Capitolo 7 - Interferenze

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Alexandra Woods's  P. O. V.

La cena proseguì lentamente, come una specie di tortura psicologica per me. Christopher conversava gentilmente con Thomas, che fumava il suo sigaro Irlandese, lasciando uscire delle boccate di fumo dalle sue grosse labbra, tra dei sorrisi forzati e falsi. Le riunioni d'affari erano sempre così, uno che voleva mangiare l'altro, fare la miglior offerta, ma alla fine stipulavano sempre un accordo. La mancanza di pazienza quella sera mi fece restare silenziosa durante tutta la cena, salvo per brevi scambi di parole con mio marito, che comunque sembrava aver notato la mia irritazione. Christopher mi osservò per pochi secondi, e poggiò la mano sulla mia coscia, accarezzandomi leggermente. Non mi mossi nemmeno, continuai ad assaporare il vino rosso che riempiva il mio bicchiere di fine cristallo. 

"Questo ristorante è molto bello, Collins."  Thomas parlò di buon umore. 

"Anche a me piace. È stato qui dove ho chiesto a mia moglie di sposarmi, vero piccola?"

Sorrisi ironicamente, e tolsi delicatamente la mano di Christopher dalla mia coscia, facendogliela mettere sul tavolo. Lui ingoiò con forza, guardandomi con gli occhi socchiusi. 

"Sì. Dei bei ricordi."  Mi permisi di dire. 

"Immagino."

Forse quella fu una delle mie poche interazioni durante quella cena. Ero di cattivo umore, infastidita, furiosa per essere più esatti. Prima di uscire da Collins Enterprise, Christopher ebbe la "meravigliosa" idea di rinunciare ai servizi di Clarke. Ordinandole di andare in macchina mia, e accompagnare la segretaria prima di riportare il veicolo nel nostro garage. È necessario dire quanto mi irritò tutto ciò? Vedere il sorriso dell'agente mentre accompagnava la miserabile segretaria all'uscita mi causò una repentina esplosione di rabbia. Ma conoscevo benissimo i miei limiti, e fino a dove potevo arrivare. 

Nel tragitto di ritorno a casa rimasi silenziosa, giusto come durante la cena. Il nostro autista guidava il veicolo ad alta velocità, d'accordo coi miei ordini. Insieme a me, Christopher restava silenzioso mentre fumava uno dei suoi sigari. Osservavo gli edifici fuori, con uno sguardo distratto, quasi perso. Quando lui fece un respiro profondo e si girò verso di me. 

"Posso sapere perché fai così?"

Distolsi lo sguardo dalle immagini fuori dal veicolo per infocare lo sguardo su un Christopher confuso. Mi osservava con un paio di occhi nocciola intensi, socchiusi. 

"È per l'auto? Perché l'ho lasciata usare a Clarke?"

Desideravo che fosse per quello. Immaginare quella segretaria baciarsi con Clarke nella mia auto mi faceva infuriare. 

"Ovvio! Per cos'altro potrebbe essere?"

L'uomo roteò gli occhi impazientemente, e si portò il sigaro alle labbra facendo un ultimo tiro prima di metterlo nel portacenere sulla destra. Scosse la testa lentamente e mi guardò. 

"Qual è il problema? Ti ha portato all'impresa, no?"

"Sì! Ed è per questo che le offri la mia auto per riportare la tua piccola segretaria a casa?"  Dissi, enfatizzando le parole "mia auto" e "piccola segretaria". 

Christopher sorrise, ancora con gli occhi su di me. Gli feci una brutta faccia, presa dalla confusione di quel momento. Perché diavolo stava ridendo? 

"Quindi è per questo?"  Chiese in mezzo a una forte risata. 

"Cosa?"  La mia voce rivelava quanto ero arrabbiata. 

"Sei gelosa di me e Clarice? Ti stai comportando così perché ho chiesto di riportarla a casa?"

Cercai di formulare una frase davanti a quella stupida idea di Christopher, ma sapevo che la verità lì non era la benvenuta. Cosa avrebbe detto mio marito se avesse saputo che la mia rabbia non era per lui, ma per Clarke? Credo che non sarebbe finita bene. Chiusi gli occhi e scossi la testa.  "Non dire stupidaggin."  Esclamai irritata, aumentando solo la forte risata dell'uomo. 

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