🖤- Capitolo 33 || Analisi -🖤

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"Katherine" Alyssa si alza dallo sgabello con la bocca ancora aperta in un sorriso, e si avvicina a me "Hai veramente fatto sesso con Wesley e Kledy?" mi chiede, appoggiando le mani sopra le mie spalle. Mi pare di averlo detto e fatto capire molte volte, no?

"Sì" rispondo ricambiando il sorriso "E credo che adesso debba andare da quei due, per ricordarglielo" ghigno. 

"Non posso crederci" sento mormorare da Victoria, mentre si passa una mano tra i capelli. La sua reazione mi disturba parecchio.

"Ma per favore, Victoria" sbotto sbuffando "Perché sei così scioccata e seccata se tu vorresti scoparti mio fratello? Sempre se già non lo hai fatto" la mia frase la fa diventare pallida come un lenzuolo, ed io sorrido ancora di più, perché azzecco sempre cosa dire in questi casi "Uno scambio equo di.. fratelli" le faccio l'occhiolino.

"Oh mamma mia" Cassandra cerca di soffocare la sua risata tappandosi la bocca con la mano, e dandoci le spalle.

Io decido di lasciar perdere la situazione in cucina, e di salire in camera mia per vedere cosa stanno combinando quei due idioti. 

Ripensando a questa notte, percepisco tante emozioni diverse, combattere tra di loro. Non riesco a fare chiarezza con i miei pensieri. È stato pazzesco, sì, ma manca qualcosa, un pezzo, che la mia testa non riesce ad individuare.

Salgo le scale, ma gradino dopo gradino, mi blocco.

Guardo la porta chiusa della mia stanza, non più sicura di voler entrarci e vedere Wesley e Kledy.

Credo che sia una situazione piuttosto strana e complicata, ed io.. non posso affrontare questo tipo di cose, non ce la faccio. O almeno non contemporaneamente.

Rilascio dei sospiri uno dopo l'altro, stranendomi di questa improvvisa ansia.

Il respiro mi diventa irregolare, il petto si alza e abbassa con una velocità che non vedevo da circa due anni, le mani iniziano a sudarmi, la testa gira e diventa leggera.

Tutto sta tornando come prima, manchi solo tu.

"No" sbotto sorreggendomi nella ringhiera "Merda"

Nonostante l'attacco di panico non mi sia passato del tutto, torno indietro, scendendo le scale. Ritorno di fretta in cucina, prendendo le chiavi della mia macchina e il cellulare da sopra il bancone.

"Katherine, stai bene?" ignoro la domanda di Alyssa, e in men che non si dica, esco dalla villa.

Appena entrata in macchina, ed esser partita come una furia tra le strade di Miami, devo almeno contare fino a cento per non dar retta al mio orgoglio, che in questo momento sta urlando di non farlo, di non chiedere aiuto a nessuno.

Ma ascolto la parte razionale di me.

Oggi è stata la prima volta, ma le cose possono peggiorare. E cazzo, questa è la seconda volta che si fa viva la vocina nella mia testa.

Parcheggio davanti l'ospedale, essendo sicura che sarà questione di due minuti.

Passo dopo passo, dopo aver varcato il portone dell'ospedale, il ripensamento viene a galla tra i miei pensieri, e sono molto tentata di tornare indietro e far finta come se non fosse successo niente.

Ma ormai è troppo tardi.

Dopo aver dato una cartellina ad una infermeria, gira la testa verso di me, come se avesse percepito la mia presenza e il mio sguardo su di lui.

È sorpreso di vedermi.
In effetti lo sarei anch'io.
Non mi vede da un anno, a causa del carcere.

Mi fa cenno di seguirlo, ed io a debita distanza, cammino dietro di lui con disinvoltura.

Il pericolo nei nostri occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora