Capitolo 33

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Il fruscio di voci mi svegliò di soprassalto facendomi sedere di slancio. Mi portai le mani alle tempie stringendo le ciocche di capelli. Era troppo, troppo doloroso. Mi morsi il labbro per non gridare, D dormiva sereno e non potevo svegliarlo.

Anche se eravamo in allerta visto la quantità di soldati che ci tormentavano, avevamo, in un certo senso, ripreso ciò era stato interrotto nell'89.

Ogni singola voce di ogni persona nei paraggi mi stava torturando. Così dal nulla, come se fossi una dannata trasmittente.

Volevo spegnere tutto.
Volevo essere libera dal dolore.
Volevo respirare perché ogni tentativo mi schiacciava, mi uccideva.
Persino deglutire sembrava un'impresa.

Mio dio state zitti vi prego.

Sembrava un ronzio di api.
Perché cavolo ogni tre per due la mia telepatia doveva dare di matto in questo modo?!

Una parte di me rimpiangeva il passato.
Quel passato in cui non sentivo nulla... in cui non provavo emozioni, in cui la mia telepatia era solo un miraggio.

Il naso prese a sanguinarmi copiosamente.
Tentai di tamponarlo ma...

-Guardami-.

Chiusi gli occhi voltando il viso da una parte ma lui mi prese il mento costringendomi a voltarmi.

-Apri gli occhi-.

Deglutii facendolo, lentamente.

Mi baciò.

Ricambiai rilassando il mio corpo.
Questo lui faceva, mi calmava.
Assopiva i miei poteri come un antidolorifico.

Interruppe il bacio e mi carezzò i capelli.

Sorrisi.

-Va meglio?-.

Stava per annuire ma mi sentivo debole, priva di energia.

Mi aggrappai ai suoi avambracci con forza.
La vista divenne sfocata.

-AM?-.

-Sto bene-.

Alzai lo sguardo.
Presi il suo viso fra le mani.
-Va tutto bene, ok-.

Continuò con le carezze.
-AM?-.

Abbracciai D per poi svenire.

Mi svegliai di soprassalto, ridestandomi da quel ricordo.
Percepii D stringermi a se.
Era così caldo.
Una stufa.
Schiena contro petto.
Il braccio metallico sopra l'altro, entrambe intorno al mio torace.

Era più protettivo da quel giorno... e come dargli torto? Ero deceduta e svenuta una volta fra le sue braccia. Odiavo avergli fatto questo.
Non perdonavo me stessa, forse non l'avrei mai fatto.

Mi accoccolai a lui ancor di più facendolo mugugnare.

Mi volsi e rimasi a fissarlo.

I suoi dolci lineamenti risaltati dalla luce lunare.
I capelli cioccolato decisamente più lunghi disposti sul cuscino. Solleticavano la mia pelle procurandomi leggere scosse di piacere.

Mi morsi un labbro.

Era uno spettacolo e mi era mancato troppo.
Ogni cosa di lui mi era mancata.

Spostai una ciocca caduta per via di un suo piccolo movimento del viso.

Rimasi ad ascoltare il suo respiro agitato.
Venne pervaso da piccoli scatti.

Faith Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora