Capitolo 40 - Alheda Cooper

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Alheda Cooper's  P. O. V.

Fenice. 

La Fenice è una creatura mitologica, un simbolo universale della morte e della rinascita. Simbolizza anche il fuoco, il sole, la vita, la rinnovazione, la resurrezione, l'immortalità, la longevità e l'invincibilità. Di origine Etiope, la Fenice, cui coda possiede delle bellissime piume rosse e dorate, viene descritta come una creatura che nasce dalle fiamme. Questo accade perché ha la capacità di rinascere dalle sue proprie ceneri dopo essere stata bruciata dal fuoco. 

Chiusi il libro appoggiandolo sulla mia scrivania, dopo aver letto quelle parole impresse in quelle pagine giallastre. Un sospiro scappò dalle mie labbra dopo aver assimilato ogni piccolo dettaglio di quel paragrafo che mi rappresentava tanto. Mi tolsi gli occhiali da lettura, posandoli sulla pila di fogli all'angolo della scrivania presidenziale. Picchiettai leggermente le dita prima di alzarmi dalla sedia e camminare lentamente verso la libreria di ciliegio color rossiccio-marrone all'angolo di quella grande stanza. Versai una quantità relativa di Whisky in un bicchiere, dopo misi due cubetti di ghiaccio. 

Quella mattina aveva un peso considerevole per i piani che avevo tracciato dopo tutto il disastro dell'anno prima. Oggi sarebbe stato il giorno dove tutti avrebbero potuto vedere la rinascita di quello che sono e che posso ancora essere. Il percorso di vita a me destinato non permetteva la creazione di spazi per i fallimenti o le sconfitte. Io ero stata creata e allenata proprio per lottare contro chi si opponeva nella mia strada. Seguire quegli insegnamenti fece si che io adesso fossi più viva di quanto avrei mai potuto essere. 

"Mi scusi, signora."

Mi portai il bicchiere di Whisky alla bocca, lasciando che il liquido bagnasse leggermente le mie labbra adesso coperte da un rossetto rosso scuro opaco. Dopo aver sentito il calore che causava la bevanda nel mio corpo, risposi. 

"Si, Amber?"

"La signorina Griffin è qui e vorrebbe entrare."  Furono le parole della mia segretaria privata, la quale mi strappò un sorriso di soddisfazione. 

Feci un passo avanti, avvicinandomi alla grande finestra presente davanti ai miei occhi che dava un'ampia vista dell'orizzonte della bellissima e strutturata città di Zurigo. Il mio sguardo andò verso il traffico delle macchine che entravano nel parcheggio posteriore della mia impresa. 

Cooper Industries. 

"Lasciala entrare, la sto aspettando."

"Sì, signora. Con permesso."

Quando mi avvicinai alla finestra, potei vedere parzialmente il mio riflesso. I miei capelli erano ancora lunghi, scendevano come una bellissima cascata sulla mia schiena, anche se adesso erano biondi, dando un cambio radicale al mio aspetto. Quel colore chiaro contrastava perfettamente col vestito a tubino nero, con le maniche a tra quarti e una scollatura rettangolare. Era di un tessuto leggero molto elegante, attillato al mio corpo dandomi un aspetto formale e allo stesso tempo attraente. Modestamente, posso dire quant'ero straordinaria quella mattina? Dopotutto, non è male che una donna si trovi incredibilmente bella, no? Specialmente quando qualche minuto dopo sarebbe stata al centro dell'attenzione di centinaia di persone ansiose in una sala gigantesca di quell'edificio. 

Quella mattina di ottobre, in terra svizzera, dentro l'edificio monumentale di Cooper Industries, un'impresa fondata dalle mani del defunto Gustus Cooper, sarebbe iniziato un nuovo ciclo comandato da me. 

"Alheda Cooper?"

Sentì una voce roca e femminile inondare l'ambiente, strappandomi un sorriso amorevole. Lasciai che l'aria che mi riempiva i polmoni scappasse dalla mia bocca con un forte sospiro. Il rumore dei tacchi di Clarke sul pavimento indicava la sua vicinanza, facendomi desiderare il suo contatto, fino a quando finalmente non ricevetti le sue mani sui miei fianchi. 

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