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Drin drin, drin drin.

E così è questa la mia sveglia di oggi, il campanello di casa che suona. Non ho la minima intenzione di alzarmi e allora urlo pregando che mamma o papà sentendomi sbraitare in questo modo vadano ad aprire, sempre se non sono già usciti. Dopo qualche minuto sento di nuovo suonare. Allora mi alzo con ancora addosso i suoi vestiti e, trascinandomi dalle scale, penso a chi possa mai essere a quest'ora. In realtà non so neanche che ore sono visto che non ho avuto il tempo di controllare l'orologio. Faccio un breve giro del piano inferiore per vedere se i miei ci sono, li chiamo di nuovo, ma nulla. Poi trovo un loro biglietto dove dicono che sono usciti presto per andare al lavoro, ed è sabato, dannazione. Neanche il sabato riescono a stare un po' con me e poi mi arrabbio con loro perché, con il lavoro che fanno, uscire alle 6.30 del mattino mi pare un po' esagerato, anzi, lo trovo fin troppo esagerato. Sbadiglio intanto mentre mi dirigo verso la porta, prendo le chiavi ed apro, e tra tutte le persone che posso trovarmi davanti proprio in questo momento mi trovo davanti Karl, con in una mano una busta di carta, nell'altra un cesto e in spalle uno zainetto. Io ho ancora addosso i suoi vestiti e mi sento tremendamente in imbarazzo per questo. Chissà ora cosa starà pensando di me. Per un momento mi è balenato per la testa il pensiero di fare come fanno i personaggi dei film americani che sbattono la porta in faccia e poi si appoggiano dietro, come per barricarla, urlano e poi la riaprono con totale indifferenza accompagnata da un sorriso forzato e del sudore freddo dall'imbarazzo del momento. Mentre penso a questo noto che anche lui ha addosso la mia maglietta dei Nirvana e i jeans che gli ho dato. Rimaniamo per qualche minuto così a guardarci: io a guardarlo perplessa per non so quale motivo in questo momento e lui ad osservare e capire la mia perplessità.

«Scusa non pensavo stessi ancora dormendo visto l'orario.»

«Eh, cosa? Scusa perché? Che ore sono?»

«Sono le 10.30, dormigliona.» dice ridendo.

«O mio dio quanto ho dormito?!» urlo affondando le mani nei miei capelli spettinati.

«Io comunque ho preso i cornetti caldi. A me piace alla nutella, ma non sapendo a te come piace l'ho preso vuoto. Nel caso vuoi quello alla Nutella possiamo fare a cambio, non c'è alcun problema.»

«No tranquillo, io adoro quelli vuoti.

«Grazie comunque perdonami.» dico tornando normale.

«E per cosa?»

«Per i tuoi vestiti, davvero, beh... ceh... se anche solo volessi spiegarti il perché li ho addosso lo troveresti imbarazzante e... francamente non saprei neanche da dove iniziare, ecco. Ceh aspetta ora ti dico... allora...» dico farfugliando.

«Tranquilla, a dire il vero anche io ho su la tua maglia, dovevo ridartela però...»

«Tranquillo, te l'ho regalata e anche i pantaloni, sono tuoi. Tanto mio padre non nota me, figuriamoci se nota un paio di jeans mancanti» dico sorridendo in modo falso, ferita dalle mie stesse parole.

«Allora, cosa ti va di fare oggi?»

«Oggi ti porto fuori.»

«Fuori dove?»

«Vedrai, vedrai. Però è meglio che ti cambi.»

«Oh sì» dico timidamente mentre mi guardo e senza che me ne accorga è lui a prendermi per mano e condurmi nella mia cameretta stavolta. Come se fosse casa sua, apre l'armadio e prende il vestito che abbiamo preso insieme. Poi si avvicina a me e delicatamente mi toglie la felpa e poi la sua maglietta, divento rossa, ma nonostante tutto lo lascio fare, anche se non so cosa davvero ha intenzione di fare, sono confusa. Mi sfila i suoi jeans così delicatamente da farmi sembrare una bambolina di ceramica super fragile. Adesso credo di aver raggiunto l'apice dell'imbarazzo ed essere completamente rossa. Poi viene dietro di me e chiudo gli occhi non so se dall'agitazione o dall'imbarazzo, comunque so solo che non mi va affatto di guardare. Poi mi dice di alzare le braccia e lo faccio, e sento che mi sta infilando il vestitino. Chiude la zip e me lo sistema per bene. Prende la spazzola che si trova sulla mia scrivania e prende a pettinare seduti sul letto ancora da rifare i miei capelli pieni di nodi, e lo fa con una tale delicatezza da scioglierli tutti senza farmi male - altro che mamma quando ero piccola. Infine prende un paio di superga bianche vicino al mio armadio e me le infila e le allaccia, dopo avermi messo i calzini. Ed ecco pronta la sua "bambolina".

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