Gideon

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"Ciao, io sono Jordan."

"Ciao, Jordan." Anastasia mi lanciò un'occhiataccia quando vide che non rispondevo al saluto generale. Mi rifiutavo di far parte di quella massa di voci informi e annoiate. Chi se ne fotte di Jordan? Dopo tre ore di gruppo di sostegno avevo imparato due cose: uno, le sedie di legno erano la cosa più scomoda che avessi mai provato e due, Anastasia Steele era capace di fissarti in modo atroce per tre ore di fila. L'applauso generale mi indicò che anche quella dolorosa presentazione era finita.

"Bene." esordì la dottoressa, facendo un mezzo sorriso "C'è qualcun'altro che vuole presentarsi, oggi." Sentii un calcio arrivare alla gamba della mia sedia. Mi voltai verso sinistra, fulminando Anastasia con lo sguardo mentre lei guardava noncurante i lacci delle sue scarpe. Lei non aveva parlato. Era rimasta muta, con il culo poggiato sulla sedia ed uno sguardo di compassione per chiunque aprisse quella cazzo di bocca. "Nessuno?" Un altro calcio, e mi infossai ancora di più nella sedia, portandomi il cappuccio sulla testa. Anastasia prese a tossire come una pazza, mettendosi una mano davanti alla bocca.

"Grey. Christian Grey." No. Stronza! Il mio nome detto tra quei colpi di tosse traditori fece incuriosire Capelli a Caschetto lì in mezzo, che guardò la cartella con i nomi.

"Christian." Diede un rapido sguardo alle venti anime messe in cerchio, per poi fermarsi su Anastasia. Vidi la sua testa fare un movimento impercettibile verso di me, e strinsi i pugni sotto le ascelle, pensando a cosa mi avrebbe fatto Elena se le avessi procurato uno sgarbo simile. "Sei tu?" mi chiese la rossa, portandosi una ciocca dietro l'orecchio. Avrei potuto negare, ma il nome appuntato sulla mia felpa mi tradiva. Stupidi cartoncini! "Perché non ci parli un po' di te?" Ringhiai per la frustrazione, alzandomi con poca eleganza e facendo rumore con la sedia. L'unico rumore in quell'ala vuota.

"Sono Christian." borbottai, alzando la testa e puntando Anastasia. "E il mio problema è quello di avere una coinquilina stronza e impicciona." Il gruppo scoppiò a ridere, mentre Steele arrossiva visibilmente, mordicchiandosi il labbro inferiore. Ora te la faccio pagare.

"Cerca di moderare i termini." mi redarguì Capelli a Caschetto, facendo aumentare le risate.

"Scusi, ma credevo che qui potessimo dire la verità." Mi sedetti senza dire altro, incrociando le braccia con fare soddisfatto. Okay, avevo imparato tre cose stando lì: uno, le sedie di legno erano la cosa più scomoda che avessi mai provato; due, Anastasia Steele era capace di fissarti in modo atroce per tre ore di fila e tre, Anastasia Steele probabilmente non mi avrebbe parlato più. Mai più, e di questo ero felice.

Morsi una mela, lasciandomi andare sulla panca della mensa e poggiando i gomiti sul tavolo. Ero da solo, come al solito, e guardavo il nugolo di gente che mi sfilava davanti tenendo i vassoi in una mano. Era come al liceo. Notai che i ragazzi si dividevano in gruppi, ma non avrei potuto identificare secondo quale criterio. Qui sembravano tutti uguali. Una massa di volti cerei, alcuni avevano i denti rovinati dal fumo, altri i nasi storti, sicuramente bruciati. Iniziai a dividerli secondo il nome delle loro droghe: vicino alla finestra dovevano esserci i cocainomani. Alcuni di loro iniziavano già ad avere i tic dell'astinenza. Forse nel tavolo davanti al mio c'erano gli strafatti di meta: erano i più emaciati, e piluccavano il cibo come uccellini. Notai Anastasia che entrava dalla grande porta verde, parlando allegramente con una ragazza bionda. Gesticolava come un vigile urbano, e smise solo quando ebbe il vassoio nelle mani. Non mi aveva parlato per tutta la mattina. Forse l'avevo offesa veramente. Meglio così. Ci sarà meno rumore. Lasciai perdere il torsolo del frutto e mi avventai sulla carne con patate. Dovevo ammettere che la cuoca era davvero fantastica, ma ora ero troppo concentrato su Anastasia per farci caso. Volevo vedere dove sarebbe andata a sedersi. Di cosa si faceva? Forse così avrei potuto scoprire qualcosa di più su di lei. Il rumore di un vassoio sbattuto sul mio tavolo mi fece sobbalzare. "Che cazzo!" sbottai, voltandomi verso la causa del rumore. Un ragazzo moro era seduto nella parte più lontana della panca, e guardava il vassoio pieno con intensità. Era pallido ed emaciato. Gli occhi azzurri troppo grandi. Forse al tavolo degli strafatti di meta avevano finito i posti.

"Grey! Ecco dov'eri." Due altri vassoi, e ormai la mia quiete era stata bruscamente interrotta. Anastasia si era portata dietro quella bionda, che adesso mi fissava dall'alto con aria di evidente interesse. Era nel gruppo di questa mattina, quindi doveva aver sentito la mia battuta di spirito. Forse aveva anche riso. "Dopo la tua performance Eva ha insistito col conoscerti. So che non sei socievole, ma se non l'accontento inizia ad urlare."

"Sta zitta." sussurrò Eva, tirandole una fiancata che la fece piombare sulla panca davanti alla mia. Ana ridacchiò, ed io notai il suo vassoio: c'era solo una triste mela e uno yogurt alla fragola e vaniglia della Danacol. Mi sentii affamato per lei.

"Vedo che ti sei già fatto un nuovo amico." mormorò, chinandosi verso di me e indicando con discrezione il ragazzo che continuava tranquillamente a mangiare.

"Ma quello è Cross." Se avesse potuto, Eva avrebbe urlato. Dovevo ammettere che era bella, ma soprattutto provocante. Aveva una terza abbondante stretta in un top da seconda, e jeans attillati strappati sul ginocchio. I capelli biondi legati in una coda scomposta e due grossi orecchini a cerchio. L'esatto opposto della piccola Anastasia, che adesso fissava il moro con lo stesso stupore della sua incompatibile amica.

"Non l'ho chiamato io." borbottai, sentendomi in dovere di distogliere l'attenzione di Steele da quel tipo. Scossi la testa e misi in bocca una porzione di patate. "Cos'ha di tanto speciale?" Anastasia si voltò verso di me, togliendo la carta dallo yogurt e iniziando a mangiarlo con lentezza.

"Non lo sai? Sul serio?" chiese, e quel tono di semi-sufficienza mi diede ai nervi. "Quello è Gideon Cross. Il figlio di Geoffrey Cross, l'azionista di New York." Sbarrai gli occhi, strozzandomi con l'acqua e iniziando a tossire.

"Quel Cross? Quello che ha fottuto milioni alla LandCorp e affini?" esclamai, mentre la mascella non voleva saperne di ritornare al proprio posto. Ricordai i titoli sui giornali, anche se avevo solo sei anni. Più che altro l'odore dell'inchiostro, e la voce della telecronista sul televisore. Le imprecazioni degli amici di mio padre che avevano investito in quelle società defraudate. Quel coglione di Cross. Se non si fosse buttato da un balcone lo avrei spinto io!

"Sta zitto, stupido." ringhiò Eva, ma ormai era troppo tardi. Gideon Cross mi guardò con odio, prendendo il vassoio e sbattendolo sul ripiano insieme a quelli sporchi prima di uscire dalla mensa a testa bassa. Notai che i cocainomani lo stavano fissando e ridacchiavano tra loro come coglioni, oppure il vero coglione ero io. "Mio Dio, dove hai lasciato il tatto?"

"Eva, finiscila. Non l'ha fatta apposta." mi difese Anastasia, lasciandomi sbigottito. Stava davvero difendendo... me?

"Sarà, ma intanto non è stato lui quello messo in ridicolo." Buttò un'occhiata veloce al tavolo vicino alla finestra. Potevo sentirli sussurrare. Il figlio del suicida.Anche mio padre ha perso soldi a causa sua. Secondo me sta andando a tagliarsi. Eva si era allontanata. Mi aveva sbattuto quel bel culo tondo in faccia e mi aveva lasciato solo con un'Anastasia imbarazzata. Guardai gli avanzi nel mio vassoio, e per la prima volta lo allontanai con una mano. Non avevo più fame.

Quante di voi sono fan della Crossfire? Ditemelo. È sempre bello trovare propri simili!

It's only a bad dream, ChristianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora