22. Halloween

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Pᴀɪɢᴇ

Stasera è in programma la festa di Halloween organizzata dal comitato degli studenti.

Il trentuno ottobre è per noi americani una delle festività più attese e ci dà la possibilità, per una sola notte, di indossare una maschera e interpretare una parte fuori dal solito personaggio.

Io, per esempio, vesto i panni di Maleficent. Il corpetto nero segna i punti e valorizza il seno, e la gonna arriva a metà coscia. Ciò che salta indubbiamente all'occhio sono le corna giganti che ho in testa.

Ho eseguito un make-up abbastanza pesante, diverso da quello usuale che si basa su colori neutri. La spessa linea di eye-liner, però, non mi dispiace affatto e il rossetto viola immaginavo che mi stesse peggio.

Io e Chloe abbiamo optato per un travestimento abbinato e, infatti, lei è Aurora, la Bella Addormentata.

Ci siamo date appuntamento a scuola, anche perchè io ho un appuntamento che precede la serata. Aaron mi ha scritto un paio di giorni fa e mi ha chiesto formalmente di uscire, così gli ho proposto di andare a mangiare qualcosa prima di andare alla festa.

Incrocio mamma e Cassandra, giù in salotto, che mi fanno le solite raccomandazioni. Lascio Baxley Hall e mi dirigo al cancello, oltre il quale c'è una macchina di un blu acceso. Poggiato alla fiancata vi è proprio Aaron, con indosso la tuta da Ghostbuster e gli occhiali da sole calati sugli occhi. Mi sorride mentre gli vado incontro. «Buonasera, Maleficent»

«Buonasera... chi dei quattro sei?»

«Venkman, ovviamente», mi risponde. Mi apre la portiera e mi invita a entrare. «Stai attenta alle corna, mi raccomando», mi consiglia.

Fa il giro e si va a sedere al posto del guidatore. Mi fa parecchio strano essere in macchina con qualcuno che non sia il mio autista oppure un membro della mia famiglia.

Mette in moto e percorre le strade di Hollywood, diretto non so dove. Accende la radio e mi lascia scegliere la stazione radio. Facendo zapping, trovo una canzone dei Florence + The Machine: Dog Days are over. Istintivamente, la mia mente vola a Noah e a quando mi aveva prestato le sue cuffie, quel giorno sul pullman.

«Allora», comincia lui. «Come va la vita?»

Gran bella domanda. «Be', non posso lamentarmi di certo. Ultimamente sono successe molte cose e sto ancora elaborando. Tu, invece? Com'è stata la prima sconfitta?»

«Uh, vai spedita proprio sui tasti dolenti», ironizza. «Ad ogni modo, non potrebbe interessarmi di meno. Gioco a rugby solo per accontentare mio padre, ma per il resto non sono un patito dello sport»

Sorprendente rivelazione: esistono sul serio maschi a cui non interessa lo sport. E io che credevo fosse una leggenda metropolitana!

«Cosa ti piace per davvero?», mi viene spontaneo chiedergli.

Ha gli occhi fissi sulla strada e destreggia il volante con scioltezza. In tutto ciò, mi ricordo che io non ho la patente e che sarebbe il caso di familiarizzare con l'idea di doverla prendere.

«Amo la fotografia», mi confessa. «Mi piacerebbe studiare quella al college»

«Hai già idea di dove fare domanda?»

«Ci sono molti programmi validi, ma credo che rimarrò qui a Los Angeles, alla UCLA. E, chissà, dopo vorrei andare in Europa». Si ferma dinanzi ad un semaforo rosso e si concede di guardarmi. «Tu?»

La prima cosa che penso, è che i suoi occhi non sono celesti come il cielo, ma castani, come la terra. L'esatto opposto. Eppure, perchè mi rimandano ad un'altra persona?

𝐒𝐧𝐨𝐰 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora