forse ore intere. Il suo corpo gli stava obbligando di alzarsi per scrocchiare le ossa, ma la mente voleva solo spegnersi. Sentiva la testa pesante e le tempie pulsavano dolorosamente, le labbra erano secche, quasi aride, per colpa di tutti i liquidi che aveva versato sotto forma di lacrime, le mani si stringevano al cuscino dove poco prima era steso Jungkook. 

Taehyung voleva solo smettere di respirare. Si sentiva vuoto e il dolore al petto, col passare dei minuti, si era fatto sempre più forte e persistente. Gli sembrava di avere un infarto. Sentiva il suo cuore sobbalzare di tanto in tanto, e si stringeva il petto per paura che smettesse di battere. Era contraddittorio, ma se aveva desiderato più e più volte di smettere di vivere, in quel momento aveva paura che potesse accadere sul serio. Era sicuro che Jungkook, ovunque lui fosse, non avrebbe mai voluto che lui smettesse di vivere. Era sicuro che il suo angelo, lì da qualche parte nel cielo, stava pregando affinché lui si rialzasse e continuasse a vivere. Ma Taehyung si sentiva svuotato di ogni energia, e la malinconia che provava era più forte di qualsiasi altro tipo di sentimento.

Avrebbe dovuto dipingere forse, ma per poi cosa? Riempire la tela bianca di colori tristi ed angoscianti?

Taehyung avrebbe solo voluto un po' di pace in quel momento. Avrebbe voluto addormentarsi per spegnere quei dolorosi pensieri e sognare Jungkook con le sue maestose e bianche ali che gli diceva di non preoccuparsi e che sarebbe andato tutto bene.

Si poteva dimenticare un amore così grande?







Dall'altra parte, in paradiso, Namjoon e Jin stavano provando tutti i modi per fare entrare Jungkook.

Appena erano arrivati nel limbo che divideva il cielo terrestre dalle porte del paradiso, i due angeli più anziani avevano scoperto di essersi cacciati in una brutta situazione: Jungkook non riusciva ad oltrepassare la finestra immaginaria per accedere al paradiso. Avevano provato e riprovato una moltitudine di volte ma se loro riuscivano ad entrarci tranquillamente camminandoci attraverso, Jungkook rimaneva fuori.

"Joon-ah che facciamo adesso?" Jin si girò verso Jungkook seduto fuori dall'enorme porta trasparente. Era silenzioso e di tanto in tanto tremava con scossoni visibili ad occhio nudo. Le sue ali stavano perdendo sempre più piume ma Jungkook aveva lo sguardo fisso a terra senza una briciola di preoccupazioni ad incorniciargli il viso. 

"Non lo so Jin, io non so cosa stia succedendo." Namjoon si scompigliò i capelli con fare nervoso "Di solito le ali dovrebbero diventare nere. Perdere le piume-" Non concluse la frase e sospirò. Era sempre stato acclamato per la sua intelligenza, ma in quel momento si sentiva confuso. Non sapeva cosa fare e non riusciva a capire cosa stesse succedendo al suo piccolo amico, e questo lo mandava in bestia. Si morse il labbro guardando Jungkook fare smorfie di dolore e toccarsi le ali staccando delle piume. 

"Joon dovremmo chiederlo al nostro Dio? Dovremmo chiedere aiuto?" 

Il superiore deglutì agitato per poi poco dopo annuire. "È l'unica soluzione, e se dovrò prendermi la responsabilità delle mie azioni lo farò. Per Jungkook farei di tutto."

Avevano contattato il Grande Signore. Il Dio di tutti gli angeli e di tutte le persone credenti, ma con grande sgomento generale, il loro Dio si era rifiutato di dargli udienza. Erano stati avvisati da un angelo giovane che non li avrebbe ricevuti e che non li avrebbe aiutati. 

"Dovreste riportarlo sulla terra." Aveva detto quell'angelo a nome del loro Dio. Namjoon si era alterato, facendo agitare persino Jin che cercava di calmarlo, mentre Jungkook sembrava quasi senza anima. Quando non aveva attacchi di dolore alle spalle rimaneva in silenzio e con lo sguardo vuoto. Jin, conoscendolo molto bene, aveva compreso che in realtà il giovane angelo stava soffrendo per il suo pittore. Poteva scorgere, sotto quello sguardo apatico, dolore. Dolore puro e sensi di colpa.

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