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Karl


Se io potessi fare una classifica di tutte le cose idiozie che ho fatto, dire ciò che ho detto a Emma è al primo posto. Sento ancora le sue parole, prima ansiose e in trepida attesa, poi rotte dal pianto prima ancora che potessero uscire fuori dalle sue labbra, e il suo viso prima gioioso e poi stravolto.
Sono un mostro, devo riconoscerlo. Il punto è che non so perché l'ho fatto. È una brutta ragazza? È un'ochetta? No, è una delle ragazze più belle che abbia visto, dall'angelico pudore, dalla mente più brillante e dall'anima così fragile, come il cristallo e anche di più. L'avevo capito da subito, credo, da quando la prima volta l'avevo vista al parco a leggere. Lei era sola e lo si capiva. E poi è tutto nato dalla mia curiosità: l'avevo vista da lontano e mi aveva incuriosito - non si vedono spesso ragazzi o ragazze leggere nel parco, né tantomeno leggere in generale - quindi mi sono avvicinato per vedere cosa stesse leggendo e quando ho visto che stava leggendo delle poesie mi si è illuminato il volto. Se non ci sono ragazzi che leggono, figuriamoci quelli che leggono poesie: lei era speciale, lo è. Non pensavo che l'avrei rivista e invece due giorni dopo la ritrovai sulla stessa panchina a leggere, così la conobbi davvero e da lì poi cominciò la nostra estate. Lei è come un cioccolatino di quelli ripieni: dietro quella patina di cioccolato sottile si nasconde un cuore dolce e morbido. All'inizio si notava un suo leggero imbarazzo, ma poi subito si mostrò come la ragazza fantastica, dolce e incompleta che è. La mancanza dei genitori la logorava dentro. Confesso che sarei sparito prima forse dalla sua vita se non mi ci fossi affezionato subito. Vedevo una certa luce nei suoi occhi quando era con me. Sentivo che magari ero quello che serviva per tappare i buchi delle sue mancanze, anche se alla fine sono diventato una di quelle. Mi sentivo come un custode per lei e in dovere di proteggerla da qualsiasi delusione, anche se in fondo lo sono stato anch'io per lei e non capisco perché. Il problema non è lei, ma io. Capisco che mi sono comportato male, ma non capisco il motivo. Sì, magari pensavo davvero che sarebbe comunque finito tutto con la fine dell'estate, che sarei tornato a fare quello che faccio di solito, con le mie solite compagnie - per stare con lei alla fine ho sacrificato il tempo con i miei amici - ma lei ormai era parte del mio solito, era sulla mia bocca sempre e parlare di lei ormai era il mio sport preferito. Emma, "gentile", il suo nome la descrive in pieno. È sempre stata gentile con me, la sua dolcezza è unica. Anche mentre cercava di dirmi che le piacevo la sua ansia era piena di note dolci e tanto dolce era quel "Io ti amo però".
Lei mi amava, mi ama. E io? Le ho chiesto solo di non piangere e la sera stessa sono uscito con i miei amici e con Lia, che mi stava attorno. Ancora sperava in qualcosa, mi abbracciava, accarezzava, baciava e io ero impotente di respingerla. Forse perché non volevo ferirla come avevo fatto con Emma? Oppure perché ero troppo intento a pensare a Emma da curarmi di lei che mi era attorno? Sì, era così e assecondarla era un gesto subliminale. Io ero lì fisicamente, annuivo, ma ero coi pensieri altrove. Pensavo a lei, a cosa stesse facendo, se stesse piangendo, a cosa stesse pensando e, se magari mi stesse pensando, cosa potesse pensare di me. Forse, al posto di Lia, in quel momento vedevo lei, anche se sapevo che il suo tocco era diverso era diverso dalla ragazza che mi era accanto, è più delicato e magico. Ad un certo punto però trovai il coraggio e mi alzai di scatto, con lei che era ancora intenta a fare moine nella speranza di ottenere qualcosa da me, ma non avrebbe ottenuto nulla, come sempre. Me ne andai senza dire una parola e tornai a casa. Ero solo e cominciai a tirare a pugni un cuscino. Cominciai a pensare che se non fossi sopravvissuto da piccolo magari lei non starebbe soffrendo, non per causa mia - perché c'è sempre qualcosa per cui siamo portati a soffrire -, oppure sarebbe stato peggio. Ma riguardo al come ho potuto farlo non me lo spiego e chiedere spiegazioni ad altri per questo è inutile. 

Io la adoro, è perfetta, e sì, se qualcuno dovesse mai chiedermi se ho mai conosciuto la perfezione indicherei lei e direi che sono un idiota ad essermela fatta scappare quando l'avevo tutta per me. Che rabbia averla ferita. Dopo aver sfogato tutta la rabbia sul povero cuscino, che ne uscì straziato, mi buttai sul letto e restai lì, totalmente immobile, perché in quel momento ero semplicemente totalmente impotente. Anche se l'avessi chiamata lei non avrebbe risposto, non avrebbe voluto parlarmi, e ne aveva tutto il diritto - avrei fatto così anche io. Non sapendo che fare mi addormentai e il giorno dopo sembrava che non fosse successo nulla. Speravo che tutto ciò fosse stato un incubo, invece era una spina che faceva male, ma non feci nulla per cercare di alleviare il dolore che aveva provocato. Ora divento un muto selettivo quando il tema della conversazione diventa Emma. Tutti lo hanno notato, i miei amici, mamma, papà, Michele, anche Mattia. La situazione non cambia e non so cosa fare, perché ho paura che qualsiasi cosa faccio possa peggiorare tutto e allora continuo a non fare nulla e a essere arrabbiato con l'idiota che sono. Sono passate due settimane. Sono accovacciato sul divano con le mani tra i capelli, quasi come se volessi strapparli dal nervosismo.
«Devo seriamente fare qualcosa altrimenti divento pazzo» urlo reprimendo la voce nel cuscino. Nel mentre penso a cosa posso fare inizio a giocare nervosamente con una bottiglietta d'acqua vuota e finisco per togliere il cerchio di plastica che è attorno al collo della bottiglia, mentre il resto finisce accartocciato ai piedi del letto. Sembra un anello di quelli da mettere al dito, abbastanza rudimentale ma carino, visto il suo colore rosa confetto.
"Le starebbe bene al dito" mi viene da pensare "se solo potessi tornare indietro per cambiare le cose". Non posso fare nulla per cambiare il passato, ma fare qualcosa ora potrebbe cambiare ciò che potrebbe succedere ora. Ma lei non vorrà mai vedermi, ma io sì, o almeno sentire la sua voce e accertarmi che stia bene. Così allungo la mano per afferrare il cellulare, in preda al desiderio di chiamarla per sapere come sta, ma non voglio che poi le cose vengano sistemate per telefono, non voglio nascondermi, anche se per quello che ho fatto mi vergogno molto. 

Allora le mando solo un SMS.

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