Capitolo 14 - parte uno

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Elena

«Oh no, ti prego» spostai Javier di lato, sorpassandolo. Non lo salutai nemmeno, lui era un altro a cui piaceva lamentarsi del sentirmi parlare.

"Andrebbe d'accordo con quel lunatico di merda".

Spalancai la porta della stanza di Gio, facendolo quasi gridare per lo spavento. Non ci pensai e chiusi la porta sbattendola, per poi lanciarmi sul letto di fianco a lui.

«Che ci fai qui?» mi chiese, ancora spaventato e con una mano sul cuore.

Lo guardai di traverso, incrociando le braccia al petto. Ero incazzata, furiosa, volevo far esplodere qualcosa. E se quel qualcosa fosse stata la testa di quel biondo che avevo anche baciato più di una volta sarebbe stato fantastico.

«Hai un succhiotto?» domandò, poi confuso.

Spalancai gli occhi come una stupida, portandomi una mano sul collo.

"Cazzo"

Feci per alzarmi dal letto e scappare via, ma Gio me lo impedii, intrappolandomi con le sue braccia. «Dove sei stata? E chi te lo ha fatto?»

Pensai, pensai, pensai e mi sentii morire. Non potevo dirgli che era stato Mattia, non dopo ieri, con la mia fortuna avrei scatenato un'altra rissa. Mi sforzai e alla fine arrivai all'unica conclusione possibile.

«Luca» ammisi, deglutendo.

Me ne pentii subito dopo, ma ormai avevo fatto il guaio e non potevo più fare niente. Il lato positivo era che fosse difficile che i due si rivedessero e ne parlassero.

O almeno così speravo.

La presa di Gio su di me diminuì lentamente. «Ele...» Dal tono di voce sembrava triste e deluso, dovevo immaginarmelo.

Ma meglio così che arrabbiato. Gli avevo parlato spesso male di Mattia, era ovvio che non mi volesse vicino a lui.

«Sì, lo so, ho sbagliato. Per questo sono qui. Sono arrabbiata con lui perché pensavo avesse sbattuto la testa e si fosse svegliato con la luna dritta e con me stessa per esserci cascata, quando invece è sempre lo stesso stronzo di sempre» borbottai nervosa, ovviamente riferendomi a Mattia.

Almeno potevo sfogarmi grazie alla mia bugia.

«Lo ami ancora?» mi chiese Gio.

«No, ma che dici» risposi subito. «Però c'è questa sorta di attrazione che mi confonde...» Sospirai, lasciandomi andare fra le braccia del mio migliore amico. Avevo bisogno di conforto, mi sentivo una stupida.

Avevo deciso di godermi quella giornata e quei momenti con Mattia senza pensarci più di tanto, semplicemente perché volevo lasciarmi andare e non me ne pentivo, no. Ci stavamo divertendo entrambi e stavamo bene, nonostante mi avesse fatta cacciare dal luogo che amo di più. Ma a cosa mi aveva portato? Lui non ci aveva nemmeno provato a non darmi contro quando io volevo soltanto capirlo e aiutarlo.

Era ovvio che gli fosse successo qualcosa.

«Ti ha fatto soffrire, Ele. Viveva praticamente un'altra vita parallela mentre era con te e non te l'ha mai detto, non ti fa arrabbiare questo?» sì che mi faceva arrabbiare, ma il soggetto del nostro discorso non era Luca.

«Ok, ma facciamo finta che tutto quello non sia successo. Facciamo finta che dovessi ricominciare tutto da capo. Lui non mi ha fatto niente di irrimediabilente terribile, ma è un lunatico di merda che non vuole parlare nonostante io voglia aiutarlo perché è abbastanza evidente che stia passando una situazione strana. Però vuole baciarmi. Spesso. E mi tocca. Sempre. E anch'io lo faccio. Ci attraiamo l'un l'altro, ma non mi sembra poterci essere altro» confessai, sperando che Gio ci capisse qualcosa mentre il mio sguardo iniziò a fissare un punto indefinito della stanza.

Small Steps, il primo caffè è sempre da buttareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora