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Mi sveglio a casa sua sul suo letto. Ho pregato di non aver dormito così tanto perché mi sentirei in imbarazzo a svegliarmi tardi in una casa che non è la mia. Alla fine vedo che non è né presto né tardi,o almeno non tanto tanto.

Scosto la tenda e la finestra: subito sento il calore tiepido del sole accarezzarmi il viso mentre lo sguardo sollevato ma gli occhi chiusi per evitare di rimanere accecata dalla luce. Sento le campane della prima messa domenicale, mi giro e sull’orologio della parete vedo che sono le 8.30. Infilo le scarpe e sistemo il vestitino e i capelli scompigliati prima di andare in cucina.

Lui non c'è ma sua madre è lì. Mi dice che è uscito con Michele e suo padre per dargli una mano in gelateria. Intanto mi invita a sedermi con lei per fare colazione. Prendo una fetta biscottata con della marmellata di lamponi sopra, la sua preferita. Penso a lui. Chissà se ha fatto colazione con la stessa cosa. Penso a lui, a tutto quello che so e a quello che invece ancora non so e quanto desidero scoprire ancora di più di lui. Ormai si è appropriato della mia mente, dei miei gesti, dei miei sogni.

Anche involontariamente fa capolino nella mia testa facendo a nascondino coi miei pensieri. Non conosco i ladri ma solo a sentirli nominare ho paura, tuttavia so per certo che lui è l’unico a cui abbia davvero aperto la porta, il più galante che esista, l’unico che prima di entrare ha bussato, ha eleganza nel portare via quel che trova, e quel qualcosa in questione è me nella mia totalità, inclusi i miei sentimenti e il mio animo racchiusi nello scrigno del cuore. Sento che è suo, suo dal primo istante, lo ha rubato piano piano e in silenzio e l'ho lasciato fare, troppo ammaliata dal suo essere per rendermi conto di cosa stava succedendo, e ad opera compiuta non ho rimpianti. Forse qualcosa non va.

Stanotte mi sembra di aver ripercorso la storia di Romeo e Giulietta, con noi come protagonisti; la storia ad un certo punto però si è interrotta perché magari a noi spetta qualcosa di diverso che non sarà impedito e che non avrà fine anche quando avremmo fine entrambi. Penserà anche lui questo? Io non lo so.

Mentre spezzo la fetta biscottata fra i denti mi sento invadere da una sensazione molto strana: sento un brivido di freddo scorrere lungo tutta la colonna vertebrale, e poi dentro mi sento divampare come se stessi mandando giù una palla di fuoco e non un misto di saliva e fetta biscottata. E continua.

Più penso a lui, più questa sensazione aumenta, più mi sento avvampare il viso. Non so perché penso che ci sia qualcosa di assurdo: lui non sa nulla e questo sembra essere la causa del mio malessere. Eppure fino a ieri questa cosa non mi pesava, non mi dava fastidio.
Fino ad ieri ciò nella mia testa andava tutto bene, ora sembra esserci un incongruenza.

Sento la necessità di sapere e di far sapere. Assurdo! Ma vero.
Mi sento come se un incendio si sia appiccato in me e che l’unico modo per spegnerlo sia questo. E se parlare è la soluzione? Nella mia testa sembra accendersi una lampadina che sembra accecare tutto e illuminare quella che è la mia idea. Pensando a cosa mi frulla nella mente inizio a mangiare abbastanza rapidamente e in maniera meccanica, guardando un punto fisso per concentrarmi, con le labbra socchiuse come se siano sul punto di confezionare le parole che i miei pensieri stanno sapientemente tessendo e imbastendo, ma non hanno niente da dire, o meglio non ora, non qui.

Monica mi chiede come sto guardandomi con aria preoccupata , ma sembra rasserenarsi quando le dico che sto bene mentre con un largo sorriso si fa strada sul mio viso caldo e paonazzo. Poi mi alzo in piedi.

Ora so cosa fare.

Saluto Monica allegramente e scendo trotterellando sulle scale. Ed ecco qui la mia bici. Chissà per quale miracolo nessuno l’ha rubata. Ma non ho tempo di pensare a questo. La inforco e pedalo tra le strade quasi deserte. La gente ancora dorme, ma si vedono anziani a passeggio o seduti ai tavolini dei bar a giocare a carte mentre bevono il caffè o a leggere il giornale e le signore e le vecchie zitelle andare in chiesa per dire il rosario prima dell’inizio della messa. Poi ci sono io che sfreccio per la strada.

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