Verso metà pomeriggio iniziò a piovere. Buonsenso avrebbe voluto che rimanessi a giocare a carte con il resto del gruppo, chiuso nella mensa, ma per chi mi conosce sa che il buonsenso è una cosa che ho imparato ad usare con l'età. Fu per questo che, con un vento di tre nodi e una pioggia scrosciante di inizio luglio, io ero sotto ad uno striminzito portico, a congelarmi il culo. L'odore della pioggia mi piaceva. Mi dava da pensare. Credo lo faccia con tutti, ma io avevo un rapporto particolare con quel fenomeno: a Detroit pioveva acido. La zona industriale rendeva l'aria irrespirabile, e la pioggia uccideva le piante, però a me piaceva. Quando ero piccolo mi rannicchiavo sul piccolo balcone della mia vecchia casa, alzavo lo sguardo e lasciavo che il fumo mi piovesse addosso. In un primo momento era fresco. Bruciava solo un po' se finiva negli occhi. Con il tempo questa cosa mi era rimasta, e ora mi fermavo minuti interi sotto il getto dell'acqua, godendomi ogni singola goccia.
"Non dovresti essere dentro?" Mi voltai leggermente, continuando a tenere il cappuccio della felpa in testa. Christofer Tyson era a pochi metri da me, con una sigaretta spenta tra le labbra.
"Mi annoio." risposi, continuando a guardare il cortile vuoto. Avevo lasciato Adam da solo con tre donne. Avrebbe dovuto costruirmi una statua, in seguito. L'odore del fumo mi arrivò alle narici, e capii che aveva acceso quella roba.
"Anche a me piace la pioggia." Ridacchiò, buttando fuori il fumo dal naso. "Se non fossi costretto da questa." Alzò la sigaretta, mostrandomi quel balluginio rossastro sulla punta. "Adesso sarei lì sotto."
"Non le sembra una cosa stupida da dire?" mormorai, incapace di trattenermi. Il signor Tyson scoppiò a ridere come un pazzo, decidendo di fare il grande passo e venire sotto la mia stessa tettoia.
"Più che altro è frustrante: hai la cosa che desideri proprio davanti a te. Ti basterebbe allungare una mano per toccarla." Fumò ancora. Una lunga boccata. "Ma poi sei bloccato da qualcosa che sai essere stupida, forse anche dannosa, ma che allo stesso tempo ti è indispensabile. Mi capisci?" Annuii. Non potevo fare altro che annuire in quei giorni. Annuire all'infinito, senza mai aggiungere nulla. Senza mai parlare, o lasciare una prova del mio passaggio. "Certo che mi capisci." Silenzio, ma non era come quello che avevo avvertito origliando la famiglia di Gideon. Questo non era un silenzio imbarazzato. Era semplicemente silenzio. Un fottutissimo e necessario silenzio. "Com'è tuo padre, Christian?" Mi portai una mano sul gomito, stringendomi nelle braccia quando un tuono squassò l'aria, elettrificandola.
"Carrick è un tipo apposto. Forse un po' burbero. Gli piace il pesce, e poi è testardo. Pensi che una volta ha provato a farmi giocare a baseball, ma ero talmente negato che gli lanciai la mazza sulla fronte. Però lui non si è arrabbiato. Non si arrabbia mai." All'improvviso mi sentii uno schifo, e non sapevo neanche io il perché.
"Ehi, rallenta. Io intendevo il tuo vero padre. Sai, quello che ti ha fatto." Rideva, forse per il mio entusiasmo nel descrivere Carrick. Purtroppo la sua seconda domanda per me non aveva una risposta.
"Non lo so. Nessuno aveva idea di chi fosse. Probabilmente è morto in Afghanistan, o chissà dove." Mi attenni alla bugia che mi aveva raccontato Ella, e Christofer non fece altro che fumare ancora, illuminato dal bagliore fugace di un altro lampo.
"Non sei mai stato curioso di conoscerlo?" Ci pensai un po', appoggiando la testa al muro.
"No. Ho sempre pensato che, se lui non aveva ritenuto necessario conoscere me, non dovevo contare molto per lui. Ma Carrick è un ottimo padre." Era bello ammetterlo. Non avevo mai dato a quell'uomo i meriti che gli spettavano, ma era come se all'improvviso mi fossi accorto di quello che veramente lui aveva fatto per me. Papà.
"Christian."
"Sì?" Guardai il fumo essere schiacciato dalla pioggia, dissolvendosi come nulla.
"Quella ragazza che vedo sempre al tuo fianco. La piccola signorina Steele."
"Sì signore?" chiesi, chiedendomi dove volesse arrivare.
"Le vuoi bene?" Rimasi spiazzato da quella domanda, sentendomi un po' denudato. Cosa gli importava del rapporto che avevo con i miei amici.
"Certo." Allungò una mano, mettendomela sulla spalla e scuotendomi leggermente.
"Anche io avevo la mia migliore amica. La signora che hai visto in foto. Però io ho fatto l'errore di lasciarla andare via." Schiacciò la sigaretta sotto al piede, ed io rimasi a guardarlo per alcuni istanti, come se fosse Dio sceso in terra, e per me lo era. Perché, se fosse stato veramente Dio, tutte le mie certezze di ateo sarebbero cadute, ma se fosse stato mio padre, allora tutto quello che credevo su di lui era una bugia. Un fondamento su cui si basava la mia vita sarebbe crollato. La domanda era: potevo resistere? "Ascoltami." Un nuovo tuono. Un nuovo lampo. "Qualsiasi cosa succeda, non importa quello che diventerai o chi diventerai, non devi lasciarla andare. Se tu tieni a lei quanto lei tiene a te, nel momento in cui se ne andrà sarà come perdere un braccio." Si voltò verso di me, facendo un mezzo sorriso. "Inseguila, capito? Ovunque andrà. Qualsiasi cazzata farà. Anche se un giorno dovesse presentarsi da te e dirti che... che ne so... è incinta! Tu tienitela stretta. Ragazze così non si trovano dappertutto. Consideralo un consiglio paterno." Rimasi a guardarlo a bocca aperta, mentre lasciava la copertura per fiondarsi sotto la pioggia e scomparire dall'altra parte dell'istituto. Un consiglio paterno. Avvertii qualcosa crescermi dentro, risalire lo stomaco, entrare nei polmoni, fiondarsi nella mia gola. Sorrisi. Poi iniziai a ridere. Avevo appena ricevuto un consiglio paterno. Io, Christian Trevelyan-Grey, avevo ricevuto un consiglio paterno.
"Christian! Ecco dov'eri." Mi voltai, guardando Anastasia che si appiattiva contro il muro per non bagnare la T-shirt di pioggia, cercando di rimanere sotto la tettoia. "Ci stavi facendo preoccupare. Ma perchè stai ridendo?"
"Io..." Risi e risi ancora, incapace di parlare per le convulsioni. "Io non lo so!"
"Ehm... okay." Fece un passo indietro, guardandosi intorno in cerca di un particolare aiuto.
"Anastasia." la chiamai, cercando di articolare il suo nome. Lei mi osservò come si osserva un pazzo, e questo mi spinse a lanciarmi verso di lei, avvolgendole in collo con le braccia e schiacciandola contro di me. Volevo che aderisse completamente al mio corpo. "Grazie." sussurrai, ma se mi avesse chiesto perché lo avevo detto non le avrei risposto. Non avevo una risposta. Avevo solo bisogno di dirglielo. Lei ricambiò la stretta, stando attenta a non toccarmi la schiena.
"Oh mio Dio, Christian Grey mi sta abbracciando." disse, con lo stesso tono che una una ragazza di fronte al suo cantante preferito. "Non muoverti." sussurrò, quando provai a staccarmi per tirarle un colpetto.
"Perché?" Lei alzò lo sguardo verso di me, schiacciata dalle mie braccia troppo muscolose per le sue esili spalle.
"Perché questo è un momento perfetto. Shh."
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It's only a bad dream, Christian
FanfictionVi siete mai chieste come sarebbe un mondo in cui il piccolo diciassettenne Christian Grey avesse conosciuto il problematico Gideon Cross e lo spensierato Adam Scott? E se avesse incontrato un'Anastasia sicura di se e divertente? E se tutto questo f...