Matt era solo, seduto alla sua scrivania nel suo ufficio. Il capo chino tra le mani e con lo sguardo sembrava fissare un punto indefinito della scrivania. Per lo più era perso nel vuoto. Era triste, distrutto. Aveva perso una componente importante della sua squadra, la fidanzata di uno dei suoi migliori amici, nonché colleghi. Si sentiva tremendamente in colpa. Era come avesse un macigno del petto che con il passare del tempo diventava sempre più grande, pesante ed opprimente.
Come era stato possibile che accadesse tutto ciò?
Stella era dietro di lui, a pochi passa di distanza. Tra i due colleghi c'era solamente la madre che avevano salvato.
Cosa diavolo era andato storto?
Matt continuava a torturarsi cercando di trovare una spiegazione, passando in rassegna, nella sua mente, ogni momento di quella tragica giornata.
La notte che ormai era calata sulla città di Chicago non faceva altro che alimentare le ombre che si erano creste nel suo cuore.
Il capitano sentiva il bisogno di sfogarsi. Sapeva che non appena avesse anche solo provato a parlare sarebbe scoppiato a piangere, ma doveva dire a qualcuno come si sentiva o sarebbe impazzito a lungo andare.
Sì alzò quindi e con gli occhi gonfi e carichi di lacrime che attendevano solo il via per poter scendere sul suo viso iniziò a camminare per il corridoio.
Dopo pochi passi si ritrovò davanti alla porta dell'ufficio del suo collega ed amico Severide. La sua stanza era contigua s quella di Matt.
Casey sapeva di dovergli parlare prima o poi. Sentiva la necessità di scusarsi con lui per una colpa che in realtà non aveva.
Stava per bussare alla porta, ma poi esitò decidendo che sarebbe stato meglio attendere ancora un po' prima di andare da lui.In realtà temeva la possibile reazione di Severide. Quello che però il capitano non sapeva era che il collega non era nella più sua stanza. Era in bagno steso a terra incosciente.
Camminando camminando arrivò davanti all'ufficio di Boden e bussò attendendo la sua risposta per entrare.
Aveva bisogno di parlare, aveva necessità di capire dove aveva sbagliato.
Si sentiva come se stesse per esplodere. Voleva urlare il suo dolore, si sentiva un leone in gabbia.
Solo il suo essere un uomo riservato e composto gli impedivano di sciogliersi completamente.
Di una cosa però era certo: se Kidd non era più con loro era colpa sua e doveva capire dove aveva sbagliato.Aveva perso la ragazza del suo migliore amico.
Arrivato davanti all'ufficio del comandante bussò alla porta.
- Avanti - rispose Boden
- Capo io.. - disse Matt
- Entra Casey, siediti. - lo accolse il capo
- grazie - fu l'unica cose che il capitano riuscì a rispondere.
Nella stanza si diffuse il silenzio, nessuno osava parlare.
Il comandante osservava il suo capitano, se ne stava seduto nella sedia coi gomiti sulla ginocchia e la testa tra le mani che muoveva nervosamente tra i corti capelli. Non c'era bisogno di chiedergli come si sentisse. La sua posizione parlava già da sola.
- Capo come è stato possibile?- chiese Matt senza alzare gli occhi, con un tono sofferente come se stesse quasi per piangere ponendo fine a quell'assordante silenzio che c'era nella camera.
- Non lo so. - rispose Boden. - purtroppo le cose succedono. Non sempre vi è una spiegazione per ogni cosa. -
- Non doveva accadere - Casey quasi urlò balzando in piedi e camminando rabbiosamente avanti e indietro nella piccola stanza - eravamo insieme, lei era pochi passi dietro di me. Eravamo quasi fuori potevo già intravedere la porta dell'edificio. Avrei dovuto stare più attento, avrei dovuto far stare lei davanti a me.
- Che vuoi dire? - domandò Boden
- È morta per colpa mia capo, dovevo esserci io al suo posto. - gridò Matt scoppiando in un pianto inconsolabile
- Non è colpa tua - cercava di asserire il comandante, ma il suo pompiere non ascoltava.
Il capitano era caduto in ginocchio con le mani sulle gambe chiuse a pugno stretto. Le unghie si infilzavano nella carne dei palmi. I muscoli erano rigidi. La sua testa era china e grandi lacrimoni solcavano le sue guance lasciando degli aloni di bagnato sui pantaloni blu che il giovane indossava.
Boden fece il giro della sua scrivania e si chinò a fianco del suo amico cercando di consolarlo tenendogli una mano sulla spalla.
Non c'erano parole da dire. Wallace poteva solo fargli sentire la sua vicinanza e la sua presenza.
Era ovvio che non era colpa sua. In realtà non era colpa di nessuno. Quello che era successo era stata solo una fatalità e Matt doveva capirlo. Piano piano se ne sarebbe fatto una ragione.
C'era bisogno di tempo poiché come si suol dire il tempo cura tutte le ferite.
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Io e te per sempre
AventuraE se un giorno Kelly dovesse fare a meno di Stella? Fanfiction Stellaride