Capitolo 18

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18 gennaio 1989.

D scattò in piedi facendomi fare lo stesso.

Confusa ed annebbiata dall'intenso buio della stanza, bruscamente interrotto dalla luce artificiale che si fece spazio con prepotenza.

Mi rivestii in fretta.

Rabbrividii appena misi a fuoco il viso di lui , completamente contratto, deluso ed incredulo.

Entrambi venimmo strattonati, trattenuti e separati per quanto tentammo di opporci.

-Che peccato-.
Si volse verso D.
-Avevi un solo compito e hai fallito miseramente-, avanzò di un passo nella sua direzione, -ma non preoccuparti, l'ubbidienza verrà ricompensata-.

Fu un attimo.
Ci fu una lotta, una resa e grida.
Uno sparo e sangue.
Tanto sangue che sgorgava da una ferita aperta. Una ferita di cui ci sarebbe rimasta nient altro che una cicatrice.
Mani impregnate di quel liquido caldo, rossastro ed appiccicoso. Guardai quelle mani.... erano le mie.
Alzai lo sguardo incrociando quello di lui, colmo di disprezzo.
Infine guardai D.
Livido, ferito e dispiaciuto.
Gli sorrisi.
Era colpa nostra ed era finita.
Era tutto finito.


-Ci siamo solo io e te...-.

D pronunciò quelle parole sussurrandomele all'orecchio con tono dolce e rauco che particolareggiava la sua voce.
Sussultai per un attimo.

Entrambi irrequieti.
Affondai le unghie nella sua schiena curvando la mia per poi prendere il comando.
Agguantai le sue mani posizionandole sui miei fianchi, guidando i movimenti.

Mi guardò confuso.
Raramente conducevo il tutto ma sentivo... avevo la necessità di farlo questa volta.

La danza continuò nel silenzio più assoluto.

Quella strana sensazione continuava ad attanagliarmi lo stomaco, stringendolo in una morsa dolorosa.

Osservai D.
Teneva gli occhi chiusi.
La pelle madida di sudore sembrava brillare.
I capelli sul cuscino quasi a ventaglio e le labbra socchiuse, completamente perso.

Mi chinai per baciarlo.

Poi capovolse le nostre posizioni.
E mentre mi tenevo stretta a lui, raggiunto il culmine... piansi.

E mentre lui mi stringeva a se, lo implorai di smettere. Di smettere di incolparsi, con il solo sguardo, che ad entrambi bastava per capirci... che andava bene così, che non era affatto colpa sua... perché era ciò che gli leggevo in volto.
Mi soffermai su quelle braccia calde che, poco tempo prima, mi avevano stretta e tenuta al sicuro. Sulle labbra... quelle labbra che avevano reso più sopportabili le mie cicatrici. Quegli occhi umidi che mi avevano guardata come un gioiello con bramosia e dolcezza.

-Ci...-, chiusi gli occhi, -Ci siamo solo io e te-.

Mi lasciai andare.

Presente.

-Ci siamo solo io e te-.

Mi scossi dai ricordi mentre gli stringevo un braccio intorno al collo mentre lui aumentava la presa su di esso con il protesico.

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