Scoppio

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Il martedì passò in fretta, o almeno lo fece per gli altri. Io passai le ventiquattr'ore più traumatiche della mia misera esistenza a cercare gli occhi azzurri di Ana in mezzo ad una folla di occhiaie da astinenza. Luglio era caldo, sudato e tremendamente noioso da passare in quattro mura, anche se a cinque stelle, quindi mi decisi a scendere un po' nel cortile. Per il giorno successivo avrei dovuto portare il commento di quel passo dell'Amleto, ma in mancanza di ispirazione mi sedetti sotto uno degli alberi posti ai lati del giardinetto. Faceva un caldo bestiale, e visto che in giro non si vedeva nessuno mi feci vento con il tacquino, allargando le gambe e poggiando la schena al tronco dritto tipico degli alberi decorativi.



"Perché non mi hai detto che gli uomini sono pericolosi? Perché non mi hai messo in... No. Così non va bene." Alzai lo sguardo, sentendo una voce femminile che intonava in modo melodrammatico qualcosa. "Perché non mi hai detto che gli uomini sono pericolosi? Perché non mi hai messo in guardia? Le gran dame sanno come difender... oh, ma che cavolo!" Sbarrai gli occhi quando vidi Anastasia buttare a terra uno dei suoi libri, lasciandosi andare ad un grido trattenuto di frustrazione. Non doveva avermi notato, eppure era proprio davanti a me, a pochi metri di distanza. Prese un profondo respiro, curvando le spalle e riprendendo il tomo caduto nell'erba. "Scusami, Tess. Non volevo." sussurrò, spolverando la copertina con mano delicata. Dovevo chiamarla. Dovevo spiegarle tutto.

"Anas..."

"Ehi, Ana." Mi bloccai, guardando verso la mia destra. Un ragazzo moro alzò un braccio verso l'alto, in segno di saluto.

"José." rispose lei, andandogli incontro e cedendo quando lui le avvolse le spalle con un braccio. Non mi mossi, osservandola mentre lo abbracciava e si stringeva a lui con una complicità che mi fece ribollire il sangue nelle vene. Allora non c'era un cazzo da capire. Mi aveva baciato per sfizio. Così, tanto per soddisfare una sua curiosità. Troia.

Passai il resto del giorno cercando con gli occhi quella sottospecie di messicano, trovandolo ogni tanto per i corridoi, sempre in compagnia di Ana. Ogni tanto lo vedevo afferrare una macchina fotografica e fare delle foto in giro. Passai la mia ora libera a tirare pugni al sacco da box della palestra, in mezzo ad un'altra decina di drogati in cerca di un pensiero che non fosse la loro dose negata.

"Nervosetto, Christian?" Sentii a malapena la voce di Gideon, mentre tiravo un calcio laterale.

"Cosa te lo fa pensare?" dissi in mezzo al fiatone, mentre tartassavo di colpi la parte inferiore del sacco.

"Il fatto che sul sacco sia rimasta la forma delle tue nocche è un buon indizio." Battei le palpebre, notando che effettivamente avevo ridotto il sacco ad un ammasso di bozzi. Forse avevo esagerato con l'allenamento, ma non potevo lasciare in quel momento.

"Cosa vuoi, Gideon?" ringhiai, senza neanche guardarlo. Lui si mise dietro al sacco, tenendolo fermo con entrambe le mani. Era in tenuta ginnica, e aveva legato i capelli in un codino. Perché non se li tagliava semplicemente?

"Hai visto l'amico di Ana? E' qui per fare delle foto da mettere nel depliant dell'anno prossimo."

"Ah." Sapevo dove voleva andare a parare, ma al solo sentir nominare il nome di Anastasia iniziavo a vedere rosso.

"E' un bel ragazzo."

"Se ti piace il tipo." Colpivo e colpivo ancora, resistendo alla tentazione di iniziare anche a mordere.

"Di certo a lui piace lei. Me lo ha detto Eva."

"Avete fatto pace?" In quel momento non mi interessava, ma almeno avrei sviato il discorso.

It's only a bad dream, ChristianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora