II

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-Cecil!

Lo sguardo del ragazzo cadde sul mio ginocchio e spalancò la bocca, impressionato.

Del sangue stava sgorgando goccia dopo goccia sempre più rapidamente ed io non riuscivo più a resistere.

Tornò a guardarmi negli occhi.

Mi faceva troppo male.
Che chiamasse subito le guardie a quel punto, io non resistevo più.

-Non ti muovere..- mormorò per non farsi sentire.
Lo guardai ancora negli occhi poi annuii debolmente.

Sentivo il mio viso completamente sudato e non riuscivo più a resistere.

Era troppo doloroso.

Il ragazzo si alzò in piedi e si allontanò.

-Madre, eccomi.- sentii dire dalla sua voce.
-Oh, sia ringraziato il Signore. Cecil, hai la piccola?- chiese austera la madre.
-Si, signora.
-Bene. Rientriamo!
Sentii dei passi allontanarsi poi il silenzio.

Ero ancora vivo.

Ma comunque non riuscivo a muovermi.
Avevo bisogno di appoggiarmi a qualcosa. Qualsiasi cosa che mi desse un sostegno.
Vidi una pietra grande dietro cui ripararmi poco più avanti e così piano piano strisciai a terra e vi arrivai.
Il dolore alla gamba era atroce e, una volta li, cercai di prendere più respiri profondi che potessi.
Portai una mano tremante al ramo e tremando presi fiato.

La estrassi in un unico movimento.

Il dolore fu talmente forte che non riuscii a trattenere dei lamenti, seppur attutiti dalle labbra premute tra loro.
Il sangue continuò a scorrere, anche più copioso di prima e la ferita bruciava da morire ma almeno il dolore del ramo conficcato dentro terminò.

Presi fiato, presi aria. Il più possibile.

Non doveva andare a finire così quella maledetta serata.

Non riuscivo a muovermi. Ero stanco e debole, ed il sangue continuava a sgorgare dalla ferita.
La mia schiena era poggiata al masso ed il vento della sera che si inoltrava nel parco si scontrava con il mio sudore facendomi sentire un freddo glaciale sulla pelle.

Dopo quelle che mi parvero ore, sentii dei passi.
Erano vicini ma non troppo.
Poi i passi si interruppero.
Sembrava stessero cercando qualcosa.
Poi ripresero e vidi una figura di nuovo davanti a me.
-Ti avevo detto di non muoverti.- gli sentii dire.
Il mio respiro era frenetico e mi sentivo fiacco come non mai.
-Hai lasciato una scia di sangue per terra. Dopo dovrò toglierla.- disse ancora.
Il ragazzo di poco prima aveva con sé del cotone, lo vidi mentre lo maneggiava per renderlo morbido e compatto al punto giusto.
Poi prese ad armeggiare con il mio pantalone, all'altezza della ferita.

Lo strappò con forza e ripiegò i lembi per vedere bene il punto in cui mi ero fatto male.
Lo sentii prendere un respiro.

-Brucerà. Non urlare.
Annuii appena, per quello che potevo e riuscivo a fare.

Dopo aver estratto il ramo della gamba, il bruciore della medicazione mi parve nulla in confronto.
Dovetti resistere ma non fu così difficile.
Dopo un po', smise anche di fare male.

-Sono rimaste delle scheggie. Le vedo meglio ora che è pulita.- lo sentii dire mentre puliva l'intera zona, piena di sangue. -Farò piano. Promesso.
Annuii ancora.
In effetti non fu piacevole ma si concluse anche questo abbastanza in fretta.
Poi sentii l'ago ed il filo ricucire la ferita.

Lo avevo fatto tante volte. Ormai ero abituato ai punti.
E poi il ragazzo era stranamente abile nel farlo. Nemmeno Mary era così brava.

-Fatto.- disse ad un tratto.
Solo allora appoggiai la nuca al sasso e distesi la gamba.
Ripresi fiato.

Robin HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora