La mattina seguente Ave si svegliò nello stesso modo in cui si era addormentata, sorridendo. Caleb la stringeva, le tentava un braccio intorno alla vita e lei gli stringeva la mano. Cominciò a ricordare quello che lei gli aveva detto prima di addormentarsi " ho bisogno di te ". Gli aveva detto una cosa del genere dopo neanche due settimane che si conoscevano, si era esposta completamente, e ciò non andava affatto bene, anche perché, non era ancora sicura di quello che provasse nei confronti del ragazzo. Doveva uscire da quella casa e schiarirsi le idee. Si alzò cercando di non fare troppo rumore e andò in bagno. Si legò i capelli in uno chignon e si lavò prima la faccia con dell'acqua fredda e poi i denti. Tornò in camera e prese dei vestiti ma, con la sua solita grazia da elefante, sbattè un cassetto e Caleb si svegliò. Aveva il sonno abbastanza leggero - Buongiorno - disse, poi spostò lo sguardo sui vestiti e sulle scarpe che Ave aveva in mano e chiese - Ave, che succede? Dove stai andando? Lei corse in bagno e chiuse la porta a chiave prima che Caleb riuscisse a raggiungerla. Lo sentì bussare alla porta e chiamarla, pregandola di aprire la porta e di parlargli ma lei non lo ascoltò. Si vestì velocemente e poi fece scattare la serratura della porta, segno che non era più chiusa a chiave. Appena la serratura scattò, i pugni di Caleb, smisero di battere sulla porta. Lei l'aprì lentamente e uscì. Rimasero tutti e due zitti per pochi secondi, poi, Caleb, le andò incontro e l'abbracciò. Lei si irrigidì e lo sposto. Lui la guardò - Ave mi vuoi spiegare cosa ti prende? - - Nulla, lasciami stare - - No non ti lascio stare. Dove stai andando? - - Non sono affari tuoi. Lei si girò e si avviò verso il corridoio, ma non fece in tempo nemmeno a fare tre passi che Caleb l'aveva già raggiunta, afferrata per un polso e girata verso di lui. Avevo lo sguardo dolce, implorante e preoccupato. - Ti prego Ave, parlami - - Mi hai detto che hai avuto bisogno di me dal primo momento in cui mi hai vista - Caleb era sorpreso - Quindi eri sveglia? - Si ero sveglia - - Si, l'ho detto e continuerò a dirlo perché è così - ammise Caleb - È troppo per me - - Come è troppo? - chiese lui - sei stata tu la prima a dirmi che avevi bisogno di me - - Lo so, e mi dispiace. Ero scossa, non avrei dovuto dirlo - ed Ave vide la tristezza attraversare il volto di Caleb - Ave ascoltami - - No Caleb, non posso, ci conosciamo da poco più di una settimana. È troppo presto e... - - Ave ora ascoltami. Lo so che ci conosciamo da poco e lo so che è una scommesso e ti giuro che non mi era mai successa una cosa del genere con qualcuno ma... Non so cosa dirti Ave. Non so cosa provo per te, non so se sei solo l'amica che ho sempre voluto o se sei qualcosa di più ma, ti scongiuro, non respingermi così, non scappare perché abbiamo dormito abbracciati, dimmi le cose in faccia, ti prego. Resta con me e vediamo che succede - - Neanche io so cosa voglio o cosa provo per te, so solo che in questo momento ho bisogno di parlare con Cristal - - Eh si signorina, hai parecchie cose di cui parlarmi. Era una voce femminile proveniente dal corridoio. Cristal. Nessuno dei due l'aveva sentita entrare, in effetti, fino a quel momento, non avevano sentito nulla di quello che succedeva intorno a loro. Si girarono entrambi sorpresi. Cristal prese Ave per un braccio e la trascinò in camera dicendo - Scusaci Caleb, torniamo tra poco. Arrivarono in camera ed Ave andò a sedersi sul letto sotto la finestra, dove stava Caleb, mentre Cristal si sedette sul letto dell'amica. - Okay Ave, ora spiegami che cosa è successo in questi giorni. Come mai le cose di Caleb sono qui? - Ave le spiegò tutto e quando ebbe finito di raccontare come la madre fosse partita, di come Caleb si fosse trasferito da lei per tutto il tempo in cui su madre non ci sarebbe stata e della notte precedente, Cristal fece un grande respiro e disse - Wow. Ave fece una risatina sarcastica e disse - Dicendo questo mi hai risolto davvero tutti i problemi, grazie tante - Cristal rise - Senti Ave, so che per te è stato tanto quello che è successo in questi giorni, so che non hai avuto molte relazioni e tutto, so che nessuno ti aveva mai detto cose del genere, ma Caleb, qui lo dico e qui lo nego, è un bravo ragazzo e non c'era bisogno di scappare da lui così. Tu gli hai detto quelle cose perché ti sentivi di dirgliele, eri sicura che quello fosse il momento più giusto per parlargli e poi non gli hai mica detto che lo ami! - - Per l'amore di Dio! No! - - Ecco allora non c'è bisogno di preoccuparsi. Tu gli hai detto che hai bisogno di lui, ma si può aver bisogno di qualcuno e considerarlo solo un amico, come me e te. Ave ci pensò, aveva reagito troppo d'impulso - Hai ragione, non stavo pensando bene. Non è successo nulla di male. Ho avuto una reazione esagerata - - Bene, allora torniamo di la a risolvere questa faccenda.
Caleb era in salotto a fare su e giù per la stanza, impaziente. Come se fosse ad una gara di corsa e aspettasse il verdetto dei giudici. Appena sentì la porta della camera di Ave aprirsi si fermò di colpo. Aveva paura di perderla. Il suo respiro divenne veloce e irregolare. Quando Ave comparve dalla libreria/muro, si guardarono dritti negli occhi, poi lei gli si avvicinò e un po e disse - mi dispiace, ho sbagliato ad arrabbiarmi co... - ma non riuscì neanche a finire la frase che lui era già arrivato davanti a lei e l'aveva stretta tra le braccia. Lei non lo respinse, pur essendo consapevole del fatto che Cristal fosse dietro di loro e li stesse fissando. Fu lui a staccarsi da lei. Le baciò la fronte e poi si allontanò andando verso Cristal. Con grande sorpresa delle ragazze, Caleb, abbracciò Cristal e le disse - Non so cosa tu abbia fatto ma grazie. Ave non sentì queste parole e quando gli altri due si staccarono dall'abbraccio, Ave, guardò la sua migliore amica con sguardo interrogativo ma lei fece spallucce come per dire " Chi lo sa? "
- Bene ragazze - disse Caleb - stasera vi porto a cena. Cristal iniziò a saltare di gioia e poi fece un un urletto stridulo - Dio, Ave ti prego dimmi che hai dei trucchi e dei vestiti da prestarmi perché non posso di certo venire a cena concitata così - - Certo, Cristal, ce li ho ma guarda che stai benissimo - - Stai scherzando spero!? - - No Cristal, Ave ha ragione, stai benissimo anche così. Cristal li guardò con occhi stupiti e poi si avviò verso la stanza di Ave dicendo - Mah, a me sembrate tutti matti. Appena Cristal chiuse la porta, Caleb ed Ave, scoppiarono a ridere - Guardate che vi sento - urlò Cristal dall'altra stanza e quindi le loro risate si affievolirono. - Forse dovrei cambiarmi anche io - disse Ave. - No - la fermò Caleb - sei perfetta così. A quelle parole Ave arrossì e distolse lo sguardo - Scusa. Hai ragione, forse è troppo - disse Caleb - No, non scusarti, va tutto bene. Si sedettero sul divano, questa volta decisamente più imbarazzati della volta in cui avevano visto Titanic. Ave era appiccicata al bracciolo della parte destra del divano e Caleb dalla parte opposta. - Conoscendo Cristal direi che non ci metterà meno di quarantacinque minuti a prepararsi quindi, nel frattempo, che facciamo? - chiese Ave. - Sinceramente non lo so - rispose il ragazzo - Potremo parlare - propose Ave - Parlare di cosa? - chiese Caleb - Di te - disse Ave - Di me? - - Si, di te. Non so quasi nulla sul tuo conto mentre tu sai quasi tutto su di me, non ho neanche mai visto casa tua mentre tu, nella mia, ci vivi - - D'accordo, chiedi pure - - Sul serio? - chiese Ave accennando un sorriso - Si, ma sappi che sono un normale diciannovenne come tutti gli altri - - Vivi da solo? - - Si - - E da quanto tempo? - - Più o meno un mese - - E i tuoi genitori vivono lontano da qui? - - No, una decina di minuti in macchina. Perché? Vuoi presentarti ai miei? - scherzò Caleb. Ave rise e gli tirò un pugnetto sulla spalla, un pugnetto amichevole, scherzoso come quelli che si danno agli amici che conosci da una vita. Continuarono a parlare degli interessi di Caleb. Ave, scoprì che il ragazzo avevo un migliore amico: Jason Ward. Avrebbe voluto conoscerlo, voleva conoscere le persone vicine a Caleb, e, da quanto le aveva detto Caleb, lui e Jason, si conoscevano da dodici anni quindi sicuramente, Jason, sapeva tutto o quasi di quello che c'era da sapere su Caleb. Smiserò di parlare solo quando arrivò Cristal che, con sorpresa di tutti e tre, ci mise relativamente poco a prepararsi, solo trentacinque minuti circa. Cristal ed Ave presero la borsa mentre Caleb, come tutti i ragazzi, aveva tutto l'occorrente nelle tasche dei jeans. Ave non era mai riuscita a capire come potessero bastare quattro tasche che neanche usavano tutte. Uscirono di casa e si avviarono verso il ristorante. Cercarono una strada alternativa a quella più veloce perché altrimenti sarebbero dovuti passata davanti a " Merchis ", il ristorante davanti al quale Ave si era bloccata ed era uscita dal suo stato di paralisi solo grazie all'anello di Caleb. Impiegarono il doppio del tempo per arrivare al ristorante con Cristal che congelava dato che si era messa una gonna e quindi aveva solo un paio di calze di lana e delle parigine che le arrivavano poco sopra il ginocchio. Entrarono e si sedettero al tavolo più vicino al termosifone. Non era un granchè come ristorante però era carino e ad Ave ricordava la tavola calda dove aveva mangiato la prima volta con Caleb. Si girò verso di lui e vedendolo fare un sorriso che cercava di nascondere, si chiese se anche lui stesse ripensando alla loro prima cena, quando ancora non sapevano nulla l'uno dell'altra. E in quel momento si accorse che quelle erano state le due settimane più piene della sua vita. In così pochi giorni era cambiato tutto, aveva una specie di guardia del corpo, aveva qualcuno che la cercava senza sapere se la cercava per farle del male o no, sua madre era partita, Caleb si era trasferito da lei e poi c'era stato quell'episodio davanti al " Merchis ". Ave sentiva dentro si sè che la sua vita stava cambiando, radicalmente. Per sempre.
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Supernatural: La rivolta
FantasyTutti hanno un oscuro segreto, e molti di noi, non ne sono nemmeno a conoscenza. Molti di noi non hanno idea di cosa stia succedendo nelle nostre vite. Non sono consapevoli di chi realmente sono. È come se fossero ciechi dentro, come se non riusciss...