L'ultimo saluto

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"E' una pazzia." sussurrò Gideon, fermandosi nel bel mezzo del corridoio deserto. Adam si voltò verso di lui, agitando la bomboletta spray e portandosi la sciarpa nera sulla bocca.
"Non è pazzia." replicò, per poi voltarsi verso di me. "E' solo mania di protagonismo." Quella battuta mi fece sorridere, e lo imitai, soffocando i miei capelli in un berretto nero e sentendo il respiro condensarsi nel momento in cui alzai lo scaldacollo del medesimo colore. Welch ci aveva procurato le bombolette di colore.
"Spiegaci di nuovo il tuo piano, dottor Male." disse Eva, alzando una mano quando vide un gruppo di guardie della ronda notturna passare ne corridoio perpendicolare al nostro. Aspettammo finché non andarono oltre, poi avanzammo. Adam era euforico. Lo eravamo tutti, a dire il vero, ma lui era come sempre l'unico a dimostrare eccessivamente le sue emozioni.
"E' semplice. Andiamo in giardino e dipingiamo queste orribili mura grigie."
"Sai che potrebbero arrestarci?"
disse Ana, cercando di fare la voce della ragione, ma senza successo. Perché ci stavamo fidando della persona più psicolabile del gruppo era un mistero per tutti noi. Forse era il suo sex-appeal, o almeno questa era la scusa di Sophie.
"Andiamo, ragazzi. Non siate codardi."
"E tu non essere stupido."
contrabbattei, ma a quel punto lui mi sorrise e basta, attraverso lo sguardo.
"Vi mancherà, la mia stupidità." sussurrò, per poi voltarsi e precedere il nostro corteo. Rimasi immobile per un attimo, guardando gli altri che mi superavano sguisciavano nel buio come ombre. Era questo che sarebbero diventati per me? Solo ombre di un passato poco roseo? Anche Ana? Forse un giorno l'avrei ricordata come quella ragazza di cui mi ero invaghito nel centro di recupero di cui non ricordo il nome. Forse i suoi occhi azzurri sarebbero diventati verdi, nella mia mente, e poi marroni, poi neri, a seconda di come la mia memoria li modellava. Forse sarebbe diventata un nome in mezzo a tanti, in un giorno in mezzo a tanti, ed io l'avrei dimenticata, facendo scorrere la mia vita come sempre. Forse sarei tornato il vecchio Christian.
"Ehi." mi sentii afferrare una mano, e la vidi mentre mi tirava in avanti. Anastasia mi sorrise , muovendo i capelli legati in una coda di cavallo. I suoi occhi brillavano alla luce della luna, come in uno d quei romanzetti harmony che Grace leggeva sempre. E in quel momento capii che non li avrei mai dimenticati, così come non potevo dimenticare il NARCONON e i suoi personaggi. "Tutto bene?"
"Benissimo." ammisi, sincero come poche volte lo ero stato. "Andiamo." In quella ultima notte di settembre anche il caldo se ne era andato. Avrei avuto un ricordo sudaticcio di quelle pareti atone, e di quegli alberi troppo dritti, ma in quella notte il fresco rendeva più piacevole il tutto.
"Dai, veloci." disse Sophie, controllando qualcosa sul palmare che era riuscita a riprendere dagli oggetti smarriti. "Abbiamo un'ora, poi le telecamere torneranno a funzionare."
"Dovrebbero migliorare il loro sistema di sicurezza." mormorò Eva, scuotendo la testa con disappunto.
"Anche se lo facessero..." Adam mise un braccio intorno alle spalle di Sophie, stampandole un bacio sulla tempia. "La mia ragazza li hackererebbe comunque, perché lei è un genio."
"Ehi, genio." dissi, tirandogli un pugno sulla spalla. "Muoviamoci, prima che le cose si mettano male." Scegliemmo il muro più grande, e scuotemmo le bombolette spray in simultanea.
"Pronti, gente?" mormorò Ana, quasi sopraffatta dall'enormità della parete. Ci guardammo tutti e, senza dire nulla, iniziammo a colorare.

Misi anche l'ultima maglietta in valigia, sistemandomi la giacca quando mi alzai. Quella stanza singola era sempre rimasta spoglia, ma in quel momento la sentivo ancora più vuota ed asettica. Chiusi la cerniera del trolley, sospirando ed uscendo dalla stanza.
"Christian." Mi voltai verso destra, notando Christofer appoggiato ad un muro. Chissà da quanto tempo mi aspettava. Non mi aspettavo venisse a salutarmi. Dovevo cinque dollari ad Anastasia.
"Ciao." mormorai, guardando in basso. Lui mi mise una mano sulla testa, scompigliandomi i capelli che avevo impiegato mezz'ora a rendere presentabili. Però non mi diede fastidio. Mi fece sentire stranamente bene.
"Pronto a tornare nel mondo esterno?" mi chiese, ed io scossi la testa, senza sapere cosa dire. "Ti mancheranno i tuoi amici strani, eh? Ed anche Anastasia."
"Anche tu." dissi, per poi mettermi una mano in tasca ed estrarne un piccolo foglietto sul quale avevo scribacchiato dei numeri. "Tieni. Chiamami quando vuoi." Glielo poggiai nella mano, e con mia grande sorpresa lui scoppiò a ridere, mostrandomi un pezzo di carta con il suo numero.
"Abbiamo avuto la stessa idea." Risi anch'io debolmente, mentre la tristezza iniziava ad arrivare, guidata dai ricordi nostalgici di quei tre mesi. Pochi secondi dopo, mi ritrovai ad abbracciare quell'insegnante di matematica molesto, ma che era anche l'altro pezzo di me. Quello sano. Aveva lo stesso profumo di Carrick, e mi chiesi se i padri avessero tutti lo stesso odore. Odore di casa, e di caldo. Di protezione.
"Mi mancherai anche tu, ragazzino." Mi diede due pacche sulla spalla, ed io feci altrettanto, per poi staccarmi a fatica. Christofer mi osservò con gli occhi azzurri, mettendosi le mani in tasca. "Adesso vai. Devi salutare i tuoi amici, prima che partano."
"Sì." Ripresi il trolley, voltandomi solo un'ultima volta, prima di iniziare a camminare. "Ciao, papà." dissi, con voce inudibile, per poi andarmene, lasciandomelo dietro. Se avesse sentito o no quelle parole, non lo seppi mai.

Sapevo che qualcuno avrebbe pianto, ma non immaginavo sarebbe stato Gideon. Anche se tentava di nascondersi dietro la massa di capelli neri che facevano da tendina al suo umore, lo sentivo tirare su con il naso mentre, insieme a tutti i ragazzi della struttura, attendevamo davanti alle porte che ci venissero a prendere. Ognuno di noi stringeva la propria ragazza, e loro si lasciavano trasportare come non avrebbero mai fatto. Era una giornata luminosa, quella del quattro settembre, ed eravamo sicuri che il sole stava battendo anche sulla scritta che avevamo lasciato nel giardino. Chissà quando se ne sarebbero accorti. Speravamo di poter essere già lontani, a quel punto. Ci avevano restituito i cellulari. Nel momento in cui Maya mi aveva restituito il blackberry e la mia valigia della Calvin Klein, mi ero sentito come se avessi fatto un salto indietro, ma poi Ana mi aveva sorriso, e mi aveva consegnato il suo numero.
"Quindi siamo alla fine." dissi, seduto sui gradini.
"Già." Eva mi diede una piccola pacca sulla spalla, per poi tornare a far penzolare le braccia in mezzo alle gambe aperte.
"Niente fuochi d'artificio. Niente Ouverture. Che delusione."
"Adam, non dovevo scaricarti V per Vendetta."
Sophie gli lasciò un leggero bacio sulla guancia, al quale lui rispose con il primo vero bacio che gli avessimo mai visto dare.
"Lo guarderò fino ad avere le orbite sanguinanti. Te lo prometto."
"Il segno lo abbiamo lasciato." disse Gideon, mentre le persone intorno a noi raggiungevano le proprie macchine.
"Sì. Un segno." sussurrai, toccandomi d'istinto il petto. Esistevano segni buoni e segni cattivi, a quanto pareva. Le mie cicatrici, e quelli di Elena, erano segni cattivi. Le unghie di Anastasia che scavavano nella mia mano, erano un segno buono. Erano il segno che le sarei mancato almeno un po' di quanto lei sarebbe mancata a me. "E' stata l'estate più assurda della mia vita."
"Credo che lo rimarrà per molto tempo, a meno che Adam non si presenti davanti a casa nostra con il suo nuovo unicorno domestico, un giorno."
"Lo chiamerò Fluffy, e poi vedremo chi riderà."
Gideon ed Adam scoppiarono a ridere, per poi trascinarci con loro. L'ultima risata alla NARCONON fu interrotta dal rigido rumore di un clacson. Alzai la testa, incontrando la mano sollevata di Mia.
"Sono arrivati." mormorai, a bocca asciutta. Stava succedendo davvero. Stavo per recidere il cordone. Stavo per tornare solo. No. NO. Non sarei più stato solo. Mai più.
"Ci sentiamo, Christian." Gideon mi scompigliò i capelli. Adam mi diede un buffetto sulla guancia.
"Sta lontano dalle cinghie." mi sussurò all'orecchio, beccandosi un'occhiataccia.
"Continua a rimanere così carino." si raccomandò Eva, mentre Sophie mi abbracciò, cosa che non mi sarei mai aspettato.
"Se hai bisogno di un hacker, hai il mio numero." Annuii, per poi voltarmi verso Ana. Ero curioso di sapere quale sarebbe stata la sua frase ad effetto. Cosa avrebbe cacciato la sua testolina per sorprendermi ed imprimere definitivamente la sua presenza nel mio cervello. Ma lei non disse nulla. Allungò le mani sul mio viso e mi fece abbassare, per poi iniziare a baciarmi, staccandosi prima che iniziassi a ricambiare.
"Mr Cinquanta." disse poi, osservandomi con le lacrime agli occhi. Gliene asciugai una con il pollice, poggiando la mia fronte alla sua.
"La mia piccola ed irriverente Anastasia Steele." sussurrai, baciandole il punto al quale mi ero appoggiato. "Grazie, Ana. Grazie di tutto." Diedi le spalle a tutti loro, avviandomi verso la macchina. Taylor mi aiutò con la valigia, e quando entrai nella BMW, Mia mi si buttò addosso con foga, iniziando a parlarmi di ciò che avevano preparato a casa per me. Carrick mi salutò con una stretta di mano, e Grace mi diede un bacio sulla guancia. Elliot disse solo: "Bentornato, fratellino." Quando il motore si accese, guardai fuori dal finestrino, e capii il perché Mia si affacciasse ogni volta che voleva salutarmi dall'auto. Era una specie di istinto che ti attraeva verso chi amavi, e verso le persone da cui eri amato. Una calamita, che alla fine ognuno di noi ha, e che ti porta a voler accorciare le distanze deterioranti. Ma io ero Christian Grey, e Christian Grey non si sarebbe mai sbracciato. Li vidi lì, in piedi: Adam, Sophie, Eva, Gideon e poi Ana. Tutti con gli occhi lucidi, come se stessi morendo. Invece io avevo appena iniziato a vivere.
"Ci vediamo, ragazzi." mormorai, con la testa sul finestrino. Anastasia mimò qualcosa con le labbra, e pensai che ci potessi leggere tutto ciò che volevo. La mia mente lesse un: "Ti amo." Poi l'auto partì. Rimasi a guardare l'edificio asettico della NARCONON, pensando a ciò che ci avevo trovato. Amici, amore, una famiglia. E' inquietante come delle volte il destino si intrecci per creare coincidenze straordinarie, ma non mi facevo domande sul come o sul perché fosse avvenuto. Invece mi ritrovai a ringraziare che fosse avvenuto tutto ciò, e a sorridere. Sorridere pensando a quella frase che avevamo lasciato la notte precedente.

IL NARCONON HA CONOSCIUTO LA NOSTRA PAZZIA, MA NE E' USCITO VINCITORE. E NOI ANCHE. LUNGA VITA AL NARCONON. SEI STATO UN DEGNO AVVERSARIO.



Okay, adesso calmatevi. Ho ancora un capitolo da farvi conoscere. L'epilogo.


It's only a bad dream, ChristianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora