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Avanti e indietro, avanti e indietro, è questo che faccio da un'ora accompagnata dal cigolare delle catene attaccate all'asse di legno che sorregge le altalene: continuano a fare tric trac. Posso stare qui sopra quanto tempo voglio, non c'è nessuno: e ci credo sono le 3 del pomeriggio e di certo a quest'ora non ci sono bambini che piangono perché vogliono fare un giro sull'altalena - a parte il custode all'entrata, rimasto un po' sorpreso nel vedermi qui a quest'ora - non ce ne sono, visto che fa caldo, anche se le querce e gli alti pioppi del parco assieme ai grandi pini assicurano un'ombra gradevolissima. 
Mi spingo lentamente, con le gambe penzoloni e una voglia di vivere che arriva sotto i piedi: i miei genitori mi hanno dato buca di nuovo dopo averli aspettati fino all'una e mezza senza toccar nulla perché volevo pranzare con loro, la scusa di mamma è sempre "Lo sai com'è papà" e roba varia, allora sdegnata sono uscita, senza mangiare col pranzo ancora in pentola e con i nervi a fior di pelle. Mi serviva una distrazione ed eccomi qua e qua sarei rimasta finché non sarebbe sfumata la rabbia che si è impossessata di me e fa a gara con la tristezza per vedere chi deve avere il dominio su di me - alla fine hanno fatto un accordo e si sono messi a governare insieme come se fossero i due re di Sparta.

Che bei ricordi quando papà e mamma facevano a turno per spingermi sull'altalena, e io gli urlavo di farmi andare più in alto, anche se ho paura dell'altezza, ora non c'è nessuno che mi permette di volare. Allora inizio a dondolarmi da sola più forte e il tric trac delle catene aumente in modo direttamente proporzionale alla spinta. 

«Quanto vorrei che qualcuno mi spingesse in alto.»

Subito sento delle mani che si poggiano sulla mia schiena e mi danno una piccola spinta, salgo su e poi torno giù, e poi vengo spinta di nuovo. Sembra un sogno, magari sono mamma e papà che sono venuti a cercarmi.

«Papà, mamma, siete voi?»

«No sciocchina, sono io.»

«Karl?!» esclamo imbarazzata perchè tre secondi prima avevo chiamato ad alta voce i miei genitori. Intanto continua a spingermi.

«Basta spingermi, ho paura.»

«Ma non sei ti che hai chiesto che qualcuno ti spingesse in alto?»

«Sì, ma ho paura dell'altezza.»

«Certo che sei proprio un ossimoro.»

«Come facevi a sapere che ero qui?»
«Non lo sapevo infatti, sono passato di qui e ti ho vis...»

«Ed esci a quest'ora? Ma stai male? Con questo caldo che fa? Ma sei fuori sul serio Karl.» dico interrompendolo e forse in modo leggeremente, ma solo leggermente, aggressivo.

«Senti chi parla! E tu, Emma, che ci fai qui?»

«Nulla volevo stare da sola ma non in quelle quattro mura di casa mia.» dico e la rabbia scema. Alla fine lui non mi aveva mai fatto nulla di male per cui me la sarei dovuta prendere.

«Non sono venuti neanche sta volta a pranzo?»

«Già. In pratica non li vedo mai, perché tornano tardi di sera e io vado a dormire presto perché sono stanca.» e mi trattengo dallo sbottare di nuovo.

«Almeno hai mangiato?»

«No.»

«E tu sei qui, al caldo, fuori da un ora senza aver mangiato da stamattina.» dice in tono arrabbiato ora.

«Scusa.»

«Vieni, andiamo a casa. Pranziamo insieme.»

«Cosa? Neanche tu hai mangiato? Perché?»

«Stavo tornando dalla gelateria, ho dato una mano a mio padre a sistemare delle cose e ora stavo tornando a casa per pranzare insieme.»

Wow, lui non solo pranza con suo padre, ma passa del tempo con lui, che invidia. Ora il solo pensiero che mi sta portando a casa sua per pranzare con la sua famiglia mi fa arrossire. Sono tutti felici che sono con loro. Sua madre è davvero felice di rivedermi e suo padre è lieto di fare la mia conoscenza, suo fratello maggiore Michele - che ha un anno o due in più di Karl - mi ha salutato con una pacca sulla spalla come se ci conoscessimo da una vita mentre il piccolo Mattia - che ha 7 anni - ha preso subito a chiedermi di giocare con lui. Vederlo coi suoi fratelli mi ha fatto desiderare come non mai di avere almeno un fratello o una sorella, così da essere meno sola. Mi sono sentita come a casa in una casa non mia, e in famiglia in una famiglia che non mi appartiene. 

Dopo pranzo sono rimasta lì e Karl mi ha mostrato la sua camera e la cosa che mi ha colpito è la libreria con i libri di poesia, tra cui i sonetti di Shakespeare e gli idilli di Leopardi. Da una parte ha una mensola con una collezione di film horror e sopra una di film fantasy. E da qui mi viene un'idea.

«Ti va di andare al cinema oggi pomeriggio verso le 5?»

«Sì, ma intanto?»

Mi dirigo verso la libreria e prendo il libro dei sonetti identico al mio.

«Leggiamo, ti va?»

E quindi ci stendiamo sul suo letto morbido e fresco a leggere, ho il suo braccio che da dietro la schiena mi tiene stretta a lui e io che giro le pagine di volta in volta finché non terminiamo il libro. Se non fossimo amici direi che stiamo insieme. Peccato che non è così. 

Subito sono arrivate le 5 del pomeriggio e andiamo al cinema, ma non sappiamo cosa scegliere, quale film scegliere dato che abbiamo gusti diversi: romantico o horror-mystery? Allora prendiamo i biglietti per entrambi, e andiamo a vedere prima il film deciso da lui, un film horror. È bello ma in alcune scene non ho resistito e ho chiuso gli occhi, in una addirittura ho buttato il viso sul petto di Karl per non vedere nulla - che vergogna, meno male che non mi ha detto nulla: la carneficina non è per me. Poi è toccato al mio film, uno di quelle storie d'amore complicate che finiscono bene. Ad un certo punto arriva una scena nel cinema e allora subito penso a noi due, peccato che non mi avrebbe mai presa per mano come succede nella maggior parte dei  casi in tutti questi film, però da quello che ho capito dalla sua espressione gli è piaciuto, certo, non sprizza gioia da tutti i pori, ma non sembra dispiaciuto di averlo visto. No alla fine credo di non aver capito nulla di quello che mostra, sembra serio con un mezzo sorrisetto appena accennato ma non disgustato da quelle scene di puro amore né tanto meno annoiato. Magari, nonostante quella serietà, anche lui avrebbe voluto prendermi per mano come il ragazzo del film fa con la ragazza. Magari anche lui è innamorato come me e magari non sono io la ragazza di cui è cotto e in questo caso non ci posso fare nulla mi metterei l'anima in pace, d'altronde se mi piace e gli voglio bene qualsiasi cosa che lo rende felice rende felice anche me. Il pensare a questa eventualità mi rende triste, ma se non fosse innamorato di me perché avrebbe consigliato proprio a me dei sonetti d'amore? 

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