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Yoongi

Subito dopo il pranzo con Jimin e Hoseok salii nella mia stanza.
Era stato bello quel momento ma mi sono ripromesso di lasciarli in pace almeno quel giorno, dovevano godersi la loro giornata al massimo e non pensare a me.

Piuttosto in quell'istante mi venne in mente una dolce melodia, tanto dolce quanto malinconica e sentivo di doverla suonare. Una nuova canzone era proprio ciò che ci voleva, così mi sistemai e uscito dall'hotel mi diressi verso l'ultimo teatro in cui mi ero esibito proprio ieri sera, era più o meno vicino all'hotel, così andai a piedi, dopotutto camminare non poteva farmi altro che bene.

Quando arrivai, chiesi ai proprietari se potevano darmi una stanza, possibilmente insonorizzata, in cui poter suonare senza recare più alcun disturbo.
La donna che stava al comando del teatro mi trovò la stanza che desideravo ed io la ringraziai con un sorriso appena accennato, poi lei andò via ed io mi sedetti alla panca, mettendo subito le mani sui tasti.

Se c'era una persona a cui stavo dedicando quella melodia era sicuramente Namjoon. Dopo il sogno fatto qualche settimana fa, infatti, non riuscivo a smettere di pensarci, e se c'era un ricordo particolare che mi venne in mente, era sicuramente quando avevamo passato un'intera notte a suonare al suo nuovo pianoforte, le mie mani sulle sue, i nostri sguardi gioiosi, i nostri cuori che battevano forte.

Una lacrima mi sfuggì e corse lungo il mio viso. Volevo tornare al passato? Al nostro amore? Sì, era ciò che volevo. Una lacrima dopo l'altra scivolava sul mio volto, un ricordo dopo l'altro tornava a galla.

Passai ore interminabili a suonare dopo quel pianto, volevo completare quella melodia, forse, una volta finita, l'immagine di Namjoon sarebbe finalmente svanita.
Chissà se anche lui a volte ripensa a ciò che abbiamo passato insieme, chissà cosa prova quando sono nella sua testa, chissà se anche lui sente il cuore che sta per scoppiargli o le labbra bruciarli per la voglia che ha di baciarmi.
Chissà se anche a lui succede tutto ciò che capita a me.

*

Quando mi staccati finalmente dal pianoforte, alzai lo sguardo e vidi che era buio, e sentendo il mio stomaco brontolare per la fame, uscii dal teatro per andare in un locale. Camminai per una decina di minuti nel senso inverso - quindi verso l'hotel - e trovai un bar che mi sembrò subito perfetto, probabilmente aveva aperto da poco.

Davanti ai miei occhi si presentarono moltissimi tavoli coperti da grandi ombrelloni, mentre all'interno, si trovava un grande bancone a ferro di cavallo, e mentre nella parte centrale vi era la cassa, ma era stata installata un'isola in cui si trovavano i fornelli. Ai lati c'erano delle sedute molto particolari, infatti sembravano delle altalene, erano sorrette da delle corde molto spesse e attaccate alle travi del soffitto, e chissà, se io e Namjoon dovessimo fare pace potrei portarlo qui.
Non sapevo il perché, ma sentivo che sarebbe piaciuto anche a lui quel bar.

Era pieno di gente, ma si stava bene, il calore che emanava quel luogo era immenso, mi faceva sentire quasi a casa, nonostante io non fossi un grande amante delle folle.

Ordinai qualcosa da mangiare, giusto per non rimanere a digiuno, e restai lì a godermi la serata, ascoltando la musica allegra proposta dal locale, e intanto la mia mente viaggiava.

Mi sentivo rilassato, ma altri ricordi di Namjoon, tornarono a galla, tutti i momenti preziosi che avevo passato con lui, tutto l'amore che ci eravamo donati, tutte quelle volte che le farfalle avevano riempito il mio stomaco per la gioia, tutte quelle volte che mi aveva aiutato a stare meglio dopo tutti gli scontri avuti con i miei genitori.

Ogni minimo ricordo equivaleva a un sorso del mio drink, ed esso si moltiplicarono a dismisura. L'ultima cosa che mi venne in mente fu la nostra litigata, e quel bicchiere di vetro lo sentii forse troppo, ero sul punto di spaccarlo.

Perché dopo tutta la gioia era dovuto succedere quello? Mi struggeva ogni volta che ci pensavo e solo quel terribile ricordo bastava per tornare al principio, non se ne andava mai.
Ma dovevo andare avanti, tornare da lui era tutto quello che volevo.

Dopotutto, se quel litigio mi tornava ancora in mente, era solo colpa mia...
Perché al posto di quelle parole tanto dure non l'ho abbracciato? Perché mi sono lasciato abbindolare dai miei genitori? Non ero più un bambino, ero cosciente.

Era solo colpa mia.

Altre lacrime quel giorno rigarono il mio viso, ma se prima erano dolci e sapevano di nostalgia, adesso sono amare e sanno di rabbia, solo, però, nei miei stessi confronti.
Dovevo tornare a casa fino a che ero ancora cosciente, così presi il portafogli dalla tasca dei jeans e presi i soldi per darli al cassiere.

Nel modo di aprirlo, però, mi cadde, da una delle sue piccole tasche, una fotografia. La riposi al suo posto, poi pagai e uscii dal locale.
Ero molto vicino all'hotel e non ero ancora ubriaco al punto di barcolla re o vomitare, avevo solo un po' di mal di testa, così mi affrettai e uscita la chiave elettronica entrai nella mia camera, mi spogliai, posai il portafogli sul comodino e mi misi sotto il lenzuolo bianco che copriva il letto.

Poi accesi la lampada che era sul comodino e presi la foto, ritraeva me sulle gambe di Namjoon mentre ci davamo un bacio sulle labbra.
L'azzurro si trovava su una delle poltrone della casa di Hobi, quindi doveva per forza essere il giorno della festa per Jimin.

Erano passate poche settimane dall'inizio della nostra relazione e Taehyung - che quel giorno aveva deciso di portare la sua macchina fotografica - ci fece diverse foto, ma questa era la più bella, così bella che l'ho voluta a tutti i costi, e solo adesso capivo il perché.

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