Guarigione

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"Oh. Porca. Miseria." I ragazzi guardavano la mia piccola biografia in foto, ammassati gli uni sulle altre per poter leggere tutti nello stesso momento. Era strano. Altamente stravagante mettere la mia vita a nudo davanti a loro, però fu liberatorio.
"Qui sei veramente tenero." squittì Sophie, indicando una foto dove un me di sette anni era intento a mangiare crema di nocciole con le mani.
"Sei stato arrestato un bel po' di volte." constatò Ana, storcendo la bocca. Stava meglio, anche se il pallore delle guance incavate era spaventoso da guardare. Li avevo fatti riunire nella mia stanza. Avevamo tutti finito il nostro giro dallo psicologo, e tra poco sarebbe scattato il coprifuoco. Dovevo farli vedere quello che aveva trovato Anastasia.
"Come hai fatto a procurartelo?" chiesi, osservandola bene. Lei fece spallucce, poggiando la schiena al letto e stendendo le gambe sul pavimento.
"Welch è tornato." Sbarrai gli occhi, ripensando a quello che avevamo passato l'ultima volta perché quella testa di rapa si era esageratamente indebitata con quel porco di Hyde, ma lei dovette intuire i miei pensieri, perché rise amabilmente, scuotendo la testa. "Tranquillo. Questo lo ha fatto gratis. Ti ho detto che siamo amici." Avevo i miei dubbi, ma non dissi nulla. Quella sera avrei guardato la sua cartellina, costasse quel che costasse, e quindi le dovevo un po' di fiducia. Restituirle almeno una parte di quello che presto avrei tradito.
"Quindi... sei figlio di Tyson." Alzai lo sguardo verso Gideon, facendo spallucce.
"A quanto pare sì."
"E da quanto lo sapevi?" Adam parlò duramente. Non aveva fiatato per tutta la mia spiegazione, e neanche mentre osservava pezzi della mia vita su inchiostro nero. Feci due calcoli, grattandomi la testa.
"Avevo dei sospetti da qualche settimana, ma questa è la conferma."
"E non ci hai detto niente? Cristo, idiota! Sai come funziona l'amicizia?" sbottò all'improvviso, lasciandomi di stucco. Aggressività latente. Tendenza a punire. In quel momento mi spaventai, ma poi accadde qualcosa di strano. Sophie gli mise una mano sulla spalla, accarezzandola leggermente.
"Adam, calmati. Quelli di Christian erano solo sospetti. Forse non voleva che ci buttassimo in questa storia per poi rimanere delusi. Devi capirlo. Rilassati. Non ha mai avuto degli amici." Forse l'ultima parte avrebbe potuto evitarsela, ma comunque Adam rilassò lo sguardo, scuotendo la testa come per scacciare qualcosa che gli si era annidiato nel cervello.
"S-scusa, Christian. Non so cosa mi sia preso." Invece io sì.
"Ehi." lo rassicurai, facendogli l'occhiolino. "Tutto bene."
"Wow, Lether. Sei meglio di una pastiglia di tranquillante per cavalli." Sophie si voltò verso Gideon, abbassando la testa mentre sorrideva per quello che, almeno pensavo, doveva essere un complimento in quella circostanza.
"Strano. Di solito irrito le persone."
"Forse con Adam è diverso perché gliela dai."
"Eva!" Anastasia le tirò un cuscino, mentre io e Gideon scoppiavamo a ridere. Sophie invece non fece nulla. Abbassò la testa mentre Adam fulminava la biondina con lo sguardo.
"Non darlo per scontato." intervenni, incrociando le braccia. "Non tutti sono simpatizzanti della ninfomania, qui."
"La mia non è ninfomania." balbettò lei, sconvolta.
"Già. La tua è pura e semplice troiag..."
"Ana, dillo e me ne fotterò altamente della nostra amicizia." ringhiò Gideon, che fino a quel momento era rimasto in un angolo in disparte, godendosi i nostri battibecchi. Anastasia alzò le mani in segno di resa, sistemandosi meglio la felpa.
"Scusa." Quando le acque si furono calmate, mancava poco più di una mezz'ora al coprifuoco.
"Christian Tyson. Dio, come suona male." dissi, passandomi una mano tra i capelli. Svanito lo spirito delle ultime battute, la verità di quello che avevo appena scoperto mi crollò addosso come un macigno.
"Il signor Tyson è molto simpatico, invece. Poteva capitarti di peggio. Potevi essere figlio di Maya." Apprezzai il tentativo di Adam per alleggerirmi l'anima, ma non funzionava. Era più pesante del solito, soprattutto perché trattenuta dalla fredda certezza che era stata Grace a intrattenere quella corrispondenza, e che Carrick mi aveva impedito di conoscere la mia vera identità. Sarei stato una persona diversa? Di certo meno ricca, ma avrei vissuto bene? Avrei avuto un'adolescenza normale?
"Dovresti parlarci."
"E dire cosa? Ciao, sono Christian. Sai, quel bambino che hai avuto dalla tua amica e che poi hai seguito come uno stolker per diciassette anni? Beh, eccomi. Mi porti a pesca?" L'idea di Sophie era la più giusta, lo sapevo, ma la meno contemplabile per me. Parlarci? Non era certo facile come sembrava.
"Ovviamente sa già chi sei, genio." borbottò Gideon, mordendo una mela che aveva tenuto da parte dalla cena. "Ho sentito che Tyson ha chiesto espressamente di essere assunto qui. Ha creato lui il corso di recupero di matematica."
"E quindi?" chiesi, poggiando il mento sul palmo di una mano. Gideon mi osservò con sufficienza, per poi battersi una mano sulla fronte.
"Nessuno fa domanda per venire ad insegnare ad un gruppo di pericolosi drogati, Grey. E benché meno arriva al punto di fondare un corso per farlo. Lui sapeva che eri qui. E' venuto proprio per te. In fondo il tuo aspetto lo conosce."
"Non ci avevo mai pensato." ammisi, e quella cosa mi sorprese ancora di più. Ci teneva così tanto a conoscermi? Si era mai rifatto una vita?
"Mr Cinquanta." Mi voltai verso Ana. Solo lei mi chiamava così. Gli altri non ci avevano mai provato. Allungò una mano e la mise sulla mia, percorrendo con pollice una vena in rilievo sul dorso della mia mano. "Quell'uomo è bloccato da quando gli sei stato portato via. Permettigli di vivere di nuovo. Almeno parlaci. Digli che sai la verità." Prese lo schedario dalle mani di Eva, porgendomelo. "Di che lo hai trovato nel corridoio." Lo afferrai con la mano libera, continuando a fissare lei che accarezzava l'altra.
"Va bene. Domani mattina lo farò."
"Per isolarlo tranquillo. Ci pensiamo noi." Adam soghignò malignamente, mentre la sua mente pianificava l'ennesimo piano malefico. Improvvisamente Gideon scoppiò a ridere, lasciandoci tutti quanti di stucco. Era una risata sguaiata, di come non l'avevo mai visto farne.
"E pensare che non volevo venirci, qui dentro."

Quando si furono congedati, rimasi solo con la scheda di Ana. La posi davanti a me, guardandola intensamente senza decidermi a girarla. Potevo farlo? Certo che no. Volevo? Ovvio. E' per il suo bene. Potrai farla stare meglio, sapendolo. Non potevo permettere che tornasse al Pronto Soccorso. No. Dovevo sapere. Il piccolo essere che dentro la mia mente pretendeva il controllo si risvegliò, costringendomi ad afferrare quel ridicolo fogliettino e girarlo. Ana era bella anche in quella fotocopia. Guardava la macchina con confusione, quasi non riuscisse a capire cosa le stessero per fare. La bocca leggermente aperta. Gli occhi socchiusi in uno sguardo attento. Una doccia. Devo fare una doccia dopo. Scorsi tutto il foglio con lo sguardo, fino ad arrivare alla parte che mi interessava.

Motivo di degenza: anoressia. Dipendenza da farmaci dimagranti.
Causa: morte del padre ed evidente mancanza di cure da parte della madre
Status: Adatto alla vita in comune

Poche parole. Meno di quelle che avevano speso per gli altri. Poche. Orribili. Devastanti parole. Fu come se un cavallo mi avesse rotto la gabbia toracica. Sentii una costola perforarmi il cuore. Sentii che il mondo aveva smesso di girare, e avrei voluto che ricominciasse al contrario. Per rimandare indietro il tempo. Per non farmi girare quel foglio. E, come accade quando si viene a conoscenza di una verità che era così palese, mi tornò alla mente tutto. Il debito con Hyde per quelle pillole. Pillole dimagranti, ovvio. L'alto consumo di caffè, come quello che mi aveva portato il mio secondo giorno. Il vassoio sempre vuoto e sempre integro. Le guance incavate. Lo svenimento. Le braccia magre che avevo notato quando aveva dato la felpa ad Eva. La battuta di Adam, la prima volta che mangiò con noi. Forse se mangiassi più di una forchettata di fagioli, la tua mente non sarebbe così poco allenata. Lui lo sapeva. Me lo aveva fatto capire. Come avevo fatto a non accorgermene? E Sophie. Lei sapeva quanto me. Sapeva tutto di tutti. Perché non le avevano mai detto niente? O forse lo avevano fatto, ma io non me ne ero accorto.
Anoressica.
La mia Ana.
La mia migliore amica.
Era anoressica, ed io non me ne ero accorto. Repressi la voglia di urlare. Ormai per me era normale farlo. Presi il foglio e lo misi insieme agli altri senza dire nulla, poi mi infilai sotto le coperte. Al buio, da solo, pensai di nuovo a cosa poteva rendermi felice. Avevo ancora la lista nel borsone. Non l'aggiornavo da un po'. Mi avrebbe reso felice, in questo momento, vedere Anastasia fare a gara con me a chi mangiava più patatine. Un pensiero scemo, che rifletteva il me stesso di quella notte. L'avevo anche scacciata quando Elena me lo aveva detto. Forse in quel momento aveva smesso di nuovo di mangiare. Quindi era vero. L'avevo quasi uccisa io. Tolsi le coperte, in preda ad una vampata di caldo, e mi diressi nel bagno. Mi sciacquai la faccia più volte, aggrappandomi al lavandino e provando a sradicarlo per far fuoriuscire tutta la rabbia che avevo in corpo. Quando non ci riuscii iniziai a prenderlo a calci, per poi puntare la mia immagine nello specchio. I miei occhi infuriati. Oh, no. Io non ero così. La NARCONON mi aveva trasformato in altro. Mi aveva mostrato una parte di me che non conoscevo. Presi la schiuma da barba e disegnai un'enorme X sul vetro, coprendo il mio riflesso. Rilassai lo sguardo. Svuotai ogni cosa nel mio corpo ed immagazzinai tutto nel cervello. Respirai tre volte. Una. Due. Tre. Corsi verso l'armadio e lo spalancai, ancora in mutande. T-shirt. Tute. Pantaloni larghi. Roba da adolescente. Afferrai ogni cosa mi capitasse tra le mani e la gettai sul pavimento. Questo no. Questo neanche. Non sapevo neanche io cosa stessi cercando, quindi andai nel borsone, dove c'era ancora della roba che non avevo mai messo. Eccoti qui. Presi quello che cercavo, ed iniziai a cambiarmi. Pantaloni eleganti. Una camicia bianca. Una cintura in pelle. Scarpe lucide. E poi cosa c'era altro? Doveva essere stata Grace a mettere tutta quella roba. La vidi in fondo alla borsa, nascosta dai miei boxer. La afferrai e la rigirai tra le mani, senza sapere come metterla. Forse con un nodo Winsor. Papà lo faceva spesso. Tornai in bagno e pulii lo specchio con l'asciugamano, afferrando il gel e mettendomelo tra i capelli per ordinarli un po'. Mi rasai quella barbetta che mi stavo facendo crescere, poi la presi. Una cravatta grigia. Ti chiami Grey e hai gli occhi grigi. Che strano. Mi osservai allo specchio, sbarrando gli occhi. Quello potevo essere io? Sembravo così... bello. Ero uno schianto. Ero potente. Mettevo in soggezione. Controllato. Freddo. Con la situazione in pugno. Quel nuovo me avrebbe potuto aiutare Anastasia. Bastava non farmi distrarmi da nulla. Vedendomi così mi sentii finalmente e totalmente libero. Come se quel Christian avesse premuto così tanto per uscire. Presi la cravatta e la annodai intorno al collo, tirandola bene per fermarla. Si intonava bene con la giacca di quel completo. Sembravo più grande. "Sono Christian." dissi, ma quel tono così basso suonava ridicolo in quell'outfit. Mi schiarii la gola, continuando a fissarmi. "Christian Grey. Piacere di conoscerla." Ecco. Così andava meglio. Somigliavo meno a Christofer e più a Carrick. Non pensavo che la cosa mi sarebbe mai andata a genio. Io ero un Grey, e come tale dovevo essere un esempio. Come tale sarei riuscito ad aiutare Anastasia. E se per farlo dovevo rinunciare a me stesso, lo avrei fatto. Senza riserve.

Aspettate!
Mi prendo un momento per spiegare il metodo che mi ha portato ad assegnare i problemi a tutti i protagonisti. Non ci vorrà molto.
Adam: nel libro originale "L'uragano di un batter d'ali" Adam Scott diventa quello che è solo verso i venticinque anni. Quindi ho preso i problemi del vero Adam e li ho leggermente mutati, aggiungendoci qualcosa di nuovo, per cercare di immaginare come fosse Adam a diciassette anni.
Eva e Gideon: Entrambi hanno avuto problemi fin da piccoli, quindi mi è bastato ricopiarli dalla serie originale. "Crossfire Series"
Sophie: come Adam, Sophie ha dei problemi con gli uomini solo verso i vent'anni. Ho preso pezzi dalla storia originale e li ho trasformati per renderla il personaggio della mia storia.
Anastasia: per lei è stato semplice. Qual'è la parola che Christian dice più spesso ad Anastasia? Esatto. MANGIA. Quindi ho pensato: quale problema potrei darle, visto che l'Anastasia della storia è praticamente una timidella perfettina? Ed ecco il colpo di genio, se così si può chiamare.

Ecco fatto. Non credo che per Christian ci sia bisogno di spiegazioni. Spero di avervi sorprese.

It's only a bad dream, ChristianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora