Capitolo 9

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Quando ero scesa dall'hovercraft, mi aspettavo un comitato di benvenuto composto da Peeta e i bambini, ma poi ricordo che loro non sanno che sono nel 12, quindi mi tocca tornare a casa da sola. Ma prima voglio andare nella piazza per comprare delle carote o roba del genere al coniglio, e per farlo attraverso il prato del Villaggio dei Vincitori dove trovo Haymitch che dà da mangiare alle sue oche. È incredibile, da quindici anni si astiene quasi del tutto dal bere e dorme la notte, solo per prendersi cura di quelle oche, una dozzina di pennuti bianchi che non fanno altro che starnazzare dappertutto. Sinceramente preferivo Ranuncolo... dopo la morte di Prim eravamo diventati amici, ma sette anni fa è morto anche lui. Chissà, forse ora se ne starà con Prim da qualche parte nel cielo e mi starà guardando...
-Ehi, dolcezza! Finalmente ti sei fatta viva- mi saluta Haymitch, mentre getta un pezzo di pane alla mia oca, l'unica che mi sta simpatica, visto che non starnazza quasi mai e quando viene esclusa dalle altre viene sempre da me. L'ho perfino chiamata Gosy...
-Ciao - rispondo- che stanno facendo Peeta e i bambini?
-Erano usciti per una passeggiata... e credo che stanno anche a pranzo fuori, visto che non sono ancora rientrati.- dice Haymitch lanciando un altro pezzo di pane a Gosy.
-Va bene. Se li vedi, non dire loro niente del mio arrivo, intesi?
-Intesi... se vai in piazza, mi puoi comprare delle rose? Stasera viene a cena da me una signora simpaticissima... voglio fare colpo su di lei.- mi confida facendomi l'occhiolino.
Non faccio caso all'occhiolino. Mi sono fermata alla parola "rose". Rose. Snow che mi minaccia prima del Tour della Vittoria. Il suo profumo di rose miste a sangue. Una rosa bianca, fin troppo perfetta per essere naturale, sul mio tavolino da toeletta. In casa ho sempre riempito la casa di fiori,soprattutto primule, ma mai una rosa ha varcato la soglia di casa.
In quel momento scappo via, lasciando Haymitch senza una risposta, ma credo l'abbia già capita. No. Neanche per le persone a me più care andrei a prendere delle rose, neanche se fossi minacciata a morte.
Dopo cinque minuti di corsa, l'adrenalina che avevo nel corpo se ne è andata, lasciandomi con il fiatone e un male terribile alle gambe. Mi fermo, e noto che sono arrivata alla piazza senza volere. La attraverso e mi dirigo verso l'ortolano, dove compro un bel po' di carote, e ne passo una al coniglio che avevo dimenticato di avere nella bisaccia e aveva iniziato a squittire... è impossibile non pensare a Octavia la quale amava tanto gli animaletti che squittivano, e allo staff dei preparatori... li consideravo più come animaletti da compagnia. E poi quella maledetta rivoluzione li ha uccisi, insieme a tante altre persone, care e nemiche, innocenti e colpevoli. Tutte quelle vite, dissolte nell'aria a causa del mio stupido scherzetto con le bacche. Ecco, ora sto iniziando anche a rimpiangere il fatto di non essermi suicidata in quel momento. Ma no, forse quel massacro è valso la pena, ora non ci sono più gli Hunger Games, Snow è morto, Panem è libera, ma niente potrà mai colmare il dolore che ancora ho, a distanza di quindici anni, per la perdita di Cinna, di Prim, di Finnick, di quelli che hanno dato la vita per me, per un futuro migliore.
Adesso loro sono considerati eroi nazionali caduti per la libertà, ma la gente non sa cosa si prova per averli persi.
Mi dirigo verso il negozio accanto, quello delle caramelle, per prendere anche qualche dolcetto per i bambini, scacciando il dolore che ancora una volta mi affligge, e poi vado a casa, felice per il fatto che finalmente posso stare in pace con Peeta e i piccoli.

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