Capitolo 27

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Mattia

«Ah e mi dispiace per tua madre, il cancro è una brutta bestia».

Sbarrai gli occhi, gelandomi sul posto. Mio padre mi guardava con un sorriso inquietante sul volto. Le labbra erano inarcate all'insù, ma i suoi occhi erano più piatti e freddi del solito.

«Brutto stronzo!» Mi avventai su di lui in un attimo, senza nemmeno pensarci più di una volta. Non voleva che stessi con Elena, voleva tenermi lontano da lei, lei aveva avuto il coraggio di affrontarlo e lui l'aveva attaccata.

La mia esatta copia. Mi vergognai per questo, non volevo essere nemmeno lontanamente paragonato a lui. Non più. Non addirittura da me stesso.

«Mattia, fermati!» Elena mi prese immediatamente per le spalle, allontanandomi da quello che dovevo considerare mio padre.

Ero sconvolto per ciò che aveva detto e doveva esserlo anche Elena. La guardai, le sue pupille si muovevano da una parte all'altra del corridoio senza meta. Potevo sentire i suoi pensieri correre veloci e confusi.

«Di che cosa sta parlando?» si rivolse a mio padre con voce bassa e calma.

«Perdonami, Elena, pensavo che lo sapessi» ovviamente non era vero. Glielo si leggeva in faccia che lo avesse detto di proposito soltanto per ferirla. Non riuscivo a capire come avesse potuto, però capii perché ero cresciuto in quel modo.

Sentii di nuovo la rabbia crescere dentro di me, Elena dovette tenermi più forte per impedirmi di rompere il naso al mio stesso padre.

Non sopportavo il modo in cui agiva. Farlo con me era un discorso, ma farlo con altri soltanto per colpire me ne era un altro. Non capivo come aveva potuto comportarsi in quel modo. Come aveva potuto dire una cosa del genere ad Elena? Con quale cazzo di coraggio? Non era la figlia di un suo caro amico? Cosa avrebbe pensato il signor Mario quando avrebbe scoperto che era stato mio padre a dire una cosa così a sua figlia? Ma più di tutto... era vero?

«La madre di Elena ha il cancro?» non potevo crederci. Non volevo crederci.

«Proprio ieri l'ho accompagnata a fare la prima chemio da un medico a cui l'ho presentata. Tuo padre non voleva fargliele fare, voleva tempo, ma per fortuna tua madre ha capito che non ne ha ancora molto a disposizione e che è quindi importante agire subito» mi strattonai dalla presa di Elena e lo colpii in pieno volto di nuovo. Me ne fregai del dolore che mi ero causato da solo alla mano. Mi allontanai da quell'uomo di merda, guardandolo un'ultima volta negli occhi soltanto per fargli capire quanto odio era arrivato a farmi provare. Presi Elena per un braccio e la portai con me di sotto.

Dovevamo andare via da quella casa o avrei fatto a pezzi mio padre, e lei doveva parlare subito con suo padre e sua madre. Non poteva essere vero.

«Mia madre non avrebbe mai iniziato le chemio senza dirmelo, vero?» eravamo nell'ufficio di mio padre, alcuni brividi attraversarono il mio corpo.

Aprii il cassetto della sua scrivania e presi le chiavi della mia auto. «Non devi dar retta a quello che dice mio padre, ora andiamo a parlare con i tuoi».

La presi di nuovo per mano e la trascinai fino a fuori la villa, per poi raggiungere la mia auto. Intimai ad Elena di entrare all'interno. Una volta al posto del guidatore fissai il cancello davanti a me per un tempo forse un po' troppo lungo. Posai indeciso la mano sul cambio, aveva iniziato a tremarmi come al solito. Non guidavo da più di un mese, mi sentivo come se avessi causato io l'incidente e non dovessi stare alla guida. Mi sentivo sbagliato ed era quello che mio padre voleva, il motivo per cui mi aveva tolto la macchina.

Presi un grosso respiro e poi buttai tutto fuori. Posai i miei occhi su Elena al mio fianco, il suo silenzio mi stava uccidendo, stavo iniziando a preoccuparmi e questa era una cosa nuova per me. Mi sentivo male sapendo che il motivo di quel suo silenzio, di quel suo malessere, fosse mio padre. Fossi io.

Small Steps, il primo caffè è sempre da buttareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora